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la protesta
COSENZA «Lo “sfratto” della statua di Giacomo Mancini dalla parte di corso Mazzini antistante il Palazzo dei Bruzi, dove egli esercitò magistralmente il suo ruolo di sindaco, è una grave offesa alla storia di Cosenza e alla storia del socialismo italiano». Lo scrive Sergio Dragone, giornalista e responsabile della comunicazione della Fondazione Giacomo Mancini. «E’ un’offesa che mi tocca direttamente, avendo avuto io per primo l’idea di realizzare questo tributo eterno al più grande politico espresso dalla Calabria. Idea poi sposata dalla Fondazione e fatta diventare realtà grazie ad un bel lavoro di squadra con Pietro e Giacomo il Giovane e al generoso contributo di tanti cittadini».
«Fa ancor più male la circostanza che ad ordinare questo “sfratto” sia stato un sindaco socialista che pure avrebbe dovuto avere interesse a difendere la scelta di collocare la statua di Giacomo in un sito di grande valenza e suggestione. Poteva e doveva essere, quella “presenza”, uno stimolo per tutti gli amministratori a fare sempre meglio, ispirandosi all’opera del più grande di tutti. Ma forse quella “presenza” ha infastidito. Non ha certamente infastidito le centinaia di cosentini e calabresi che hanno ammirato l’opera di Domenico Sepe che ha fatto ritornare Giacomo tra la sua gente. Ne fanno fede le centinaia e centinaia di selfie poi pubblicati sui social. Io mi auguro che il sindaco di Cosenza ritorni su questa decisione che non esito a definire una vergogna. La giustificazione dello “sfratto” è risibile perché l’isola pedonale di corso Mazzini è talmente grande da potere ospitare anche decine e decine di opere della donazione Bilotti, senza bisogno di spostare una statua già esistente. Si cerchino scuse più plausibili. Io non riesco a vedere collocazioni diverse da quella attuale. Consiglierei alla Fondazione, se il Comune non tornerà sui suoi passi, di riprendersi la statua e collocarla magari in uno spazio privato, lontano dagli occhi di amministratori pronti a cancellare la storia della città».
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