Da 50 anni inutilizzata, il Comune mette in vendita la Casa del Palmezzano del ‘400: doveva ospitare un museo

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E’ uno degli scorci più suggestivi della parte più antica del centro storico, uno degli esempi più evidenti in città di architettura medievale. Gli archetti pensili inseriti negli archi più grandi in parte murati della “Loza de’ Pont de’ Brocch” sono un angolo ben riconoscibile di corso Garibaldi. Questo stabile, con la sua loggia-portico è stata eretto nel Quattrocento, su struttura preesistenti, con tutta probabilità duecentesche. E’ stata anche la casa del grande artista Marco Palmezzano, allievo di Melozzo degli Ambrogi, tanto che viene comunemente definita “Casa del Palmezzano”.

Un nuovo capitolo della sua lunga storia sarà ora la ricerca di un privato che lo acquisti, dopo un disuso che va avanti da quasi cinquant’anni. Il Comune di Forlì, infatti, che ne è proprietario, lo ha inserito nel piano delle alienazioni, vale a dire negli immobili da vendere in quanto non utili ai fini pubblici. Il Comune lo comprò nel 1987, con il progetto di farci un museo, poi non andato mai in porto. 

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Ad attaccare la scelta dell’amministrazione Zattini di disfarsi di un immobile così carico di storia, ma anche di costi ingenti per metterlo a posto, è stata l’opposizione di centro-sinistra, che ha ricordato che l’immobile è confinante con un altro immobile di prestigio del Comune per i servizi culturali, come Palazzo Romagnoli, e potrebbe rappresentarne un potenziale ampliamento. A rispondere alle polemica, martedì pomeriggio nel corso del Consiglio comunale dedicato al bilancio 2025, è stato l’assessore Vittorio Cicognani: “Casa del Palmezzano è stata acquistata nel 1987 dal Comune di Forlì, pagata 150 milioni di vecchie lire, e la motivazione era che ‘verrà utilizzata per il potenziamento di servizi culturali e sociali’. Dal 1987 al 2019 le amministrazioni di centrosinistra non hanno però mai stato fatto niente. L’edificio è rimasto sempre chiuso e inutilizzato, con non poche criticità dal punto di vista della vivibilità degli spazi. Da qui la decisione, di questa’amministrazione, di inserire l’immobile nel piano delle alienazioni”.

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Si chiude così – dopo un’inerzia durata quasi 40 anni – la speranza di un impiego pubblico di ‘Casa del Palmezzano’, che appunto si trova sopra gli archi della loggia, al primo piano. A ricordare quel progetto di fine anni ’80 è l’allora assessore al Patrimonio Gabriele Zelli: “Ricordo un sopralluogo risalente al 1986 per vedere questi ambienti, prima di trovare l’accordo per l’acquisto, durante il quale poi constatare che l’appartamento non era stato sicuramente abitato in quanto era evidente lo stato di abbandono”. Gli ultimi ad aver utilizzato quelle stanze furono infatti i militanti di Lotta Continua, come loro sede prima dello scioglimento del gruppo politico. 

Ricorda Zelli: “La stipula dell’atto di acquisto avvenne nel 1987 ed io partecipai in rappresentanza del Comune di Forlì in qualità di assessore al Patrimonio. Per la parte venditrice era presente Tiziano Tampellini, in quanto l’immobile era di proprietà di una società immobiliare di cui lui era il rappresentante legale. Qualche tempo dopo fu acquistato l’appartamento a fianco che ha locali anche al piano terra lungo la via Marco Palmezzani, utilizzati dal momento dell’acquisizione come depositi dei musei civici. Questo immobile confina con un’altra proprietà comunale, cioè la parte retrostante di Palazzo Romagnoli”.

Le acquisizione dei due appartamenti, avvenute in momenti diversi ma di poco, avevano lo scopo di realizzare, dopo un adeguato intervento di restauro, la sede del Museo delle Ceramiche, nell’ambito di un’ipotesi che allora si stava portando avanti di creare un secondo polo museale con al centro Palazzo Gaddi che allora veniva aperto quotidianamente per consentire di vedere il Museo del Risorgimento, il Museo del Teatro e il Museo della Civiltà contadina. “Si tenga conto che al San Domenico doveva essere realizzato il teatro su progetto dell’architetto Maurizio Sacripanti”, ricorda Zelli, spiegando che prima di allora era corso Garibaldi l’area vocata ai musei. 

Prosegue Zelli: “Il progetto fu portato in Consiglio comunale per l’approvazione nel 1990. Poi venne abbandonato quando divenne sindaco Sauro Sedioli (anni che vanno dalla seconda metà del 1990 al 1995). La Sopraintendenza di Ravenna diede inizialmente parere favorevole per l’utilizzo dei due appartamenti come sede museale, poi cambiò idea sostenendo che non c’erano le condizioni di sicurezza. A nulla valsero i tentativi per fare cambiare opinione al soprintendente e ai suoi collaboratori”.

E conclude: “I locali sono rimasti inutilizzati e lo sono tuttora. Una ventina di anni, su mia insistenza, fu approvato ed eseguito un progetto di messa in sicurezza che ha comportato il rifacimento del tetto delle proprietà comunale in questione e il restauro della facciata della Casa Palmeggiani”. 

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La loza d’ e’ Pont d’ e’ Broch”.

Casa Palmeggiani è stata eretta nel Quattrocento su antiche strutture preesistenti, l’edificio costituisce uno degli esempi più suggestivi di architettura quattrocentesca forlivese. Fu di proprietà del pittore e architetto Marco Palmezzano (1460-1539), allievo prediletto di Melozzo degli Ambrogi, il quale peraltro mai vi abitò. La facciata è composta da quattro grosse colonne che sorreggono le tre campate del portico: una campata presenta un doppio arco ribassato mentre ciascuna delle altre due racchiude una coppia di archetti pensili che si fondono al centro su di un capitello a goccia di spungone, decorato con una rosa a quattro petali.

L’interno ha perso totalmente i suoi connotati peculiari e originari a causa dei numerosi interventi di ristrutturazione a cui l’edificio è stato sottoposto nel corso dei secoli. La complessità delle soluzioni adottate porta a pensare che alla fase costruttiva dell’edificio abbia partecipato un maestro molto abile ed esperto. La struttura in legno del soffitto del porticato unitamente alla facciata testimoniano l’alto livello di sviluppo raggiunto a Forlì dall’architettura civile nel Quattrocento. Confinante con Casa Palmeggiani sorge Casa Fusaroli già Brocchi. Dalle cronache cittadine si apprende che Caterina Sforza (1462-1509), nel 1495, in seguito all’uccisione di Giacomo Feo (1471-1495), suo secondo marito, fece incarcerare alcuni componenti della famiglia Brocchi. Dal loro cognome deriva la denominazione del porticato sottostante, prolungamento di quello di Casa Parmeggiani, popolarmente definito “La loza d’ e’ Pont d’ e’ Broch”. 



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