La “via crucis” del nuovo Decreto Tariffe sanitarie

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Dopo oltre 20 anni, con il “Decreto Tariffe” sono stati rivisti e aggiornati i nomenclatori per la specialistica ambulatoriale e la protesica ma il TAR accoglie e poi revoca la sua sospensione: gli ultimi aggiornamenti

Giulia Sordi

Recentemente approvata in Conferenza Stato-Regioni, l’intesa sul nuovo decreto del Ministero della Salute, di concerto con il MEF, che modifica il Decreto Ministeriale del 23 giugno 2023, denominato “Decreto Tariffe”, provvede al necessario e atteso aggiornamento del nomenclatore, vale a dire l’elenco delle prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale (SSN) nell’ambito dell’assistenza specialistica sanitaria ambulatoriale e protesica. 

La versione del testo normativo approvato aveva accolto la richiesta delle Regioni di posticipare l’entrata in vigore del Decreto al 30 dicembre 2024 rivedendo, dopo 28 anni, il nomenclatore delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e, dopo 25 anni, quello dell’assistenza protesica fermi, rispettivamente, al 1996 e al 1999. Obiettivo? Aggiornare 1.113 tariffe associate alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35% del totale.

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Tuttavia, proprio il giorno in cui la norma sarebbe dovuta entrare in vigore, il TAR del Lazio ha accolto il ricorso di alcuni laboratori – sospendendo in via cautelativa il “Decreto Tariffe” – che riteneva insussistente il criterio di “urgenza” attuato dal decreto in considerazione del fatto che il nuovo elenco delle prestazioni fosse stato «adottato dopo oltre 20 anni dai precedenti nomenclatori». Il TAR aveva inoltre stabilito la trattazione collegiale della questione alla Camera di Consiglio per il 28 gennaio 2025. Lo stop forzato imposto dal TAR del Lazio ha rischiato però di mettere in seria difficoltà le Regioni che, avendo già adeguato i nomenclatori con i nuovi codici delle prestazioni, difficilmente sarebbero riuscite a ripristinare i sistemi con le vecchie tariffe, nonché a sospendere le prestazioni che nei vecchi nomenclatori non erano presenti. LÂ’Avvocatura dello Stato ha pertanto presentato al TAR unÂ’istanza di revoca del decreto di sospensione evidenziando come, di fronte a tali problematicità, si sarebbe corso il rischio di «un blocco del sistema di prescrizione, prenotazione ed erogazione, con conseguente disservizio allÂ’utenza e ritardi nellÂ’erogazione delle prestazioni e, in ultima analisi, con un impatto sulla salute dei pazienti».  Il TAR ha perciò preso atto della situazione e, il 31 dicembre 2024, ha deliberato di accogliere lÂ’istanza di revoca dellÂ’Avvocatura dello Stato, confermando al contempo, la fissazione alla Camera di Consiglio del 28 gennaio 2025 che valuterà se e quali modifiche apportare ai nuovi tariffari.

L’entrata in vigore del “Decreto Tariffe” e le successive vicende collegate consentono di ampliare il ragionamento sullo stato di salute  nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) analizzando le nuove prestazioni garantite, le fonti di finanziamento e – tema molto di discusso negli ultimi anni – le difficoltà sui tempi di attesa. 

Il nomenclatore tariffario: l’elenco delle prestazioni erogabili dal SSN 

L’entrata in vigore del DM 26 novembre 2024 assicura su tutto il territorio nazionale la piena erogazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) definiti nel DPCM del 12 gennaio 2017. Con quest’ultimo sono state introdotte numerose procedure diagnostiche e terapeutiche che nel 1996 e nel 1999 (anni di adozione dei precedenti nomenclatori) avevano carattere quasi “sperimentale” oppure erano eseguibili in sicurezza solo in regime di ricovero, ma che oggi sono entrate nella pratica clinica corrente e possono essere erogate in ambito ambulatoriale. Ecco le principali novità. 

Per l’assistenza specialistica sanitaria: 

– individuazione chiara di tutte le prestazioni di procreazione medicalmente assistita (PMA) che saranno erogate a carico del SSN in regime di assistenza specialistica ambulatoriale (fino a oggi erogate solo in regime di ricovero);

– revisione profonda dellÂ’elenco delle prestazioni di genetica e, per ogni singola prestazione, è inserito un puntuale riferimento a un elenco di patologie per le quali è necessaria lÂ’indagine su un determinato numero di geni;

– introduzione della consulenza genetica, che consente di spiegare al paziente lÂ’importanza e il significato del test al momento dellÂ’esecuzione, le implicazioni connesse al risultato al momento della consegna del referto e, eventualmente, di fornire allo stesso il sostegno necessario per affrontare situazioni spesso emotivamente difficili;

– inserimento di nuove prestazioni di elevatissimo contenuto tecnologico (adroterapia, enteroscopia con microcamera ingeribile, gammaknife e cyberknife, tomografia retinica (OTC);

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– introduzione di nuovi esami di laboratorio tra cui indagini per la diagnosi di malattie metaboliche rare e aggiorna gli esami per la malattia celiaca.

Per l’assistenza protesica: 

– sono inclusi tra i destinatari degli ausili protesici anche le persone affette da alcune malattie rare e gli assistiti in assistenza domiciliare integrata;

– innovazione e nuovi criteri di qualità nelle descrizioni degli ausili, al fine di superare lÂ’erogazione di ausili di scarsa qualità e con caratteristiche tecniche insufficienti;

– lÂ’individuazione degli ausili avviene con un linguaggio semplice e immediato e le procedure di fornitura vengono semplificate e snellite.

Il nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica consente, tra l’altro, di prescrivere nuove strumentazioni che negli anni di emanazione del precedente decreto (1996) erano solo parzialmente conosciute e/o testate (a titolo di esempio, strumenti e software di comunicazione alternativa e aumentativa, tastiere adattate per persone con gravissime disabilità, dispositivi per il puntamento con lo sguardo, ecc.).

 

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Quali effetti per i cittadini e sul finanziamento del SSN 

L’entrata in vigore del Decreto Tariffe è considerata da molti un giro di volta per la sanità italiana in quanto se da una parte assicura su tutto il territorio nazionale la piena erogazione dei nuovi LEA, superando le disomogeneità assistenziali regionali, dall’altra consentirà ai cittadini di usufruire di prestazioni al passo con le innovazioni medico-scientifiche per la specialistica ambulatoriale e per la protesica. Sotto il profilo economico, si stima che l’adozione del nuovo nomenclatore avrà un impatto di 147,3 milioni di euro per la finanza pubblica che si tradurrà in rimborsi più congrui riconosciuti a tutti gli operatori, pubblici e privati. Risorse da allocare negli stringenti vincoli di bilancio pubblico: il Ministero della Salute, ha infatti proposto l’inserimento, in Legge di Bilancio, di un provvedimento che punta ad aggiornare le tariffe già nel corso del 2025. Difatti, a finanziare il fabbisogno sanitario concorrono, in prima battuta, la fiscalità generale dello Stato e delle Regioni e, successivamente, le entrate generate dalle aziende del SSN mediante i ticket e i ricavi derivanti dall’attività intra moenia.

In particolare, il ticket sanitario è lo strumento, introdotto per legge nel 1982, con cui gli assistiti contribuiscono alla copertura dei costi delle prestazioni sanitarie di cui usufruiscono e per le quali pur, eventualmente rientrando nei LEA, non è per l’appunto previsto l’assorbimento totale da parte del SSN. Tra le prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza, ma che prevedono comunque il pagamento del ticket (salvo possesso di un’esenzione) rientrano visite specialistiche ed esami di diagnostica strumentale di laboratorio o, ancora, i cosiddetti “codici bianchi”, vale a dire le prestazioni eseguite in pronto soccorso ma che non hanno carattere di urgenza e cui non segue ricovero e i medicinali con ricetta.

A titolo di esempio, nelle prestazioni di specialistica ambulatoriale, il ticket a carico dell’assistito (salvo esenti) è pari alla tariffa delle prestazioni fino a un tetto massimo di 36,15 euro per ricetta. Se la parte indicata dal nomenclatore è inferiore ai 36,15 euro, l’importo è totalmente a carico del cittadino non esente; viceversa, la parte eccedente è a carico del SSN. 

 

Nuove prestazioni ma con quali tempi di attesa? Il ruolo della sanità integrativa 

In misura maggiore dopo lo stop forzato dettato dall’esperienza del COVID-19, il nostro Paese sta manifestando numerose difficoltà nel garantire tempi certi per l’erogazione delle prestazioni e nella riduzione delle liste di attese: nel 2023, il 7,6% degli italiani ha dovuto rinunciare alle cure mediche a causa di problemi economici, liste d’attesa o difficoltà di accesso (+7% rispetto all’anno precedente) per un totale di circa 4,5 milioni di cittadini. L’aumento – in base a quanto sostenuto dall’Istat – è dovuto principalmente alle liste d’attesa troppo lunghe: nel 2019, prima della pandemia, poco più di 1,5 milioni di italiani hanno rinunciato alle cure per questo motivo, mentre nel 2023 questo numero è quasi raddoppiato, arrivando a 2,7 milioni di italiani.

Cittadini che, in taluni casi, rinunciano ai servizi erogati direttamente dal SSN per rivolgersi all’offerta messa in campo dalle strutture private: è valutata intorno ai 48 miliardi di euro la spesa privata per la salute in Italia (dato 2022) con il grosso della spesa rappresentato da spese out of pocket, cioè direttamente a carico dei cittadini. Il rimanente 12% è rappresentato dalla spesa intermediata dalle forme socio-sanitarie (fondi sanitari, Casse, società di mutuo soccorso) che, pur registrando una forte crescita nel numero degli iscritti e delle prestazioni erogate, necessitano di un’ulteriore spinta divulgatrice per poter concretamente fare la differenza. 

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Il settore della sanità integrativa, che tanto potrebbe contribuire ad alleggerire la pressione sul SSN, è ancora difatti ancora distante da una legge quadro di riferimento – magari calibrata sul modello della previdenza complementare – che potrebbe concretamente dare slancio allÂ’adesione ai fondi sanitari, anche a favore dei soggetti non contrattualmente coperti e dei lavoratori autonomi. Si stima che aggiungendo agli attuali 16,5 milioni di italiani già iscritti a forme di sanità integrativa ulteriori 15 milioni di assicurati, di cui una parte lavoratori (8 milioni) e una parte soggetti a carico a loro collegati, gli effetti sul sistema sanitario nel suo complesso potrebbero essere molteplici, con la possibilità di unÂ’importante riorganizzazione, tra cui la riduzione delle liste di attesa e quindi ampi benefici anche per i non iscritti ai fondi. È necessario poi ricordare come, per tutti i Paesi avanzati, Italia in primis, il periodo di invecchiamento della popolazione toccherà il suo culmine attorno al 2045/50 per poi vedere una graduale riduzione dellÂ’età media. È facilmente intuibile come le spese per la sanità – e i relativi tempi dÂ’attesa – cresceranno inevitabilmente: già oggi, in Italia, lÂ’aspettativa di vita dopo i 65 anni è pari a 21,9 anni per le donne e 19 anni per gli uomini ma, se si considera lÂ’aspettativa di vita in buona salute, il valore si riduce drasticamente a 9,9 anni per le donne e 10,4 per gli uomini.

Di fronte a tali prospettive, sarà dunque necessario mettere in campo tutte le risorse, pubbliche e private, per arrivare pronti ad affrontare questa nuova sfidante fase di transizione demografica e sociale. 

Giulia Sordi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

13/1/2025

 



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