la tregua è davvero possibile

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Cessate il fuoco di 126 giorni. Rilascio degli ostaggi israeliani e libertà per oltre tremila palestinesi. Biden chiama Egitto e Qatar per i ringraziamenti. Il ministro Smotrich contro il premier Netanyahu

L’accordo per la tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas è in dirittura di arrivo. Secondo le dichiarazioni degli attori coinvolti – da Washington a Doha, dal Cairo a Tel Aviv – siamo alle battute finali dopo lunghe e complicate trattative durate oltre un anno e che si sono intensificate dopo l’accordo di pace tra Hezbollah e Israele.

Secondo il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, «esiste una chiara possibilità di concludere un accordo di cessate il fuoco a Gaza questa settimana». Per il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, che oggi sarà in Italia per incontrare il ministro Antonio Tajani, l’intesa è «molto vicina». Hamas ha avvisato i suoi prigionieri che «la loro libertà» è a portata di mano. A fine giornata è arrivata la chiamata di Joe Biden all’emiro del Qatar al Thani per ringraziarlo degli sforzi fatti nelle trattative in questo anno e mezzo. E poi la telefonata del presidente americano all’altro mediatore principale, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

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C’è però chi frena l’ottimismo e attende la firma ufficiale dei documenti. L’accelerazione è arrivata nella serata di domenica, dopo che la scorsa settimana sono arrivati a Doha i vertici del Mossad e dello Shin Bet, David Barnea e Ronen Bare. Venerdì scorso è atterrato nell’emirato anche Steve Witkoff l’inviato per il Medio Oriente scelto da Donald Trump, che ha voluto seguire in prima persona le trattative.

I mediatori qatarioti hanno inviato la bozza dell’accordo a Israele e Hamas, chiedendo all’organizzazione palestinese di dare una risposta entro mezzanotte. Non è chiaro chi si assumerà la responsabilità della firma degli accordi, visto che, dopo l’uccisione di Yahya Sinwar a Khan Younis lo scorso 16 ottobre, Hamas non ha fatto proclami pubblici sul suo successore. Secondo il Wsj, a guidare il movimento islamista nella Striscia ci sarebbe Mohammed Sinwar, fratello del leader defunto.

Ma i tempi per porre fine all’escalation militare seguita alla carneficina del 7 ottobre 2023 sono maturi. Oltre un anno dopo il bilancio è brutale: più di 1.200 israeliani uccisi, 250 ostaggi rapiti, più di 46mila palestinesi morti sotto le bombe dell’Idf, Gaza rasa al suolo e Hamas fortemente indebolito.

Resta da capire se il premier israeliano Benjamin Netanyahu aspetterà l’insediamento di Donald Trump il prossimo 20 gennaio per la firma, e affidargli un successo mediatico, oppure se la tregua sarà l’ultima eredità di Joe Biden per rimediare alle critiche di aver sostenuto a livello militare e politico la guerra di Israele.

L’accordo e le incognite

La bozza dell’accordo non è ancora pubblica, ma dovrebbe riprendere gran parte dei punti del piano di pace presentato da Biden lo scorso 27 maggio. La tregua durerà 126 giorni e sarà divisa in tre fasi. Nella prima, secondo quanto riferisce Channel 12, Tel Aviv si impegna a liberare 50 prigionieri palestinesi, 30 dei quali all’ergastolo, in cambio di ogni soldatessa israeliana. Israele rilascerebbe inoltre 30 prigionieri palestinesi – tra cui minori, malati e donne – in cambio di ostaggi a Gaza. È previsto anche l’ingresso nella Striscia di Gaza di 600 camion carichi di aiuti umanitari. Al sedicesimo giorno di tregua, inizieranno le trattative per liberare gli ostaggi rimasti. Nella terza fase si discuterà della governance della Striscia e della ricostruzione delle infrastrutture principali. Nel frattempo, sarà garantito il cessate il fuoco, il rilascio graduale di tremila detenuti palestinesi e il ritiro completo delle truppe israeliane da Gaza, corridoio Filadelfia incluso. Israele avrebbe accettato di rimpatriare un milione di palestinesi a Gaza.

A complicare le negoziazioni fino alla fine: il controllo futuro della Striscia e i nomi dei prigionieri palestinesi da liberare, soprattutto per coloro che hanno commesso reati gravi.

Non è chiaro però chi governerà Gaza. In questi mesi molte ipotesi sono state avanzate, tra cui l’affidamento all’Autorità nazionale palestinese, una guida a una missione di peacekeeping delle Nazioni unite, oppure un organo di controllo guidato da paesi arabi e stati occidentali. Possibili garanti: Egitto, Turchia ed Emirati Arabi Uniti. E infine, cosa ne sarà di Hamas? Israele rinuncerà alla sua completa eliminazione, obiettivo proclamato da oltre un anno da Netanyahu?

Tel Aviv avrebbe inoltre chiesto di creare una zona cuscinetto di circa 1,5 chilometri lungo il confine con Gaza da avere sotto il suo controllo, nonostante la contrarietà dell’Egitto. Per ora l’esercito israeliano ha iniziato la ritirata dal corridoio di Netzarim.

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Tuttavia, per Netanyahu c’è un’altra questione da risolvere legata alla sua sopravvivenza politica interna. «Non faremo parte di un accordo di resa che includerebbe il rilascio dei terroristi, la fine della guerra, la dissoluzione dei risultati ottenuti con tanto sangue e l’abbandono di molti ostaggi», ha protestato ieri il ministro delle finanze Bezalel Smotrich.

«Questo è il momento di continuare con tutte le nostre forze, di occupare e ripulire l’intera Striscia, di prendere finalmente il controllo degli aiuti umanitari da Hamas finché Hamas non si arrenderà completamente e tutti gli ostaggi non verranno restituiti». Come paracadute il premier starebbe pensando di sottoporre l’accordo al vaglio del parlamento. E oggi Bibi dovrebbe incontrare le famiglie degli ostaggi che dal 7 ottobre chiedevano a Netanyahu di porre fine alla guerra.

La guerra

Se le trattative sono in stato avanzato, sul campo la guerra prosegue. Secondo Al Jazeera sono almeno 45 i palestinesi uccisi negli attacchi delle ultime ore avvenute nella Striscia di Gaza. Dall’altra parte l’Idf ha fatto sapere di avere perso cinque soldati mentre altri dieci sono rimasti feriti. Intanto c’è una prima notizia riguardo al direttore dell’ospedale Kamal Adwan del nord di Gaza, arrestato dall’Idf oltre 17 giorni fa. Secondo il gruppo israeliano per i diritti Physicians for human rights-Israel Hossam Abu Safiya è detenuto nel carcere militare israeliano di Ofer.

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