stop al sacrificio dei nostri ragazzi

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 




Le mamme del gruppo “I genitori dei soldati hanno gridato abbastanza” a Tel Aviv

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

«Ti riteniamo colpevole di sacrificare le vite degli ostaggi e dei soldati» in una guerra «senza fine», il cui unico obiettivo «è garantire la tua sopravvivenza politica». È un durissimo je accuse la lettera inviata al premier Benjamin Netanyahu da 837 genitori di soldati israeliani in servizio. «I nostri figli e le nostre figlie hanno perso molti amici in una guerra che continua, giorno dopo giorno, a strappare vite e a ferirle, nel corpo e nello spirito. Combattono per raggiungere un obiettivo condiviso dalla nazione: il ritorno degli ostaggi.

Dopo quattordici mesi, è chiaro che i rapiti non saranno rilasciati grazie a un accordo in cui si preveda la fine del conflitto a Gaza e una soluzione internazionale», si legge nel testo, scritto in ebraico e in inglese. Da qui la richiesta-supplica di mettere fine ai combattimenti immediatamente in modo da evitare altro spargimento di sangue. «Lasciaci ricomporre le macerie di cui tu e il tuo governo siete responsabili. Smetti di utilizzare i nostri ragazzi come carne da cannone». Non è la prima volta che madri e padri dei militari si mobilitano contro il conflitto in cui sono caduti finora 398 soldati israeliani e oltre 46mila palestinesi, secondo i dati del ministero della Salute della Striscia, controllato da Hamas. Già ad aprile avevano preso carta e penna per condannare l’invasione di Rafah. È stata quest’ultima il punto di svolta per l’opinione pubblica progressista dello Stato ebraico che, in principio, aveva sostenuto in gran parte l’offensiva sulla Striscia in risposta al massacro del 7 ottobre.

«Lo scorso aprile abbiamo capito che non c’era alcun obiettivo se non la volontà di prolungare il più possibile gli scontri da parte di Netanyahu per restare al potere», racconta Noorit Felsenthal Berger, una delle fondatrici del gruppo “I genitori dei soldati hanno gridato abbastanza”. Ne fanno parte gli 837 firmatari del messaggio al premier. «È il nucleo fisso. Le nostre petizioni, però, hanno raccolto più di duemila firme. Tutte di genitori di militari al fronte», aggiunge la donna, psicologa e specializzata nelle cure dei disturbi post-traumatici. Come tale si è occupata di vari sopravvissuti della strage del 7 ottobre nonché di militari rientrati dal fronte. «Si tratta di persone duramente provate dal protrarsi del conflitto», sottolinea Noorit, il cui figlio minore è impegnato a Gaza in servizio militare mentre il secondo, tornato dall’Italia per unirsi alla riserva, si trova nel nord, a garantire la sicurezza di una comunità lungo la frontiera del Libano.

Gli ultimi dati presentati dall’esercito, il 2 gennaio, confermano il crescente malessere. Da una parte, c’è stato un incremento dei suicidi fra gli ex militari: sono stati ventuno nel 2024, la cifra più alta dal 2011. Dall’altra, fra i riservisti, il tasso di risposta alla chiamata è calato di una quota compresa tra il 15 e il 25 per cento nelle ultime settimane. È sempre alto, però. «Va compresa la motivazione profonda che spinge i giovani a continuare a combattere: lo fanno per fedeltà ai compagni. Non se la sentono di lasciarli soli, pur sapendo perfettamente che questa è una guerra senza senso». Le forze armate sono uno dei pilastri della società israeliana: il servizio militare è considerato un dovere di solidarietà sociale. Non è facile, dunque, mettere in discussione la chiamata alle armi. Eppure i segnali di malcontento vanno emergendo. A settembre, 130 riservisti hanno scritto all’allora ministro della Difesa, Yoav Gallant per annunciare il proprio rifiuto a combattere fino a quando gli ostaggi non fossero stati liberati attraverso un accordo. Il seguito di una prima lettera sottoscritta da 41 militari e inviata ad aprile in prossimità, come per il movimento dei genitori, dell’attacco a Rafah.

Nel frattempo, non solo i sottoscrittori sono più che triplicati. Gallant si è dimesso per evidenti contrasti con il premier. E ora dice apertamente che Israele ha raggiunto tutti gli obiettivi militari prefissati a Gaza. La prosecuzione del conflitto appare, dunque, inutile. Non proprio l’opinione di una colomba. Eppure i combattimenti vanno avanti. «Noi, però, non ci arrendiamo. Dobbiamo fare finire la guerra», afferma Noorit. Il movimento “i genitori dei soldati hanno gridato abbastanza” ha appena lanciato una nuova campagna di mobilitazioni per la tregua. Il titolo è provocatorio “Stop this fu…ng war”, da una frase pronunciata da Donald Trump. Proprio il presidente Usa è il principale destinatario dell’iniziativa. Anche ieri una folla a Tel Aviv e nelle principali città del Paese decine di migliaia di persone hanno gridato “Make Israel normal again”, “Facciamo Israele di nuovo normale”, una parafrasi del motto del tycoon. Quest’ultimo ha più volte detto di puntare a un accordo.

Proprio questa settimana ha intimato ad Hamas di rilasciare gli ostaggi entro il 20 gennaio, data di inizio del mandato, altrimenti «sarà l’inferno». La frase è spuntata nei muri di Tel Aviv accanto alla foto di Trump. Retorica a parte, le trattative per la tregua sembrano entrate in una fase di accelerazione. Doha Steve Witkoff, l’inviato per il Medio Oriente del presidente eletto è andato a Doha per rafforzare le trattative. Mentre il ministro per gli Affari strategici israeliano Ron Dermer ha incontrato negli Usa Mike Waltz, il consigliere per la Sicurezza nazionale scelto da Trump e hanno affrontato la questione. Il capo della Cia, William Burns e la Casa Bianca si sono detti ottimisti sulla possibilità di arrivare a un’intesa a breve. «È ciò che gli israeliani vogliono – conclude Noorit –. Non smetteremo di ricordarlo al governo».

Richiedi prestito online

Procedura celere

 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link