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(F.B.) Un approccio lento che ben si sposa con un passo sostenuto lungo percorsi, dolci o faticosi che siano, alla scoperta di un territorio. Il rapporto tra trekking e turismo ricorda quasi un ossimoro, corroborato da tabelle di marcia serrate che portano chi lo vive a visitare luoghi meravigliosi e, spesso, poco frequentati a causa (anche) delle impervie vie di accesso.
In Italia, le potenzialità del binomio sono state già riconosciute dal Ministero del Turismo che nel Piano Strategico del Turismo 2023-2027 ha sottolineato l’importanza di promuovere forme di turismo sostenibile e responsabile, tra cui il trekking. Tra le numerose realtà che praticano regolarmente trekking collegato al turismo, ce ne sono di piuttosto curiose. È il caso del bergamasco GEP, acronimo di Gruppo Escursionisti Postali, un collettivo di persone che, oltre all’amore per montagna e natura, condividono anche l’ambiente lavorativo.
Come ci ha spiegato in una breve intervista Giuseppina Locatelli, portavoce di GEP: “Siamo tutti tutti colleghi che lavorano o hanno lavorato prima della pensione presso Poste Italiane. Le mansioni sono le più disparate: c’è chi ha fatto il portalettere, chi l’impiegato o il funzionario. Ciò che ci unisce è il trekking sulle nostre montagne bergamasche. Lo pratichiamo tutti i giovedì, sempre su un buon dislivello e con persone che via via si uniscono e allargano il gruppo”.
Incontriamo il collettivo ad Assisi e chiedo subito cosa li porta nella città…
“Volevamo stare insieme per le festività natalizie continuando a praticare il trekking. Tutti i membri hanno già visitato l’Umbria in passato e abbiamo deciso di tornare a far visita a questo splendido territorio attraverso le escursioni. È stato uno dei migliori viaggi che il gruppo abbia organizzato: il territorio ci ha entusiasmato, non ci aspettavamo tutto questo. A stupirci sono stati, tra l’altro, molti aspetti storico, culturali e morfologici descritti dalla guida che ci ha accompagnato”.
Quali sono le località che avete visitato che possono essere adatte al trekking? Cosa vi è rimasto più impresso?
“La nostra guida ci ha mostrato aspetti che non conoscevamo, come le doline carsiche del Monte Subasio, proprio dietro Assisi. Queste formazioni ci hanno sorpreso e abbiamo scoperto che vengono chiamati ‘Mortari’, probabilmente a causa della somiglianza con i mortai da cucina. Ma non solo: un’altra meravigliosa meta è stata Colfiorito, dove abbiamo potuto apprezzare la differenza a livello morfologico tra il nostro territorio di montagna e quello collinare dell’Umbria”.
Il trekking potrebbe far bene al turismo?
“Sì, perché è possibile vivere il territorio che si sceglie di esplorare in tutti i suoi lati: partendo dalla particolarità medievali dei borghi dell’Umbria, siamo passati alla bellezza naturale e paesaggistica. Il passo è veloce ma l’approccio è lento, così da apprezzare tutto ciò che i diversi luoghi lungo il percorso offrono. E questo vale tanto per la storia e la natura quanto, come in questo caso, per la spiritualità. Il trekking è l’anello di congiunzione che rende completa l’esperienza turistica. Venire solo per trekking? Forse no. Venire solo per la spiritualità e la cultura? Neanche. È collegare le diverse aree che cose insieme potrebbe rappresentare la soluzione ottimale”.
Che distanza avete coperto durante la vostra esperienza di trekking unito al turismo?
“Abbiamo camminato per circa 13 chilometri al giorno. Il dislivello non è così eccessivo e questo rende i percorsi dell’Umbria alla portata dei più. Basta un po’ di infarinatura a proposito del trekking, una buona guida e un minimo di attrezzatura. Per il resto, si può partire agevolmente per paesaggi e luoghi da scoprire”.
Quali altre regioni o territori, in Italia o all’estero, avete visitato unendo il trekking al turismo?
“Oltre all’Umbria, con lo stesso approccio ‘trekking + turismo’ abbiamo percorso i sentieri della Liguria, del Gran Sasso in Abruzzo e della Costiera Amalfitana in Campania. Fuori dal territorio nazionale siamo stati a Creta, in Grecia”.
Cosa consigliereste a chi vuole visitare un luogo o un territorio unendo il turismo al trekking?
“Consiglierei di partire senza preconcetti e pregiudizi: non c’è bisogno di cime alte duemila metri per praticare il trekking e ci sono luoghi con altitudine minore che meritano molto. Sicuramente seguire una guida esperta del territorio fa la differenza, meglio ancora se preparata su storia e cultura. Ultimo ma non meno importante: non fermarsi all’apparenza. Può capitare che una località, come Assisi ad esempio, sia conosciuta e frequentata per la spiritualità o la cultura e che il lato paesaggistico rischi di passare in secondo piano. In questo senso, una maggiore apertura alle possibilità offerte da un territorio porterebbe anche a un potenziale aumento del bacino di utenti”.
Dopo la vostra esperienza in Umbria, pensate ci sia qualcosa da migliorare agli occhi del turista-escursionista?
“A livello di percorsi e servizi, per come è stata la nostra esperienza, non è mancato nulla. I prezzi nei ristoranti ci sono sembrati piuttosto abbordabili e questo non è scontato. La promozione invece sì, potrebbe essere migliorata: c’è bisogno che enti e attività del posto si muovano per incentivare i diversi tipi di turismo così da spingere i visitatori a un’esplorazione completa del territorio. Di meraviglie spirituali, storiche e naturali ce ne sono, basta solo mettersi in cammino per trovarle”.
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