Il caldo porta virus tropicali, le alluvioni quelli che proliferano nelle reti fognarie: il report dei Medici per l’ambienteen 2025
C’è un motivo per cui il 2024 si è rivelato un anno record, per il Veneto, quanto a infezioni trasmesse da zanzare, zecche e altri vettori. Il bollettino regionale conclusivo sulle arbovirosi indica 107 casi di West Nile, 77 di Dengue, 32 di encefalite virale da zecca, 14 di infezione virale da zecca, 15 di Malattia di Lyme e 2 di febbre Oropouche, patologie queste ultime due che non si vedevano da anni. Come l’infezione da Toscana virus, che invece ha colpito 12 persone, e quelle da Usutu, due casi, e da Zika, altri due malati. Non ci siamo fatti mancare nemmeno un caso di Chikungunya, malattia virale trasmessa da zanzare infette e finora diffusa in Africa.
L’anno più caldo: effetti sulla salute
Perché? La risposta arriva dal servizio Copernicus sul cambiamento climatico, che insieme a Nasa e Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) annuncia: «Il 2024 è stato l’anno più caldo della storia». E quindi, precisa, la Società italiana di Medicina ambientale (Sima) «la temperatura media globale è cresciuta di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, con effetti gravissimi sulla salute, oltre che su coltivazioni ed ecosistema». Il presidente Alessandro Miani, veneziano, spiega: «Con il caldo aumenta il rischio di malattie infettive trasmesse attraverso acqua, cibo, insetti e parassiti. La crescita delle temperature medie crea le condizioni ideali per la trasmissione di molteplici agenti patogeni: alla maggiore umidità è legato il proliferare di zecche, zanzare e parassiti che diffondono infezioni gravi come il virus Zika, la Dengue e la malaria. Ma si intensifica pure il rischio di malattie idrotrasmesse: piogge intense e alluvioni, connesse al cambiamento climatico, fanno straripare i corsi d’acqua e mandano in tilt le reti fognarie, diffondendo tra la popolazione i virus delle epatiti A ed E, Enterovirus, Adenovirus, Norovirus, Rotavirus e contaminando la catena alimentare».
Effetti economici
La minaccia, come visto, si sta purtroppo già trasformando in realtà, perché dal 1993 al 2022 la temperatura media annua in Veneto è aumentata di 0,57 gradi per decennio, un incremento superiore alla media globale. La crescente variabilità interannuale ha scatenato appunto l’aumento di eventi estremi come alluvioni, mareggiate, ondate di calore e periodi di siccità. Un quadro che, secondo uno studio condotto dall’Arpav nel 2024, entro il 2050 potrebbe ridurre il Pil regionale fino al 5% nel turismo, in agricoltura e nel campo delle infrastrutture, settori vulnerabili. Per non parlare di montagna e mare: la superficie dei ghiacciai delle Dolomiti venete si è ridotta del 49% tra il 1910 e il 2009, mentre a Venezia il livello medio del mare è aumentato di 25 centimetri negli ultimi 100 anni, con un’accelerazione del tasso di crescita a 5-6 millimetri ogni 12 mesi nel periodo 1994-2016.
Effetti su natura e persone
«Tutto ciò ha un impatto economico, che però si riflette pure sulla salute pubblica — completa il presidente della Sima, realtà multidisciplinare che ai medici affianca ingegneri, economisti, chimici, giuristi e fisici —. Il cambiamento climatico sta influenzando i cicli produttivi di colture come la vite, con un anticipo della maturazione in media di due settimane, potenzialmente alterandone la qualità e la quantità. Le stesse difficoltà incontrano altri frutti, la verdura e i prodotti freschi, la cui riduzione di produzione ne aumenta i prezzi, rendendoli inaccessibili alle fasce meno abbienti, costrette a ricorrere agli alimenti ultraprocessati in vendita nella grande distribuzione e a lungo andare possibile causa di malattie metaboliche — continua Miani —. Inoltre con le alte temperature cresce il rischio di incendi, che liberano nell’aria grandi quantità di ozono, esasperando un livello di inquinamento già alla base di malattie respiratorie e cardiovascolari». Patologie, queste ultime, che con il gran caldo colpiscono soprattutto chi lavora all’aperto, nei campi, nei cantieri, sulle strade. «Non va sottovalutato nemmeno l’aspetto psicologico — conclude il presidente Sima —. E’ nato il termine solastalgia, per indicare proprio l’angoscia provocata dal drastico cambiamento del clima. Gli eventi climatici estremi inducono stress e ansia tra i soggetti più vulnerabili, che possono sfociare in disturbi post-traumatici e addirittura in suicidio»
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