Il 25 ottobre 2024 Orjwan Manaa, 24 anni, è arrivata al lavoro puntuale, alle 15. Ha attivato la cassa del supermercato di Majd al-Krum dove era impiegata, quella accanto alla parete a vetro. Ha servito un cliente, Hassan Suad, 21 anni. Pochi minuti dopo un razzo partito dal Libano ha colpito di striscio la casa vicino al supermercato, ha fatto saltare i vetri del negozio e l’ha ammazzata. Con lei è morto anche Hassan.
«ORJWAN ERA sempre in ritardo. Quel giorno no». Mohammed è il giovane proprietario, a metà dicembre sta terminando i preparativi per la riapertura del supermercato, prevista per il giorno dopo. Le cassette della frutta e della verdura sono stracolme, sugli scaffali sono stati riposti con cura i prodotti. Le pareti sono state riverniciate, il sangue a terra ripulito, i vetri sostituiti. Mohammed ci mostra le foto di quel giorno: è come se un ordigno fosse esploso in mezzo al negozio.
«Due milioni di shekel di danni, senza contare un mese e mezzo senza lavorare. Lo stato me ne ha offerti 200mila. Non ci copro nemmeno il costo dei prodotti. Qualcosa si era salvato, ho regalato tutto». La sirena quel giorno non ha suonato, dice Mohammed, accade di continuo. L’allerta è apparsa solo sulla app anti-missile: chi ce l’aveva aperta, poteva sapere che c’era un razzo in arrivo. Chi ce l’aveva chiusa, no. Dice anche di aver chiesto per mesi allo stato un rifugio mobile da posizionare nel parcheggio. Lo hanno portato il giorno dopo la morte di Orjwan e Hassan.
Majd al-Krum è una delle comunità palestinesi in Galilea, a quaranta chilometri dal confine con il Libano. Conta 17mila abitanti e una storia che precede lo stato di Israele. Durante la Nakba, dopo una tenace resistenza locale e una decina di combattenti giustiziati in piazza dalle milizie sioniste, la maggior parte della popolazione di allora fu espulsa verso il Libano e la Siria. Rimasero un migliaio di persone. Il villaggio, a differenza di altre 530 comunità, non fu distrutto. Pian piano si è ripopolato.
Diciassettemila abitanti e un solo rifugio pubblico. La carenza di strutture a difesa delle zone a maggioranza palestinese dentro Israele è emersa in tutta la sua ferocia nei mesi della guerra al Libano: oltre a otto palestinesi beduini nel sud, al confine con Gaza, 23 delle 39 vittime totali nel nord erano palestinesi. Il 60%, sebbene rappresentino solo il 20% della popolazione totale. La ragione è strutturale: lo stato non investe nelle comunità palestinesi.
COME ESEMPIO Adalah, il Legal Center for Arab Minority Rights in Israel, cita i numeri delle località a nord della Route 85, tutte palestinesi: Nahf, 14mila abitanti, zero rifugi; Deir al-Asad, 13mila abitanti, un rifugio; Bi’neh, 8.600 abitanti, zero rifugi; Majd al-Krum, 17mila abitanti, un rifugio. Fa quasi 53mila abitanti per due rifugi. Poi ci sono le località a sud della Route 85, ebraiche: Karmiel, 55mila abitanti, 126 rifugi; Makmanim, 635 abitanti, due rifugi. Totale: 56mila abitanti e 128 rifugi.
«Questi sono i numeri dei rifugi pubblici, strutture permanenti e non mobili – ci spiega Amir Bisharat, direttore del National Committee for Arab local authorities – Esistono tre tipi di rifugi: le safe room dentro le abitazioni, i rifugi pubblici e quelli mobili. Dal 2012 è obbligatorio costruire safe room nelle nuove abitazioni. Nelle comunità palestinesi non sono frequenti perché non sono frequenti le case nuove: non c’è terra a disposizione e i permessi di costruire non vengono rilasciati. I rifugi pubblici, grandi strutture generalmente sotterranee, per 30-50 persone, sono numerosi solo nelle comunità ebraiche».
Avevamo alcuni rifugi mobili qui a Majd al-Krum. L’esercito ce li ha confiscati e li ha portati alle comunità ebraiche al confine Salah Hammud
Secondo le istruzioni dell’Home Command, è possibile restarci per molte ore, se non per giorni. Li costruisce il governo, poi diventano proprietà del municipio. Rifugi di questo tipo devono essere presenti anche nei luoghi pubblici, scuole, centri sportivi, ospedali: «Nelle 66 comunità palestinesi in tutto lo stato di Israele – continua Bisharat – ne abbiamo solo uno, all’ospedale di Nazareth. In questi mesi lo stato ha fornito soluzioni temporanee, come pensiline e condutture in cemento per le costruzioni: strutture aperte, comunque pericolose, in cui si può rifugiare una manciata di persone. Nel sud, nel Naqab, hanno fornito cilindri di plastica pieni di sabbia». Un video mostra delle ruspe che riempiono di terriccio dei cilindri verdi posizionati in verticale, sottofondo di musica ad alta tensione. Non ci si va sotto, ci si mette accanto. E si spera che il razzo giunga dalla parte opposta.
«L’Home Command ha consegnato 1.110 shelter mobili durante la guerra con il Libano – continua Bisharat – Di questi solo 270 diretti alle comunità palestinesi. Noi come Comitato, insieme a ong e società civile, ne abbiamo acquistati 300». «Prima della fine di settembre, quando la guerra con il Libano si è intensificata, avevamo alcuni rifugi mobili qui a Majd al-Krum. L’esercito ce li ha confiscati e li ha portati alle comunità ebraiche al confine. Ne avevamo 67, oggi sono 12», ci spiega Salah Hammud. Avvocato, è il vice presidente del consiglio comunale della città, in quota Partito comunista.
LA SITUAZIONE, dice, va ben oltre la carenza di rifugi: «Ci sentiamo abbandonati da sempre. Su centinaia di case pesa l’ordine di demolizione: non vengono rilasciati permessi di costruire. Non possiamo ampliare i confini municipali. Interi quartieri non sono collegati alla rete elettrica. I giovani se ne vanno: hanno alti livelli di istruzione, ma non trovano lavoro». In autunno il consiglio comunale ha sospeso le attività didattiche in presenza per due mesi, le scuole mancano di rifugi: «Sentiamo di non avere difese, di non essere considerati. Oggi, con un governo come questo, fascista, è impossibile essere palestinesi».
Secondo Adalah, solo l’11% delle scuole nelle comunità palestinesi è adeguatamente preparato alle emergenze. Il restante 89% ha una copertura parziale o assente. «Quando una comunità è esclusa dal sistema, anche per la mancanza strutturale di piani urbanistici, c’è un effetto domino che va a colpire tutti i settori della vita – ci spiega Ari Remez, coordinatore delle comunicazioni di Adalah – I due elementi, la discriminazione dei palestinesi e la giudaizzazione della terra, si legano insieme e diventano visibili in casi come quello dei missili dal Libano. Israele stabilisce standard di vita più bassi per i palestinesi, umiliandoli, costringendoli a supplicare per avere servizi o ad accettare di vivere a un livello inferiore».
«La guerra ha rivelato quello che noi sappiamo da 76 anni: la comunità palestinese soffre una reale discriminazione – dice al manifesto Aida Touma-Sliman, deputata palestinese del Partito comunista – Non è solo dettata dalla legge, ma anche dalla pratica, dal modo in cui lo stato offre servizi ai cittadini. I missili di Hezbollah hanno per lo più colpito, ferito e ucciso palestinesi perché non esistono posti sicuri. Accade anche perché il sistema Iron Dome copre solo le comunità ebraiche e perché i missili mirano sulle basi militari, tutte costruite vicine a quelle palestinesi».
I due elementi, la discriminazione dei palestinesi e la giudaizzazione della terra, si legano insieme: Israele stabilisce standard di vita più bassi per i palestinesiAri Remez
TOUMA-SLIMAN ha avviato innumerevoli dibattiti nelle commissioni parlamentari responsabili dell’urbanistica e della sicurezza. Non le hanno mai fornito dati né informazioni sul budget previsto per i rifugi per il 2025: «Alle mie richieste rispondono che prevedranno budget identici per comunità palestinesi ed ebraiche. Sembra parità, ma non lo è: la situazione di partenza non è la stessa».
«Quando fu approvata la legge dello Stato-nazione del 2018 – conclude Touma-Sliman – alzai un cartello alla Knesset con su scritto “apartheid”: era la definitiva istituzionalizzazione della supremazia. L’ideologia di ultradestra, divenuta maggioranza, farà di tutto per controllare chi non è parte di quella maggioranza. A partire dalla terra: la Grande Israele significa la Palestina storica, che diviene la patria esclusiva degli ebrei, negando la relazione storica tra i palestinesi e la loro terra. Con la legge dello Stato-nazione si è stabilito che il diritto ad autodeterminarsi vale solo per i cittadini ebrei».
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