Sanità, aumentano i disagi tra diseguaglianze e difficoltà di accesso

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Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) italiano sta vivendo un periodo di profonda crisi, segnata da disuguaglianze economiche e difficoltà di accesso alle cure. Già un mese fa lo ha segnalato il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
Nel decennio che va dal 2013 al 2023, i dati mostrano un aumento significativo della spesa sanitaria privata, con un incremento del 23,0% in termini reali per il settore privato, rispetto all’11,3% di crescita della spesa pubblica. Questo divario crescente tra spesa sanitaria pubblica e privata riflette le difficoltà del Sistema Sanitario a garantire un servizio sanitario equo e tempestivo per tutti.
Una delle cause principali di questa crisi è la stagnazione delle retribuzioni dei medici. Tra il 2015 e il 2022, le retribuzioni mediche nel SSN hanno subito un taglio del 6,1% in termini reali, creando un senso di frustrazione tra i professionisti del settore. Non sorprende, quindi, che l’87,2% degli italiani consideri prioritario migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni del personale medico. La carenza di medici e infermieri, segnalata dal 92,5% degli italiani, è un altro aspetto cruciale della crisi. L’esperienza traumatica dell’emergenza Covid, che ha messo in evidenza la carenza di risorse e la difficoltà del sistema sanitario a rispondere alle richieste di prestazioni sanitarie, ha generato forti aspettative di cambiamento.
Negli ultimi due anni, il 44,5% degli italiani ha sperimentato personalmente o indirettamente il sovraffollamento nelle corsie degli ospedali o in altri servizi sanitari. La lunga attesa per ottenere prestazioni nel Sistema Sanitario Nazionale ha spinto molti cittadini a cercare soluzioni a pagamento, con il 34,9% che ha dovuto ricorrere alla sanità privata, intramoenia o al pagamento diretto. Il fenomeno non riguarda solo le classi sociali più abbienti, ma anche quelle a reddito medio-basso. Il 37,1% delle persone con redditi più alti e il 32,0% di quelle con redditi più bassi si rivolgono alla sanità privata per evitare le lunghe attese e l’incertezza delle cure pubbliche.
Questo squilibrio tra pubblico e privato ha portato a una crescente percezione di disuguaglianza nell’accesso alle cure. Il 84,2% degli italiani è convinto che i più benestanti possano curarsi prima e meglio, aumentando la frustrazione tra chi non può permettersi di pagare per prestazioni sanitarie.
Il sistema sanitario pubblico sta vivendo una crisi di fiducia. Più della metà degli italiani (63,4%) dichiara di provare sfiducia nel SSN, temendo di non poter contare su soluzioni adeguate in caso di necessità. Solo il 27,9% si sente tranquillo riguardo alla possibilità di ricevere cure tempestive e appropriate. Questo abbassamento della fiducia nella sanità pubblica ha anche un impatto psicologico profondo, alimentando un senso di incertezza riguardo al futuro del welfare in Italia.
L’Italia sta vivendo anche un crescente rischio di esclusione dal welfare. La metà degli italiani (50,4%) ritiene che il Sistema Sanitario Nazionale e quindi di tutele pubbliche si limiti solo alle prestazioni essenziali, con il resto delle necessità coperte dai risparmi personali o da polizze assicurative. Il 61,9% degli italiani è convinto che il welfare pubblico debba essere utilizzato principalmente come protezione contro i rischi sociali come la sanità, la vecchiaia e l’inabilità, anziché per investimenti finanziari. Tuttavia, per molti cittadini, il welfare si sta trasformando da una risorsa a un costo che pesa sempre di più sulle famiglie.
La povertà in Italia sta assumendo forme sempre più diversificate. Oltre alla povertà economica tradizionale, si riscontrano forme di povertà alimentare, energetica e anche oculistica, che colpiscono milioni di italiani. Il 9,8% degli italiani vive in famiglie in cui il reddito non è sufficiente a coprire le spese mensili, mentre l’8,4% si trova in povertà alimentare e il 9,5% in povertà energetica. Questi fenomeni riflettono una crescente disuguaglianza sociale, in cui le famiglie più vulnerabili sono costrette a fare sacrifici enormi per far fronte alle spese sanitarie e alle necessità quotidiane.
Sul fronte previdenziale, la percezione di un sistema sempre più insostenibile è diffusa. L’81,5% degli italiani ritiene che la pensione pubblica stia affrontando grandi difficoltà a causa dell’invecchiamento della popolazione e del calo demografico. I giovani, in particolare, sono consapevoli della necessità di risparmi personali e di previdenza complementare per garantire una vecchiaia serena. Il 81,2% dei giovani ritiene essenziale sviluppare forme di previdenza complementare per proteggersi dalle incertezze del futuro.
La crisi del Sistema Sanitario Nazionale italiano è il riflesso di una serie di sfide complesse che riguardano non solo l’economia, ma anche la struttura sociale del Paese. Il crescente divario tra sanità pubblica e privata, l’insoddisfazione tra i professionisti della salute, e la crescente disuguaglianza nell’accesso alle cure sono segnali chiari di una necessità urgente di riforme. La risposta a queste sfide potrebbe determinare il futuro della sanità e del welfare in Italia, e la sua capacità di garantire equità e sostenibilità per le generazioni future.
Oltre al disagio degli italiani, c’è anche un forte disagio tra il personale sanitario. Il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, ha annunciato che la categoria si sta preparando a uno sciopero. Le ragioni di questo malcontento sono molteplici e affondano le radici in stipendi tra i più bassi d’Europa e in una mancanza di dialogo con il governo.
Dal mancato rinnovo contrattuale alle risorse per la sanità giudicate “del tutto insufficienti”, il 2025 si apre in salita ed i sindacati, insieme all’Ordine, sono sul piede di guerra: il 25 gennaio le sigle di categoria si incontreranno per decidere le forme della mobilitazione ed il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, avverte che si va verso lo sciopero o una manifestazione pubblica “imponente”.
Un malessere che riguarda sia i camici bianchi del Servizio sanitario nazionale sia i medici di famiglia, a fronte del quale Anelli chiede al ministro della Salute, Orazio Schillaci, l’apertura immediata di un tavolo permanente poiché finora è mancato un vero confronto. Dall’altra parte, Schillaci, in un’intervista a La Stampa, ha ribadito l’impegno del governo sottolineando: “Il maggior fattore di crisi sono i definanziamenti del passato e la mancata programmazione. Noi ci siamo occupati subito di medici e infermieri. Oggi paghiamo di più gli straordinari e li tassiamo di meno”.
Schillaci si dice inoltre sicuro che presto si vedranno i primi risultati delle misure per tagliare le liste di attesa, grazie alla prossima attivazione della piattaforma nazionale di monitoraggio, e ricorda che si sta lavorando per assicurare una adeguata presenza dei medici di famiglia nelle case di comunità in modo che gli assistiti possano sempre trovarne uno, almeno nelle ore diurne, sette giorni su sette. L’obiettivo è anche un nuovo sistema di formazione che porti all’istituzione di una vera specializzazione universitaria per la Medicina generale. La posizione della categoria, però, resta critica. Anelli ha dichiarato all’ANSA: “Il punto è che il disagio della professione è troppo alto e non c’è una vera interlocuzione col governo sui vari temi. Tra le questioni calde anche l’ipotesi del passaggio ad un regime di dipendenza dal Ssn per i medici di famiglia. Questa idea mi pare assurda. Se l’obiettivo è garantire la loro presenza nelle Case di comunità, il contratto attuale già prevede che ciascun medico impieghi 6 ore settimanali per le Asl, per un totale di 20 milioni di ore, dunque la copertura è già assicurata. Sarebbe insensato privare i cittadini del proprio medico in ambulatorio”.
Ma il vero braccio di ferro è sulle risorse. Anelli incalza: “Va sgombrato il campo dicendo chiaramente che, in realtà, aumenti non ce ne sono: i 17 euro in più al mese previsti per i medici, infatti, sono davvero nulla. Il problema di fondo resta il livello medio degli stipendi in Italia rispetto all’Europa: noi siamo vicini alla Romania e ai Paesi dell’Est, non alla Francia o alla Germania. Da qui, la scelta di molti medici di lasciare o di diventare medici gettonisti, con danno enorme per il Ssn”.
A ciò si aggiunge il mancato rinnovo contrattuale: “Ancora tutto tace sul rinnovo del contratto dei medici, è al palo, eppure stiamo parlando del contratto 2021-2024, dunque già abbondantemente scaduto. Questo è una criticità grande, a fronte di risorse per il rinnovo pari a circa 2 miliardi di euro che risultano del tutto insufficienti”. Anche l’opposizione insorge e Luana Zanella (Avs) definisce “inevitabile la protesta annunciata dai medici di fronte ad un governo sordo. Abbiamo fatto proposte per affrontare la grave crisi che prefigura una gigantesca negazione di diritti alle persone. Nonostante questo il governo Meloni non ha sentito ragioni”.
Intanto, si va invece verso la stretta per il rinnovo del contratto 2022-2024 del comparto Sanità, che riguarda 581mila dipendenti del Ssn tra infermieri, tecnici e personale. Oggi e martedì 14 gennaio l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) ha infatti convocato i sindacati di categoria per il ‘rush’ finale dopo mesi di confronto.
Andrea Bottega, segretario del sindacato degli infermieri, Nursid, ha dichiarato: “I problemi sono vari e questo contratto, che porterà un aumento in busta paga di circa 170 euro, non è il migliore dei risultati; tuttavia la priorità è chiudere con l’obiettivo di aprire a stretto giro la trattativa per il nuovo contratto con ulteriori risorse”.
Ancora una volta ricordiamo il dettato del secondo comma dell’Art. 3 della nostra Costituzione che recita: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E’ molto grave il mancato rispetto della nostra Costituzione da parte di chi dovrebbe attuarla.

 

Salvatore Rondello

Microcredito

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