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Scegliere il partner che non fa per noi, sentire di provare un forte sentimento per lui, vivere un’intensa esperienza sessuale o una lunga relazione che alla fine finiscono con un cuore spezzato. Insomma: innamorarsi della persona sbagliata. A chi non è mai capitato? Una cruda realtĂ che può fare molto male, ma che è possibile trasformare in un’occasione di crescita: attraverso il dolore, si capirĂ con il tempo cosa si desidera cercare nell’altra metĂ .
Innamorarsi della persona sbagliata: i quattro perché
Ma quali sono i fattori che potrebbero portare a innamorarci di una persona che non fa per noi? Quattro, secondo la terapeuta Laura Rossi, che sul sito Apri La mente li elenca:
- la familiarità , ovvero siamo attratti da ciò che ci è familiare, anche se non è necessariamente buono per noi;
- i bisogni non soddisfatti, cioè potremmo finire per innamorarci di qualcuno che sembra offrire amore e attenzione, anche se la relazione in sé non è sana;
- l’idealizzazione, ovvero vedere solo il meglio della persona amata, ignorando i suoi difetti ed eventuali segnali d’allarme;
- la paura dell’abbandono, che si concretizza nel voler stare insieme a ogni costo per evitare la solitudine e la fatica di ripartire da zero.
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Un’opportunitĂ di crescita personale
Come agire, quindi, se si soffre per aver scelto una persona che non fa per noi? L’abbiamo chiesto alla dottoressa Elisa Petetta, psicologa e psicoterapeuta a Piediripa (Macerata) e Fabriano (Ancona). L’esperta spiega innanzi tutto come agire per migliorare l’ascolto dei nostri sentimenti in campo amoroso. La prima cosa da fare «è un lavoro di riflessione su noi stessi, di crescita personale» esordisce. «Se si hanno difficoltĂ nel costruire nella propria vita relazioni sane, appaganti e arricchenti, se si nota di avere la tendenza a scegliere persone che in qualche modo percepiamo come sbagliate e abbiamo problemi a uscire da questo genere di relazioni, è importante chiedere aiuto a uno psicologo-psicoterapeuta».
Ricercare ciò che è noto: il ruolo dei modelli di riferimento
«In maniera inconsapevole, riconosciamo come “modelli” le nostre figure genitoriali, e a questi spesso facciamo riferimento» spiega. «Se ad esempio si è uomini e si è avuta una mamma che si faceva in quattro, molto accondiscendente, servizievole, poco autonoma, avremo questo modello a cui far riferimento, e potrĂ capitare che ci sentiremo attratti sentimentalmente da una persona con queste caratteristiche. Se siamo donne e abbiamo avuto un padre molto autoritario, aggressivo, o poco attento al nostro mondo interiore ed emotivo, avremo questo modello di riferimento nella mente, verso il quale in maniera involontaria potremmo sentirci attratte. Ciò che è a noi familiare, però, si intreccia con l’idea di come noi ci percepiamo internamente».
L’idea che abbiamo di noi «si costruisce molto presto da bambini, nei primi anni» dice ancora Petetta. «Questa certamente si andrà a strutturare sul nostro temperamento, alla nascita precostituito e poi plasmato dall’influenza delle successive esperienze sociali, ma resta determinante il modo in cui mamma e papà , o chi per loro in causa di assenza, si sono presi cura di noi». Gli esseri umani sono portati, nei vari ambiti della vita, «a ricercare ciò che è noto, e le nostre menti saranno più indirizzate a cercare elementi che confermano le nostre idee, piuttosto che le sconfessino» aggiunge la specialista. «Un bisogno non consapevole di coerenza, quindi, fa sì che nella vita cerchiamo, seppure a un livello totalmente inconsapevole, qualcuno che confermi anche l’idea che sentiamo di possedere di noi stessi».
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Innamorarsi della persona sbagliata: no alle recidive
Può capire a tutti di incontrare persone che poi si rivelano sbagliate per noi, ma il fattore fondamentale è la frequenza con cui ci è capitato nella vita. «Se notiamo di ripercorrere sempre gli stessi schemi» aggiunge la dottoressa «è utile fermarci e interrogarci sul perché, soprattutto se notiamo difficoltà a interrompere la relazione anche se ci fa star male. Perché, in amore, dipende sempre tutto da noi: l’altro può essere disattento, critico o comportarsi in modo poco affettuoso, ma siamo noi a scegliere il nostro futuro e ad agire direttamente su noi stessi. Per questo, un lavoro con un professionista può aiutarci a conoscere il nostro passato e i nostri schemi maladattivi ereditati dalle nostre figure genitoriali. Riconoscerli può aiutarci non a cambiare il passato, ma a tagliare quanto più possibile i ponti con esso».
Capire questi schemi è un lavoro profondo e può essere anche doloroso, «ma ci può permettere di riconoscere quando li abbiamo riprodotti e se lo stiamo facendo nel nostro presente — spiega la psicoterapeuta — Modificando alcuni schemi potremo parallelamente lavorare nella costruzione di un’idea di noi stessi come di persone più sicure e amabili, attraverso anche la scelta consapevole di partner più responsivi ai nostri bisogni di amore e cura non soddisfatti in età evolutiva. Questo compito prevederà un lavoro sul riconoscimento dei nostri bisogni, nella validazione da parte nostra degli stessi e nel progressivo esercizio di richiesta anche all’altro».
La psicologa e psicoterapeuta Elisa Petetta.
Una richiesta che, però, non si deve mai tradurre in pretesa. «Un lavoro che preveda infatti anche un’attenzione all’altro, sana e paritaria, ci permetterà di comprendere meglio anche come chi sta con noi abbia un ricco mondo interiore, fatto di pensieri, vissuti, talvolta dolorosi. Un percorso di conoscenza e attenzione verso la nostra storia e il nostro mondo interiore, quindi, ci permetterà di essere più predisposti e responsivi anche nell’affrontare quello di chi abbiamo scelto accanto a noi, e di costruire relazioni sane e appaganti, interrompendo finalmente quegli schemi maladattivi che spesso si tramandano in modo transgenerazionale».
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