Pistola in bocca, meccanico malmenato e rapinato. Terrore a Torre di Mosto

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Picchiato al volto e minacciato con una pistola puntata alla bocca, per rubargli poche centinaia di euro. È la tremenda esperienza vissuta da Manuel Masarin, 47 anni, titolare di un’officina a Torre di Mosto.

La rapina è avvenuta nella località di Staffolo, dove l’uomo abita in una villetta immersa nella campagna insieme agli anziani genitori.

Erano circa le 23.30 di venerdì, quando Masarin è rincasato con il suo furgone. Stava varcando il cancello dell’abitazione, quando è entrata in azione la banda, composta da tre individui con il volto coperto e armati di pistola.

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Sembra che i malviventi fossero già dentro la proprietà. Forse volevano commettere un furto in casa e sono stati sorpresi dall’arrivo del 47enne. Oppure stavano aspettando proprio l’artigiano per derubarlo. Spetterà agli inquirenti accertare questo fatto.

Di certo c’è che i rapinatori hanno iniziato a battere contro il furgone, hanno costretto Masarin a uscire dall’abitacolo e hanno cominciato a picchiarlo selvaggiamente, intimandogli di consegnare i soldi che aveva con sé. Per essere ancora più convincenti gli hanno puntato al volto la pistola.

Al 47enne non è rimasto che consegnare ai rapinatori il denaro contante, a quanto pare circa 600 euro.

Arraffata la somma, i rapinatori sono fuggiti desistendo dall’intento di entrare in casa, dove dormivano gli anziani genitori, nel frattempo svegliati dal trambusto. Sono quindi stati allertati i carabinieri e i sanitari del Suem 118.

A Staffolo è giunta l’ambulanza che ha accompagnato Masarin in ospedale, dov’è stato sottoposto a tutti gli accertamenti.

L’intervista alla vittima: «Per fortuna sono vivo, temevo per i miei genitori»

«Per fortuna sono vivo». Lo dice sorridendo, Manuel Masarin. La brutta avventura vissuta venerdì sera, con l’aggressione subita al rientro a casa, non ha turbato il suo animo tranquillo. Una caratteristica che tutti gli riconoscono in paese, oltre a quella di essere un grande lavoratore. L’autofficina Masarin, che sorge in via Confin, è una delle più conosciute di Torre di Mosto. Tanti clienti ieri si sono informati delle condizioni di salute del titolare. La notizia della rapina avvenuta a Staffolo ha fatto il giro del paese. È rimbalzata sui telefoni degli iscritti al controllo di vicinato.

Negli ultimi mesi nel territorio torresano sono avvenuti diversi furti e il clima di attenzione, tra i cittadini, è massimo. Quanto accaduto venerdì sera, ha riacceso timori e preoccupazioni. Anche se il controllo del territorio assicurato dai carabinieri, in sinergia con le altre forze dell’ordine, è capillare. Ed è stato intensificato nel periodo natalizio, in ossequio a quanto disposto nel vertice coi sindaci in prefettura. La stessa Amministrazione comunale ha chiesto alla polizia locale di prolungare il turno pomeridiano.

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Cos’è accaduto di preciso venerdì sera?

«Stavo tornando a casa e, quando ho aperto il cancello, tre soggetti, con il volto coperto, hanno iniziato a battermi sul furgone, hanno aperto, mi hanno tirato fuori e hanno cominciato a menarmi, dicendo che dovevo dargli i soldi. Penso fossero italiani, uno di sicuro parlava con l’accento del sud, gli altri non saprei. Erano di statura media. Mi hanno messo la pistola in bocca».

Di fronte a un’aggressione così brutale, lei cosa ha fatto?

«Ho consegnato quello che potevo dargli, quello che avevo in tasca. Volevano entrare in casa, ma dopo la cosa è andata un po’ per le lunghe e probabilmente hanno desistito. Sono andati via, ma non saprei dire in che direzione. Io avevo paura per i miei genitori che erano a letto tranquilli».

Non ha provato a gridare per chiedere aiuto?

«Mi sono spaventato, ovviamente. Sì, mi sono messo a gridare, ma qui siamo in un posto isolato. Puoi gridare finché vuoi, ma è difficile che qualcuno ti possa sentire. Attorno a casa mia c’è buio. Abbiamo due cani da guardia, ma di sera li teniamo chiusi nel recinto. Se fossero stati liberi, il timore è che i malviventi avrebbero potuto ucciderli».

«Dopo l’aggressione, abbiamo chiamato i soccorsi. È venuta l’ambulanza e sono andato in ospedale. I medici mi hanno fatto la tac e mi ha visto anche un oculista. Per fortuna ho rimediato solo delle botte e basta. Sono gonfio, ho diverse tumefazioni. Una ventina di giorni di prognosi».

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Dopo quest’esperienza, sembra non aver perso la sua tranquillità. Ha già superato lo choc?

«Cos’è lo choc? Cosa vuole che le dica. No, non ho subito alcuno choc per l’aggressione. Dopo fatti simili, l’unico pensiero che una persona può avere è che, tornando a casa, mi dovrò guardare attorno ovunque, perché potrebbe risuccedere la stessa cosa».

Farà qualcosa per proteggere di più la sua casa?

«Adesso vedremo cosa si potrà fare per proteggerci di più. È la prima volta che qui succede una cosa del genere. E speriamo sia anche l’ultima. Anche in officina non sono mai venuti i ladri».

C’è un senso di frustrazione, quando accadono episodi simili in casa propria?

«L’unica mia frustrazione è che, in queste condizioni, non potrò andare a lavoro. Ma credo che nei prossimi giorni ci andrò lo stesso. Oggi (ieri, ndr) non sono potuto andare in officina, perché sono tornato tardi dall’ospedale. Per fortuna ho chi mi aiuta e l’officina è rimasta aperta».

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