Se la giustizia contabile è destinata a finire dallo sfasciacarrozze

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Proprio perché chi governa la cosa pubblica è insofferente ai controlli (procuratore di Bari dixit in una intervista pubblicata su questo giornale), il legislatore corre di frequente ai ripari. Tant’è che è in atto da tempo un allargamento della maglia dei controlli. Specie, recentemente, di quelli attribuiti dalla Costituzione alla Corte dei conti. Meglio, si programma una sorta di suo smantellamento organizzativo attraverso la riforma proposta dall’attuale ministro Foti (1621), collaborata in peius da un emendamento (relatori Sara Kelany e Pietro Pittalis), che sembra destinare l’attuale struttura della magistratura contabile presso uno sfasciacarrozze. Con una tale ipotesi legislativa, si compie la più brutta delle violenze ordinamentali: si butta il bambino insieme all’acqua sporca, piuttosto che riformare una siffatta importante istituzione, invidiataci in tutto il mondo per qualità della resa in termini di tutela degli interessi pubblici.

E ancora. Si sta rendendo sempre più evidente una ratio intesa a demolire alcuni reati capisaldi (esempio l’abuso d’ufficio) utili ad impedire gli esiti della complicità frequente tra organi politici e dirigenza e, tra questi, e l’imprenditoria privata. Quest’ultima non sempre esente da partnership inquinanti.

Un clima, questo, politico-legislativo che fa apparire – in un sistema di mercato internazionale sempre di più orientato a generare plusvalore attribuibile all’intelligenza artificiale e alle strategie difensive, anche attraverso esponenti politici, di primo e secondo piano – un legislatore ispirato ad assicurare una minore rigidità delle regole interne e impegnato ad attenuare, sino a farle dissolvere, le sanzioni sulle attività finanche illecite.

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Insomma, si sta via via ingigantendo l’uso dello strumento legislativo. Sempre di più viziato dagli innumerevoli emendamenti, alcuni dei quali anche inimmaginabili, tanto da rintracciare nelle leggi e negli atti aventi valore di legge di tutto e di più. Gli esempi di questo genere di decadentismo dei contesti regolativi sono rilevabili ovunque, sia nel prodotto legislativo nazionale che in quello regionale e delle province autonome.

Strumentali a pervenire ad un simile risultato – in un Paese come il nostro da sempre all’avanguardia per la qualità delle norme ordinamentali – sono soprattutto gli appuntamenti di fine d’anno:

– Le leggi di bilancio che, nel loro complesso, mettono dentro soluzioni a tutti i desideri della periferia istituzionale territoriale;

– Le cosiddette Milleproroghe che sono in gran parte dimostrative della reiterata inefficienza di un apparato della PA ad essere puntuale negli adempimenti, spesso consentiti in barba alla Costituzione e ai principi contabili nazionali e internazionali – funzionali con i rinvii a dilatare nel tempo gli obblighi dell’apparato pubblico soprattutto in tema di adempimenti giuridico-economici;

– Le Omnibus, sopravvenute oramai da tempo, laddove si butta dentro l’indifferenziata, consentendo a chiunque, prescindendo dalla capacità di formalizzare contenuti accettabili, di incidere sull’attuazione delle leggi esistenti,.

Gli esempi di questo modo di accesso e perfezionamento alla legiferazione sono innumerevoli. Alcuni programmati a tavolino, altri negoziati tra e con le Regioni, altri ancora messi dentro all’insaputa di chi ha la maggiore responsabilità decisoria sul tema ovvero politica sull’approvazione delle norme.

L’esempio recente della Puglia – ove un bravo Presidente/magistrato scopre un’esca andata a buon fine, a sua insaputa, nell’approvazione regolativa che accompagna la legge di bilancio regionale e invia una nota in Procura – la dice davvero lunga sulle anzidette abitudini e sulle facilità ad accedervi.

La domanda che, di conseguenza, viene a porsi è quella di comprendere quanti di questi innesti, intesi anche a neutralizzare la violazione di principi nazionali ed europei in materia di bilanci, sarebbero rinvenibili a seguito di una attenta lettura delle norme, statali e nazionali, che in pochi si leggono. Spesso neppure i firmatari degli emendamenti, di sovente svolgenti il ruolo dei semplici passacarte, incaricati:

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– Quanto alla legge di bilancio statale e alla naturale conseguente Milleproroghe

– Dai cosiddetti Governatori e dagli interessi privati assistiti dai lobbisti;

– Quanto alle equivalenti leggi regionali da chiunque abbia un amico cui affidare l’incarico di fargli fare più quattrini.



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