L’American way of life va a fuoco

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Ai “Rambini” di casa nostra non passa neanche per la testa di riflettere sul significato sistemico dell’incendio che a distrutto la parte più ricca di Los Angeles, ma non solo quella.

Eppure è tutto sotto i nostri occhi. Anzi, a voler essere precisi, più sotto i loro che i nostri, visto che non frequentiamo certi posti…

Tra Malibù e Santa Monica, da Altadena a Calabasas e la San Fernando Valley sono partiti cinque incendi che si sono velocemente propagati a Palisades – dove sono andati in fumo 8 mila ettari del quartiere esclusivo delle celebrità hollywoodiane – e poi Eaton, Hurst, Sylmar, Kenneth, Hidden Hill, buona parte del Sunset Boulevard (quando si dice nomen omen…).

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Persino il balbettante e po’ miope Joe Biden ha colto la somiglianza estrema tra il panorama attuale e ben altri disastri: «Uno scenario di guerra, dopo intensi bombardamenti». Altri più svegli, sui social, avevano già fissato l’analogia –Los Angeles come Gaza” – peraltro con la facilitazione che nessuno continua a spararti addosso mentre cerchi di salvare i superstiti…

Prima cosa da considerare: le cause.

Le autorità locali hanno verificato che “le scintille” iniziali sono partite dai cavi della rete elettrica cittadina, notoriamente appesi a sostegni improbabili, allo scoperto, esposti alle intemperie e agli incidenti più banali. Come i rami o gli alberi che cadono per l’azione del vento.

Più o meno come a Mumbay, Calcutta o Mexico City. Ma qui c’era “il quartiere con la più alta concentrazione di ricchi e famosi del pianeta, Sunset Boulevard”.

Facciamo quindi nostra, per una volta, una domanda di Massimo Gramellini, banalmente rivolta a Elon Musk: “non trova assurdo che nello Stato più benestante d’America nessuna autorità si sia mai presa la briga di investire qualche milione di dollari per interrare la foresta di cavi elettrici che penzolano da ogni palo e angolo di strada?

E’ ovviamente assurdo. La spesa pubblica necessaria rappresenta probabilmente un centesimo delle tasse pagate annualmente dalle migliaia di milionari che vivono da quelle parti.

Ma l’America funziona così – ci spiegano ogni giorno i “Rambini” e i “Furbini”-: i ricchi devono pagare meno tasse possibili, vanno a vivere in posti assolutamente esclusivi per via dei costi proibitivi, costruiscono “rifugi” di lusso sfacciato, a volte con il buongusto di un casamonica qualsiasi.

Skid Row

E le infrastrutture pubbliche, a carico della collettività (delle tasse, insomma), vengono perciò gestite al massimo risparmio. Sul Sunset Boulevard come a Skid Row, il quartiere di L.A. (un po’) meno famoso per le migliaia di persone che dormono in strada sullo sfondo dei grattacieli della città opulenta.

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Il “modello americano”, il neoliberismo trionfante dai tempi di Ronald Reagan (ex attore “di serie B” che della California era stato governatore, prima di ascendere alla Casa Bianca), è quella roba lì. Inutile lamentarsene, resta lo stesso da imitare.

Seconda causa. La scarsità dell’acqua a disposizione per gli idranti dei vigili del fuoco, in una zona da sempre segnata dalla siccità, anche in pieno inverno. E vien da pensare che l’alta concentrazione di piscine private e fontane da giardino qualcosina c’entrino.

Ma il business dell’acqua, in quella zona, ha una storia secolare, tanto che sullo sfondo di “Chinatown”il capolavoro di Roman Polanski – si muovono le guerre per l’acqua che segnarono gli anni Trenta, i bisogni idrici gonfiati dall’immigrazione (quella “regolare”, endo-statunitense…) e dall’agrobusiness (il ‘Chiantishire’ allora nascente ma ora florido, gli aranceti, ecc).

Ma, ci dicono ancora, il “modello americano” è quella roba lì. Inutile lamentarsene, resta lo stesso da imitare.

Terza causa palese. Il cambiamento climatico, paradossalmente riconosciuto dalle autorità e dalla popolazione californiana, molto meno dalla “nuova” presidenza “Maga”.

Maggiore siccità, temperature più alte, venti più forti, tempeste di polvere che abbattono alberi in città, incendi nelle foreste che lambiscono l’abitato. Insomma, roghi più frequenti, più vasti, a decine, da anni.

Ma il “modello americano” è quella roba lì, ecc…

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E qui arriva il nodo scorsoio finale. Tutti questi disastri provocano danni sempre maggiori, per ogni tipo di cittadini residenti da quelle parti. Chi li paga?

La risposta del “modello americano” è semplice: fatevi un’assicurazione, gli altri si arrangino. Come per l’auto e la sanità, no?

Problema: le prime ad accorgersi che il rischio incendi, in quella zona, sta aumentando di anno in anno sono state proprio le assicurazioni. Molto prima dei normali cittadini, ancorché famosi, ricchi, informati e ambientalisti.

Di conseguenza, le compagnie hanno smesso di emettere polizze, a qualsiasi prezzo, per le case di quel “triangolo d’oro”. E’ come se dicessero: “la tua casa andrà a fuoco di sicuro, prima o poi, non pretenderai mica che te la ripaghiamo noi?”.

E in effetti vanno a fuoco spesso. Il bravissimo e povero (si fa per dire..) Anthony Hopkins si trova per strada già per la seconda volta.

Per la precisione: tra il 2020 e il 2022 le compagnie assicurative si sono rifiutate di rinnovare 2,8 milioni di polizze sulle case in California. Tra queste, intorno alle 531mila polizze riguardano la contea di Los Angeles, dove è scoppiato il grosso incendio di questi giorni. Alcune di queste polizze non sono state rinnovate dai proprietari, ma per la maggior parte la scelta è stata unilaterale delle compagnie assicurative, spaventate proprio dai rischi di incendi e per le conseguenze della crisi generale”.

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In definitiva il “modello assicurativo” funziona finché gli incendi sono rari, così che le compagnie incassino molto più di quanto devono pagare in caso di disastro. Per l’auto o la salute funziona allo stesso modo, anche qui da noi. O paghi un’enormità se sei un guidatore “disattento”, oppure non vieni proprio assicurato (se sei di salute cagionevole o hai malattie croniche).

Ma il “modello americano” (e occidentale, ormai) è quella roba lì, ecc…

Nel caso di Hollywood, crediamo, sarà poco probabile che un “ispettore Callaghan” o un Rambo, ovviamente ringiovaniti, comincino ad andare in giro cercando amministratori delegati delle società di assicurazione, sulle orme insomma di Luigi Mangione (il giovane che ha sparato al ceo di UnitedHealthcare a Manhattan, un paio di mesi fa, diventando l’idolo di tutti i malati d’America).

I milionari, e a maggior ragione i miliardari, possono tranquillamente permettersi di costruirsi un’altra casa, bestemmiando parecchio e cambiando magari regione.

Ma negli incendi di questi giorni ha perso tutto anche gente normalissima, con un salario decente o anche “buono”. E non ha perso solo la casa con tutto quel che c’era dentro, ma spesso anche il lavoro (sono andati a fuoco pure uffici, ristoranti, laboratori, negozi in genere, attività di ogni tipo) e dunque anche i requisiti per accendere un altro mutuo.

Passare da una confortevole casetta con vista sull’oceano al dormire in tenda sul marciapiede di Skid Row… c’è qualche differenza. Tra questi, magari, qualche “giustiziere” potrebbe anche nascere.

Il modello americano – tutto al privato e sempre meno al pubblico, tutto al profitto e sempre meno spesa sociale, tutto lusso per pochi e infrastrutture da terzo mondo per tutti non è soltanto ingiusto, infame, razzista, suprematista, genocida fin dalle origini e nel dna.

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Semplicemente funziona finché non ci sono problemi seri, poi non più. E ora dimostra che sta andando a fuoco.

E non è una metafora.

– © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO


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