7 condanne e 2 assoluzioni

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Sette condanne e due assoluzioni. Il boss ergastolano al 41 bis Giuseppe Falsone, secondo i giudici, aveva ripreso a comandare strumentalizzando il suo legale Angela Porcello che gli trasmetteva i messaggi all’esterno. Ventidue anni di reclusione è la condanna decisa nei suoi confronti.

Due anni in meno rispetto alla richiesta del pm della Dda di Palermo, Claudio Camilleri. Condanne pure per gli altri affiliati della stidda e per il poliziotto Filippo Pitruzzella, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

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Assoluzione invece per l’avvocato di Canicattì, Calogero Lo Giudice, finito a processo (e dimessosi dal ruolo di segretario della camera penale 4 anni fa, in seguito al suo coinvolgimento nell’inchiesta) con l’accusa di avere aiutato la collega Porcello a falsificare un timbro sulla data di un ricorso per evitare la condanna definitiva e l’arresto di un cliente.

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Accuse per cui il pm aveva chiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi. I suoi legali Antonino Gaziano e Salvatore Manganello (del collegio difensivo fa parte pure il collega Paolo Grillo) avevano replicato sottolineando che non c’era stato alcun suo intervento nella vicenda contrariamente a quanto si ipotizzava dal contenuto di alcune telefonate intercettate alla “professionista boss” condannata nell’altro troncone del processo.

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Le altre decisioni: 29 anni per il presunto boss della stidda

Ventinove anni per Antonino Chiazza, 55 anni, di Canicattì, presunto boss della stidda (30 anni era la richiesta); 18 anni per Pietro Fazio, 52 anni, di Canicattì, presunto affiliato della stidda (24 anni); 28 anni per Santo Gioacchino Rinallo, 65 anni di Canicattì, anche lui ritenuto affiliato di spicco della stidda (25 anni); 22 anni per Antonio Gallea, 67 anni di Canicattì, presunto componente della stidda (20 anni); 12 anni e un mese per Filippo Pitruzzella, 64 anni, ispettore della polizia in pensione, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per avere fatto da “talpa” ad Angela Porcello e al compagno mafioso Giancarlo Buggea (11 anni). E poi ancora: un anno e sei mesi per Stefano Saccomando, 47 anni di Palma di Montechiaro, accusato di favoreggiamento (4 anni) e, infine, assoluzione per Calogero Valenti, 59 anni, residente a Canicattì, anche lui accusato di favoreggiamento. Nei confronti dell’imputato (difeso dall’avvocato Daniela Posante) era stata chiesta pure la condanna a 4 anni. 

Saccomando, produttore agricolo (difeso dagli avvocati Antonino Gaziano e Salvatore Manganello), è stato riconosciuto colpevole di avere mentito agli inquirenti e negato minacce da parte di Buggea e altri affiliati legati al prezzo di vendita di una partita di frutta. Tuttavia i giudici hanno escluso l’aggravante dell’avere favorito la mafia e la pena è stata sospesa.

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Il poliziotto a disposizione dell’avvocato boss

“L’ispettore Filippo Pitruzzella, allora in servizio al commissariato di Canicattì, era a disposizione della coppia Porcello-Buggea alla quale trasmetteva informazioni riservate su indagini in corso”. È stato questo l’atto di accusa del pm che aveva chiesto la condanna a 11 anni del poliziotto, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. La condanna decisa dai giudici della seconda sezione penale, presieduta da Wilma Angela Mazzara, è stata persino superiore di 13 mesi.

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“La Porcello – aveva aggiunto il pm – è stata usata per ottenere un incontro con Buggea. Si è messo a disposizione di Cosa Nostra, trasmettendo informazioni riservate circa indagini in corso chiedendole pure a colleghi e carabinieri pur di riferirle all’ex avvocato”.

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Pitruzzella – che ha sempre sostenuto di avere provato a “usare” l’avvocato Porcello per catturare, su incarico dei servizi segreti, l’ex superlatitante Matteo Messina Denaro, indagato nell’indagine – avrebbe pure messo in guardia Buggea dal farsi vedere insieme a un altro collega – il poliziotto Giuseppe D’Andrea, condannato nel troncone abbreviato – perché sapeva fosse al centro di attenzioni investigative.

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