Mohammed Abedini è stato rilasciato ed è tornato in Iran

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L’imprenditore iraniano Mohammed Abedini è stato rilasciato. Si trovava in carcere in Italia da metà dicembre per via di un mandato di arresto emesso dagli Stati Uniti, ma domenica il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto la revoca della misura cautelare nei suoi confronti, e poco dopo le 9 è uscito dal carcere di Opera, a Milano.

Abedini era accusato di aver esportato componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran violando le sanzioni e le leggi sulle esportazioni, e rifornendo un’organizzazione terroristica. Non era accusato di nessun crimine in Italia e si trovava in carcere esclusivamente su richiesta statunitense. L’agenzia di stampa iraniana IRNA ha scritto che nella prima serata di domenica è arrivato a Teheran.

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La decisione del ministro Nordio è stata annunciata nella stessa settimana della notizia della liberazione e del ritorno in Italia della giornalista Cecilia Sala, avvenuto mercoledì. Sala era stata arrestata il 19 dicembre nell’albergo in cui alloggiava a Teheran, la capitale dell’Iran, dove si trovava da alcuni giorni con un regolare visto giornalistico. Il 2 gennaio l’ambasciatore iraniano in Italia, Mohammad Reza Sabouri, aveva legato ufficialmente il caso di Sala a quello di Abedini, dopo giorni in cui la stampa italiana aveva parlato di una possibile connessione fra i due arresti. 

Sabouri aveva detto che le condizioni detentive di Sala in Iran sarebbero state legate in modo reciproco a quelle di Abedini, nonostante al tempo Sala fosse detenuta nella prigione di Evin in una cella di isolamento in condizioni severe e in assenza di accuse formali: dormiva in terra, con la luce sempre accesa e le erano state permesse solo poche brevi telefonate e una visita dell’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei. Abedini si trovava invece in un carcere comodo da raggiungere, dove era detenuto in condizioni molto migliori, e si era incontrato più volte con il suo avvocato e alcuni diplomatici iraniani.

Nonostante l’Iran avesse parlato nello specifico di reciprocità nel trattamento dei due detenuti, era piuttosto chiaro che a essere legati fossero più in generale i due casi, e che fosse possibile che per liberare Sala l’Iran pretendesse il rilascio di Abedini.

– Leggi anche: La prigione di Evin è un simbolo del regime iraniano

Per liberare Abedini era necessario un intervento di Nordio. Secondo la legge italiana infatti il ministro della Giustizia può intervenire chiedendo la revoca delle misure cautelari imposte a una persona in attesa di estradizione (per Abedini l’avevano chiesta gli Stati Uniti). La motivazione ufficiale data da Nordio per la richiesta è che Abedini è accusato di reati che non sono presenti nel codice penale italiano, mentre per accordare l’estradizione il reato contestato deve essere contemplato da entrambi i paesi.

Il Foglio ha ricordato nei giorni scorsi un precedente simile avvenuto nel 2015, quando era ministro Andrea Orlando, in cui la Corte d’Appello non poté rifiutare la richiesta.

Il nome completo di Abedini è Mohammad Abedininajafabad. Ha 38 anni ed è il fondatore capo di un’azienda iraniana (la San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co., o SDRA, o SADRA) che secondo le accuse della procura di Boston, in Massachusetts, produce sistemi di navigazione (noti come SEPEHR) installati nei droni militari a lungo raggio usati dalle Guardie rivoluzionarie, la più importante forza militare dell’Iran. Gli Stati Uniti considerano le Guardie rivoluzionarie un gruppo terroristico, mentre l’Italia e l’Unione Europea no.

Secondo l’atto di accusa della procura statunitense, tra i droni che contengono il sistema di navigazione prodotto da SDRA ci sarebbero anche gli Shahed, i più noti e diffusi droni di produzione iraniana. Gli Shahed furono usati in un attacco lo scorso 28 gennaio contro una base militare americana in Giordania, in cui erano stati uccisi tre soldati statunitensi. L’attacco coi droni alla base era stato uno dei più gravi subiti dall’esercito statunitense in Medio Oriente dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, il 7 ottobre 2023. Più di quaranta persone erano state ferite.

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Le indagini condotte sul posto dagli Stati Uniti avevano dimostrato che il sistema SEPEHR era installato proprio nei droni che avevano colpito la base: per questo gli Stati Uniti avevano accusato Abedini di aver fornito sostegno materiale a un’organizzazione terroristica (le Guardie rivoluzionarie) che aveva compiuto un attacco in cui erano morti soldati americani.



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