Bonus edilizi e perdita dello sconto in fattura: si può evitare di pagare i professionisti?

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Da quando nel 2020 il Superbonus ha fatto ingresso
nell’ordinamento, l’edilizia agevolata ha vissuto un vero e proprio
“boom”, al punto che non c’è stato proprietario di immobili che non
abbia anche solo valutato la possibilità di accedere a qualche
detrazione fiscale per la realizzazione degli interventi edilizi
prospettati.

Bonus edilizi e opzioni alternative

Non sempre, però, si è potuti andare fino in fondo, soprattutto
da quando le modalità di fruizione dei bonus edilizi alternative a
quella “base”, che prevede lo scomputo diretto dell’importo dalle
imposte in dichiarazione dei redditi, sono state via via limitate,
prima con il D.L. n. 11/2023 e poi con il D.L. n. 39/2024.

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Non è raro, infatti, che i committenti abbiano scelto di
rinunciare ai lavori, proprio a causa del venir meno della
possibilità di ricorrere allo sconto in fattura, sollevando così
non pochi malintesi con i professionisti scesi in campo.

Molti committenti, nel dettaglio, non avrebbero conferito alcun
incarico e non avrebbero firmato alcun contratto di appalto se lo
sconto in fattura non fosse stato praticabile, poiché quest’ultimo
permetteva di realizzare gli interventi senza passare per un vero e
proprio esborso economico, utilizzando cioè il credito d’imposta
maturato come “moneta”, cedendolo ai soggetti che avrebbero dovuto
ricevere un pagamento per le loro prestazioni.

Sulla base di simili considerazioni sono all’ordine del giorno i
casi di committenti che si rifiutano di pagare i professionisti per
quanto comunque da essi svolto prima dell’interruzione della
pratica, ritenendo che nulla sia dovuto poiché il contratto
prevedeva un pagamento subordinato all’effettivo sconto in fattura.
Allo stesso modo, alcuni professionisti preferiscono “lasciar
correre”, accettando una simile ricostruzione per non rischiare di
finire in tribunale, mentre altri “si impuntano”, con il fine di
vedere riconosciuto il proprio onorario.

Una recente sentenza, la n. 3106 emanata dal Tribunale di Monza
il 28 dicembre 2024, aiuta a fare chiarezza sul tema, evidenziando
quanto sia improbabile, nella pratica, che un tecnico perda il
proprio diritto al compenso se ha svolto le sue mansioni
correttamente.

La nozione di presupposizione

Come accennato, il problema ruota attorno al dubbio se il
ricorso allo sconto in fattura possa o meno essere considerato un
elemento talmente “fondamentale” del contratto di prestazione
d’opera intercorso tra cliente e professionista da far crollare
ogni obbligazione dovuta al suo sfumare, prima tra tutte quella del
committente a corrispondere al tecnico la sua parcella.

Ebbene, in astratto la risposta è sì, poiché nel nostro
ordinamento giuridico esiste la figura della c.d.
“presupposizione”, che il Tribunale di Monza ha richiamato nella
menzionata sentenza. Di fronte a un condominio che si è rifiutato
di pagare l’architetto incaricato della progettazione di un
intervento agevolabile con Superbonus, infatti, il Giudice ha
dovuto ragionare proprio su tale nozione, ritenendola però, come
vedremo, non rilevante nel caso specifico.

Riferendosi a una nutrita giurisprudenza di Cassazione, in
particolare, il Tribunale ha spiegato che “si ha
presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di
diritto […] sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto
condizionante il negozio, in modo da assurgere a fondamento – pur
in mancanza di un espresso riferimento – dell’esistenza ed
efficacia del contratto”
.

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La condizione può essere tacita

Sulla base di ciò, il condominio ha “giustificato” il proprio
mancato pagamento, asserendo che una volta venuto meno lo sconto in
fattura previsto nel contratto a causa dell’emanazione del DL
11/2023, l’incarico è come se non fosse esistito, e così il diritto
dell’architetto al pagamento per quanto già eseguito (studio di
fattibilità e progettazione).

E ciò sarebbe possibile anche se il contratto non lo ha previsto
nero su bianco, proprio per via della natura del concetto giuridico
di presupposizione. Si tratta, infatti, nelle parole del Tribunale,
di una “condizione inespressa”, che opera cioè “pur in
mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole
contrattuali”
.

Per questa ragione, il committente che gioca la carta della
presupposizione ha in mano uno strumento molto potente, ma che non
è detto che nel singolo caso specifico porti a dargli ragione,
anzi.

Presupposto condiviso

Il Tribunale, infatti, non ha accettato la lettura del concetto
di presupposizione proposta dal condominio, ritenendola troppo
ampia. Per quanto sia corretto affermare che una situazione (la
praticabilità dello sconto in fattura, in questo caso) possa
rappresentare il presupposto in assenza del quale il contratto non
sussiste affatto a prescindere da quanto previsto al suo interno,
il meccanismo funziona solo nel momento in cui entrambe le parti
sono d’accordo (anche tacitamente, come detto) ad elevare detta
situazione a presupposto di esistenza del contratto. Purtroppo, si
tratta di una circostanza non solo molto complicata da provare in
giudizio, ma anche molto poco probabile per quanto riguarda i bonus
edilizi sfumati e le prestazioni già svolte.

Come ben argomenta il Giudice di Monza, cioè, “se da un lato
può anche astrattamente ritenersi verosimile che il condominio non
avrebbe deliberato una spesa dell’entità indicata in atti in
assenza di previsione della modalità agevolata di pagamento del
dovuto, non altrettanto può dirsi della volontà espressa dal
professionista, per cui la modalità di pagamento del dovuto non
poteva che essere indifferente”
.

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I tecnici vanno pagati

In sostanza, dunque, se un committente opponesse resistenza a
una richiesta di pagamento sulla base della nozione di
presupposizione, è bene accertarsi se tale strada sia o meno
concretamente percorribile e coerente con l’impianto giuridico,
tenendo bene a mente che il “valore” dello sconto in fattura per il
professionista non è lo stesso che per il committente.

Per il primo, infatti, si tratta di un metodo di pagamento come
un altro, mentre per il secondo rappresenta un elemento che può far
crollare alla base l’interesse alla realizzazione dei lavori
agevolati.

Ma anche una volta crollato tale interesse, non si può per ciò
solo ignorare l’art. 2237, co. 1, cc. menzionato dal Tribunale di
Monza, in base al quale “il cliente può recedere dal contratto,
rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il
compenso per l’opera svolta”
.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate
all’edilizia
www.cristianangeli.it

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