ROMA «Ho conosciuto Francesco Palamara al battesimo di mio nipote Vincenzo, cerimonia che si è tenuta a Roma, sull’Appia antica». «So che Palamara è calabrese, non so il luogo preciso, ma dovrebbe essere originario della Piana, abbiamo avuto solo rapporti lavorativi alla fine». Lo conosco perché «mi aveva chiesto se avessi avuto bisogno di qualcosa perché lui trattava caffè e ancora prima di avere un locale a Roma, mi aveva fatto una fornitura per un lido che avevo a Riace». E l’occasione sarebbe stata proprio il battesimo. «So che lui era presente perché il padrino del battesimo era il fratello, ora defunto, Carmine Palamara». A parlare è Bruno Schirripa, teste nel processo nato dall’inchiesta “Propaggine” di scena a Roma.
Alle domande formulate dal pm della Dda delle Capitale, Giovanni Musarò, il teste ha spiegato di non aver avuto altri «rapporti con Palamara all’infuori di quell’occasione». E risponde «no» quando lo stesso pm gli chiede se sapesse che il padrino di battesimo di suo nipote, Carmine Palamara, nel ‘99 fosse stato destinatario di un’ordinanza per associazione mafiosa e latitante per più di due anni. «Io non ho avuto, poi all’infuori di quell’occasione, non ho avuto altri». Che il padrino di battesimo di suo nipote, Carmine Palamara, nel ‘99 fosse stato destinatario di un’ordinanza per associazione mafiosa e latitante per più di due anni, lei lo sapeva? «No». È il preludio al botta e risposta tra il pm e il teste. «Come ha conosciuto Teodoro Gabriele Barresi?» «In occasione della vendita del bar». E il pm chiede gli chiede ancora: «Ma lei, prima di vendere il bar, avrà acquisito informazioni per capire se fosse un soggetto solvibile, se era un truffatore?». «Io – ha risposto Schirripa – ho venduto il bar nelle stesse condizioni di come l’avevo acquistato nel senso che, se in caso non mi avessero pagato, sarebbe tornato in mio possesso». «So che Barresi era originario della Piana» spiega ancora ma, come nel caso di Palamara, il teste non ha saputo dare altre informazioni al pm. «Io non mi ricordo altro».
Il pm Musarò ha provato ancora ad incalzare il teste. «Se le dicessi che Teodoro Gabriele Barresi era il genero del padrino di battesimo di sua nipote, cioè di Carmine Palamara, questo le stimola il ricordo?» «Come le ripeto» ha spiegato ancora il teste «io non ho mai avuto rapporti all’infuori di quella occasione». E Musarò sottolinea: «Su 250mila calabresi che ci sono a Roma, prende proprio lui?». «No, io le sto dicendo che non so nemmeno se fossero sposati quando ha acquistato il bar (…) all’infuori dei rapporti lavorativi non sono stato mai presente a nient’altro, non ho avuto mai rapporti, non sono andato neanche al funerale». E alla domanda del pm se sapesse o no che Teodoro Barresi fosse il genero di Carmine Palamara, il teste ha risposto: «Dopo sì, l’ho saputo». E, spiega ancora «non sapevo neanche che fosse stato indagato per intestazione fittizia di un’attività commerciale di cui era titolare Vincenzo Alvaro». «Se l’ho conosciuto è sempre in quell’occasione, se era presente lì al battesimo, altrimenti non credo di averlo conosciuto, non mi ricordo con precisione ma mi sembra di averlo conosciuto lì al battesimo».
Il pm, nel corso dell’interrogatorio un aula, si concentra poi sulla figura di Vincenzo Alvaro, conosciuto dal testa proprio in occasione del battesimo, ricordando che, nel 2011, era stato arrestato per tutta una serie di intestazioni fittizie aggravata dall’agevolazione mafiosa, in un’operazione in cui era stato coinvolto anche Teodoro Gabriele Barresi. E il teste, come già accaduto in precedenza, risponde: «No, non sapevo nulla, anche perché io sono salito a Roma nel 2012-2013». E il pm, a questo punto, lo incalza di nuovo: «In quel periodo anche io vivevo in Calabria, la notizia stava su tutti i giornali e lei non l’ha letta?». «Ce ne stanno sempre tante di notizie», replica il teste in aula.
I dubbi del teste si materializzano anche quando il pm gli chiede se conoscesse o meno la famiglia Palamara e gli Alvaro di Sinopoli. «Li ho potuti sentire nominare, però come le ho detto non ho rapporti» ma «sono delle famiglie che… li ho sentiti nominare quando è uscita qualche notizia, ma non è che mi metto lì a guardare» risponde il teste. «L’esistenza di una famiglia Alvaro a Sinopoli le era nota o no? L’ha mai sentita nominare o no?» lo incalza ancora il pm di Roma. «Ho sentito nominarla, sì». E nel momento in cui lei va al battesimo di suo nipote e trova Vincenzo Alvaro, ha poi avuto modo di chiedere al suo cognato come mai avesse scelto proprio lui?» «No, era proprio il primo anno che eravamo fidanzati e oltretutto non avevo questo grande rapporto con mio cognato», replica il teste. E, infine, chiede il pm: «Sa come suo cognato conoscesse Carmine Palamara al punto che era stato scelto come padrino?». «No, non lo so, anche perché io sono molto riservato, preferisco stare nel mio ambito familiare». (g.curcio@corrierecal.t)
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