Quella volta in cui Oliviero Toscani ci ha provocato con il cibo – Virtù Quotidiane

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Enogastronomia 13 Gen 2025 12:10

foto dalla pagina Facebook Oliviero Toscani Studio

CECINA – Oliviero Toscani si è spento a 82 anni lasciando in eredità un patrimonio artistico di inestimabile valore. Il geniale e irriverente fotografo, in cinquant’anni di carriera, ha lavorato a campagne pubblicitarie in grado di rivoluzionare la comunicazione ancor prima dell’avvento dei social network. Creare dibattito è sempre stata la sua finalità e con ogni scatto ci è riuscito alla grande.

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Non solo moda e impegno sociale. Toscani nel suo portfolio ha mostrato attenzione anche verso il cibo e le tradizioni che fanno parte della cultura italiana. L’impegno, sviluppatosi nei primi anni del Duemila, ha prodotto raccolte in grado di umanizzare il mondo enogastronomico.

Era il 2013 quando Oliviero Toscani si prestò per raccontare la visione di Carlo Petrini, gastronomo e fondatore di Slow Food. Protagonisti i volti, quelli di uomini, donne e prodotti che rappresentano i vari presidi sparsi per il Paese. L’obiettivo era mettere il cibo in primo piano come collante della razza umana, uguale e infinitamente diversa, che vive necessariamente attraverso esso.

Secondo il fotografo il cibo è sempre stato uno strumento capace di unire il mondo, ma in grado di creare spiacevoli raffronti che, molto spesso, non vogliamo vedere. Nei suoi scatti, non solo dedicati al bello del Made in Italy, si vedono culture diverse scontrarsi con le contraddizioni del sistema alimentare. Se una parte del mondo muore di fame, l’altra metà ha troppo cibo e lo spreca. Toscani diceva che la fotografia ha il dovere morale di documentare il poco rispetto dei paesi ricchi verso il cibo, sottolineando invece, quanto questo sia un vero e proprio strumento culturale. Le opere dedicate ai presidi Slow Food sono state esposte a Torino nel 2014, in occasione del Salone Internazionale del Gusto Terra Madre di Slow Food.

Il cibo è sempre stato sacro. Diceva che mangiare è un rito, quindi la fotografia deve essere al suo servizio. Ecco cosa ha ispirato la raccolta di volti dell’enogastronomia italiana premiata, chiamata Come in famiglia. Questa è una sorta di percorso attraverso i ristoranti del Paese che ritrae pane, vino e tovaglie, posate, chiacchiere e bicchieri pieni e mezzi pieni. L’obiettivo del fotografo è stato osannare tutti quei sapori e odori che, in nome delle tendenze e delle assurdità, vengono ancora penalizzati.

Non sono mancati altri interventi nel mondo enogastronomico italiano che, con tutte le sue contraddizioni, in lui ha trovato un punto di raccordo. Importanti sono i suoi contributi che hanno coinvolto le eccellenze italiane del settore.

Per chi non lo sapesse, Oliviero Toscani ha avuto anche un un’anima da viticoltore. Sin dagli anni Settanta scelse di stabilirsi a Casale Marittimo (Pisa), in Toscana. Qui avviò un’azienda agricola dedicata alla produzione di olio e vino, di cui andava davvero orgoglioso. La sua è una vigna-anfiteatro con una vista sul Tirreno, posizionata a 300 metri sul livello del mare.

Circa 14 ettari produttivi avviati con la storica consulenza di Angelo Gaja. Infatti fu proprio lui a indirizzare il fotografo, completamente a digiuno sull’argomento, su come far fruttare il primo vigneto. Gaja fece arrivare i migliori tecnici dalla Francia e fu così che iniziò il cammino verso l’eccellenza in fatto di vino. L’artista, anche sull’argomento, non amava prendersi sul serio. Diceva di volere un vino importante, allegro e di struttura, leggero come la musica di Mozart e non da funerale, come quella di Wagner.

Syrah, Cabernet Franc, Petit Verdot, Teroldego, Petit Manseng e Greco, questi sono i vigneti che oggi il figlio Rocco porta avanti con la consulenza dell’enologo Attilio Pagli. La produzione conta circa 50.000 bottiglie seguendo ancora la filosofia del “leggero ma non troppo”. L’azienda agricola di Toscani oggi, vive anche come centro di maneggio e ospitalità. Si tratta di un luogo di aggregazione e confronto, proprio come Toscani ha voluto.

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