Bergamo, il cantiere delle case di lusso sul viale Vittorio Emanuele tra creditori e degrado

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di
Donatella Tiraboschi

L’ex area della concessionaria Nava, i tempi biblici della riqualificazione: aziende in tribunale per incassare. Nove anni senza fine, prevista una seconda palazzina. Ma l’opera resta a galla

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Per lunghi mesi durati anni, i teli appesi alle impalcature fronte strada si sono sfilacciati al vento e alla pioggia, prima di lacerarsi del tutto, lasciando i ponteggi nudi. Adesso non ci sono più neanche quelli e la grande gru che sovrastava il cantiere è stata recentemente smontata dall’impresa edile.

Degrado nella zona «in» di Bergamo

Quello che si vede sul retro, invece, è uno scenario di degrado e abbandono, con perdite di liquami nei piani bassi, quelli dei futuri box. L’acqua stagnante è alta più di un metro, topi e zanzare d’estate la fanno da padrone. Un quadro da periferie dimenticate e non del centralissimo viale Vittorio Emanuele, una delle zone «in» di Bergamo. Top, secondo il borsino immobiliare che, per questa fascia, quota i nuovi edifici residenziali dai 5 ai 6 mila euro al metro quadrato. A trovarne.




















































Gli appartamenti subito sold out

Le realizzazioni di prestigio tra Bergamo alta e bassa hanno un mercato vivacissimo, il che rende la situazione di questo cantiere abbastanza incomprensibile, perché sono periodi in cui l’incontro tra domanda e offerta di qualità immobiliare si concretizza in tempi velocissimi. Neanche il tempo di presentare il progetto che già si prenota sulla carta. Basti pensare che, a un tiro di schioppo, le unità abitative realizzate sulle ceneri della ex Montessori, da Ma.Ma. Srl, la società degli imprenditori Marco Cefis e Matteo Zanetti, sono andate via come il pane. L’ennesimo «sold out», tutto venduto, dopo il successo del progetto «Albricci 10», altra zona «in» di Bergamo (la Conca d’Oro) e altro edificio storico buttato giù e riconvertito come residenziale (l’ex Casa del Clero per i sacerdoti in pensione).

Un’odissea di nove anni

Un successone imprenditoriale del duo Cefis-Zanetti che si scontra frontalmente con la tregenda cantieristica di «Casa Lubrina», dal nome della famiglia proprietaria di un paio di vecchi edifici costruiti negli anni ’40 tra via Zambelli e il viale Vittorio Emanuele e della loro società, la Viale 19 srl, costituita proprio per riqualificare tutto il loro sedime, dove in un vecchio capannone la concessionaria di auto Nava vendeva le Mercedes ai cumenda. Quando nel 2017 furono dismesse le due attività commerciali che operavano nello stabile fronte viale, un supermercatino e il ristorante «A Modo» dello chef Carlo Borsatti, nessuno poteva immaginare che ci sarebbero voluti almeno 9 anni per vederne completata la ristrutturazione. 

Crediti fino a 800 mila euro

E questo «almeno» riferito all’oggi non consente comunque di fissare un termine certo, perché l’ultimazione dell’intervento è parecchio di là da venire. Di quanto? Almeno di quanto lo sono i milioni di euro che, se da un lato sono necessari per completare i lavori, dall’altro servono per quietanzare i creditori. Si tratta principalmente di imprese e manodopera edile che, negli ultimi anni, è stata ingaggiata nel progetto: dai professionisti agli artigiani, con un range creditizio che balla tra poche decine di migliaia di euro a quasi 800 mila euro di importi non riscossi da parte del creditore più esposto. Una situazione di insolvenza che ha spinto proprio alcune aziende a rivolgersi al tribunale di via Borfuro, facendo iscrivere sulla proprietà immobiliare della Viale 19 Srl un’ipoteca giudiziale a seguito di una procedura di recupero crediti.

Spiraglio di prosecuzione

Un passo legale importante, chiaro, ma che, pur nella sua perentorietà, lascia intravedere qualche spiraglio per una ripresa dei lavori e qualche manovra di salvataggio. All’orizzonte, al momento, infatti, non si registrano iniziative di esecuzioni immobiliari a significare, almeno da quanto emerge sul fronte dei creditori, di evitare che l’immobile possa finire all’asta con un’inevitabile svalutazione sia edilizia sia del credito vantato.

Caparre già versate

Vanno poi considerati gli acquirenti, ma su questo fronte a garantire la compravendita c’è la fideiussione bancaria che tutela chi (e non sono pochi) ha versato una caparra sulle unità abitative di questo primo immobile. Già, perché l’iniziativa immobiliare, per come era stata concepita inizialmente, prevedeva anche la realizzazione, proprio sul sedime dell’ex capannone, di una seconda palazzina. Oltre alla ricostruzione «in sagoma» dell’edificio non ancora ultimato, in ballo c’era un secondo lotto che avrebbe dovuto sfruttare la volumetria del capannone Nava-Mercedes. 

La seconda palazzina: «Tutto bloccato»

Intervento quest’ultimo critico e sensibile, per una questione di altezze e di coni prospettici su Città Alta (su cui era intervenuta con imposizioni chiare la Soprintendenza), ma che è rimasto al palo, malgrado Crt Group di Novara avesse fatto un preliminare di acquisto, senza però mai perfezionare il rogito. Le unità immobiliari di questo secondo lotto figurano tra le proposte di vendita di una agenzia immobiliare del centro con prezzi intorno ai 5 mila euro al metro quadrato. Ma contattato sulla disponibilità, l’agente incaricato si affretta a precisare: «Al momento tutto è bloccato».

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