L’eurodeputato Pd Ricci: “No ai limiti nelle Regioni. De Luca? Non dividiamoci”

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Roma, 12 gennaio 2025 – Onorevole Matteo Ricci, europarlamentare Pd, da (ex) sindaco di Pesaro che, come altri amministratori dem, si era espresso a favore del terzo mandato, che pensa della decisione del governo di impugnare la norma approvata in Campania? “Sono sempre stato favorevole al terzo mandato per i sindaci e per i presidenti di Regione: non vedo una vera differenza con i parlamentari o gli esponenti di governo che invece non hanno limiti. L’anno scorso, però, abbiamo fatto una lunga discussione nella Direzione del Pd e la maggioranza si è espressa contro. Quindi va preso pragmaticamente atto del fatto che, oltre al governo, anche il Pd è contrario”.

Matteo Ricci, 50 anni, milita nel Pd e siede al Parlamento europeo

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Al riguardo, come crede possa essere risolto il contenzioso tra il Pd e il governatore Vincenzo De Luca? “Deve essere risolto assolutamente. Dobbiamo essere fieri dell’esperienza di buon governo della giunta De Luca in questi anni e trovare l’unità con tutto il centrosinistra su una candidatura condivisa. Ritengo rischiosissimo presentarci divisi: faremmo un regalo enorme alla destra”. Il governo ha deciso anche la neutralità sul referendum contro l’Autonomia differenziata, di cui il 20 gennaio non sosterrà l’inammissibilità davanti alla Consulta. Secondo lei perché? “Forse non vogliono forzare ulteriormente. L’Autonomia differenziata è stata in sé una forzatura istituzionale, tant’è che la Consulta ne ha demoliti molti punti. Credo che la premier Giorgia Meloni si auguri invero che non ci sia il referendum: ci sono grande imbarazzo e contrarietà in molti esponenti del suo partito e di Forza Italia; e la maggioranza del popolo italiano potrebbe davvero andare alle urne per bocciare un testo che tende comunque a dividere l’Italia”. Nel caso, il contributo degli elettori del Mezzogiorno sarà essenziale per raggiungere il quorum. Le tensioni con De Luca, tra i principali fautori del referendum, potrebbero risultare nefaste? “In caso di referendum si formerà un larghissimo fronte contrario all’Autonomia differenziata. Dai sindacati a gran parte degli industriali, ai vescovi, l’Anpi, l’Arci e Comunione e liberazione. E anche un pezzo di destra al sud si schiererà contro. Per questo Meloni tifa contro una consultazione che potrebbe rivelarsi una Caporetto per la maggioranza di governo”. Ci crede soprattutto Matteo Renzi, che di sconfitte referendarie se ne intende. Regionali e referendum potrebbero fare del 2025 il punto di svolta della legislatura? Campania e Toscana, dove la destra potrebbe schierare le figure più forti, sono le osservate speciali? “Il fronte referendario che ho appena illustrato può effettivamente rappresentare e aggregare un largo perimetro sociale e politico alternativo alle destre, a cominciare dal tema dirimente della sanità. Sulla Campania, come ho detto, se troviamo l’unità non c’è partita. E credo che lo stesso valga per la Toscana, dove Eugenio Giani è un presidente molto radicato e apprezzato, in grado di rappresentare un rinnovato centrosinistra che non avrà problemi a essere confermato”. Secondo lei l’impugnazione del terzo mandato è motivata più dal desiderio di competere in Campania oppure dalle tensioni interne alla maggioranza sulla ricandidatura di Luca Zaia e le aspirazioni del partito della premier in Veneto? “Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno divisioni profonde in Veneto. E la stessa Lega, togliendo il nome di Salvini dal simbolo, rivendica una voglia di ritorno all’autonomia del Nord. La discussione istituzionale è ancora una volta inquinata da una battaglia tra i partiti. Vogliono sterilizzare Zaia e non sanno come fare”. Nelle Marche, invece, lei è pronto a sfidare Francesco Acquaroli? “Ora va costruita un’alternativa programmatica e culturale. Ma è ancora presto per le candidature. Vedremo. Nei prossimi mesi lavoreremo su questo insieme al centrosinistra e al civismo. È risaputo, però, che nelle Marche c’è un grande malcontento nei riguardi del governo regionale, in particolare sulla sanità, sullo sviluppo e il lavoro. C’è una grande richiesta di cambiamento. È importante che venga ufficializzata la data delle elezioni: si deve votare a ottobre. Non vorrei che, per paura di perdere le Marche, provassero a spostare le elezioni al 2026. Sarebbe gravissimo”.



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