L’influenza russa in Africa all’indomani della caduta di Assad 

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La fuga di Bashar Assad in Siria avrà conseguenze di vasta portata per Mosca, estendendosi anche alle sue operazioni in Africa. Da decenni centro logistico del Cremlino in Africa attraverso basi militari e strutture di supporto fondamentali per le attività russe all’estero: con Assad in esilio in Russia, il Cremlino dovrà considerare le implicazioni per le sue operazioni in Africa.

L’Africa come pedina strategica: strumentalizzazione dei migranti e hybrid warfare

Il continente africano è di fondamentale importanza per la long-term strategy di Mosca, il cui guadagno annuo di 1 miliardo di dollari all’anno solo grazie ad operazioni minerarie nella Repubblica Centrafricana e la cui gestione dei giacimenti petroliferi in Libia e in Sudan rappresentano una delle fonti economiche alternative per una strategia volta ad aggirare le sanzioni occidentali.

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Oltre agli interessi geoeconomici, le mire di Mosca hanno natura diplomatica, politica e strategica, dalla non condanna ufficiale dell’invasione in Ucraina dei Paesi africani all’espansione della propria influenza in chiave antioccidentale ed antieuropea. 

Oggi, la caduta di Bashar Assad mette in discussione le prossime mosse del Cremlino sullo scacchiere strategico africano, che vede nella base aerea di Hmemim e nella base navale di Tarsus (la cui locazione fu concessa per la prima volta nel 1971 da Hafez Assad e prolungata da Bashar Assad, per ulteriori 49 anni, nel 2017), due dei principali avamposti russi sul Mediterraneo

Divenuta fonte di manodopera per il contrasto alla carenza di lavoratori russi e bacino di attingimento per il reclutamento di reclute da impiegare in Ucraina, l’Africa – in particolare il Sahel e l’area subsahariana – è oggi anche teatro di minacce e guerra ibride per il contrasto al fronte europeo della Nato.

La strumentalizzazione dei migranti in Africa avviene su tre livelli principali: la manodopera, il reclutamento militare e la fabbricazione di minacce ibride. 

Migliaia di migranti africani sono reclutati per lavorare nelle fabbriche russe di droni e munizioni, vitali per lo sforzo bellico di Mosca; molti altri invece, vengono reclutati e trasferiti in Russia tramite voli aerei con scali in Libia o Siria, costituendo veri e propri battaglioni.

Con l’ormai consolidata presenza della Wagner, oggi anche conosciuta come Africa Corps, nell’area subsahariana e nella Regione del Sahel, Libia e Siria rimangono tasselli fondamentali per la logistica russa in Africa.

La perdita della Siria, che ospita due importanti avamposti strategici russi, costringerebbe il Cremlino a valutare un ripensamento della propria logistica verso la Libia, l’unico paese raggiungibile tramite dispiegamento aereo senza la necessità di rifornimenti, che obbligherebbe i russi a sorvolare direttamente lo spazio aereo turco. 

La presenza russa dal Sahel al Nordafrica

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La Russia ha sviluppato stretti legami con una pluralità di Paesi africani, tra cui Mali, Burkina Faso, Niger, Repubblica Centrafricana, Sudan e Libia, sviluppando ed ampliando le proprie operazioni di influenza, le attività proxy ed i rapporti diplomatici ed economici.

Funzionari russi e del gruppo mercenario Wagner/Africa Corps hanno intessuto e sviluppato relazioni personali con i leader autoritari della regione per manifestare la condivisione dei loro obiettivi regionali ottenendo, in cambio, la garanzia per Mosca sull’accesso a minerali ed altre risorse. Per molti Stati africani, infatti, l’assunto al centro dei rapporti col Cremlino era che questo potesse essere la miglior alternativa all’egemonia occidentale, garantendo protezione e supporto, tesi oggi messa fortemente in discussione dalla caduta di Assad. 

La strategia di influenza vede nei corpi militari, nell’importazione di armi e nella costruzione di infrastrutture dedite alla logistica e allo spostamento di mezzi e uomini le principali attività. 

Un esempio, oltre alle già citate operazioni della Wagner è l’ampliamento, ancora in via di sviluppo, della base operativa di questa – oggi nota anche come Africa Corps – in Mali, più precisamente a Bamako, presso il Bamako’s Mobido Keita International Airport.

Oggi, l’instabilità regionale vede i suoi picchi nelle continue azioni di guerriglia tra JNIM e Volontari per la Difesa della Patria in Burkina Faso ed in Mali, negli scontri a fuoco tra Tuareg JNIM contro Africa Corps e le truppe maliane del FAMa e in Niger, dove IS-Sahel e forze nazionali continuano a combattersi senza sosta, coinvolgendo in misura sempre maggiore i centri urbani e la popolazione civile, producendo così migrazioni forzate e sfollati e creando così i presupposti per una potenziale nuova ondata di migranti nell’Europa meridionale come strategia di minaccia ibrida e di contro-diplomazia. 

Lo schema dell’avanzata di Mosca in Africa si concretizza anche attraverso la coincidenza tra basi militari russe in Mali e Burkina Faso e punti di snodo delle principali rotte migratorie, che veicolano i flussi verso il Nordafrica, segnalando la possibile attività russa dietro alla gestione del traffico e dello spostamento di esseri umani e sottolineando i legami tra organizzazioni criminali africane e Africa Corps.

Le migrazioni provenienti dall’Africa subsahariana e dal Sahel vivono oggi un andamento circolare e multipolare: l’instabilità attira ingerenze esterne, che causano instabilità, la quale coinvolge attori non statali per il rovesciamento dello status quo nazionale. Le fratture interne, causate o peggiorate dal coinvolgimento – più o meno celato – di attori terzi, sfoceranno in conflitti armati e violenze, aumentando la necessità, e la domanda, di armi e chiamando così in causa ulteriori entità esterne. Il prolungarsi di violenze ed episodi di guerra e guerriglia produce sfollati, richiedenti asilo e popolazioni in fuga: questi, attirano l’attenzione dei trafficanti di esseri umani, delle organizzazioni criminali e delle cellule jihadiste, le quali tentano di reclutare tra i più giovani. L’instabilità cronica alla base delle migrazioni provoca, in aggiunta, una geopolitica fratricida tra l’area subsahariana ed il Nordafrica, in un clima sociale e politico di non tolleranza e non accoglienza. 

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La ricerca di alternative nello scacchiere africano e mediorientale

Il Cremlino deve ora valutare come procedere, considerando alternative attraverso le quali coordinare le proprie attività in Africa, tra un ulteriore ampliamento della propria base nel Mali e la possibilità di un avamposto navale sul Mar Rosso, previsto da un accordo tra Russia e Sudan del 2017.

Anche rete russa in Libia rappresenta oggi una valida alternativa al fronte siriano: ristrutturando le piste della base aerea russa per consentire agli aerei cargo Il-76 di atterrare nel Paese ed ottenendo i diritti di attracco permanenti al porto di Tobruk in cambio di miglioramenti infrastrutturali, la Russia ha implementato la propria presenza nel paese Nordafricano nell’intero arco biennale 2023/24, continuando ad incrementare la cooperazione con il comandante dell’Esercito nazionale libico di Tobruk, Khalifa Haftar, che controlla la parte orientale e meridionale del Paese. 

Per quanto concerne l’asse Tunisi-Mosca, congiuntamente ai nuovi accordi sulle importazioni di grano russo, la cooperazione russo-tunisina vede lo sviluppo di progetti spaziali, digitali tecnologici ed energetici; in aggiunta a questi, l’incremento delle attività di Casa Russia a Tunisi segna il rafforzamento della cooperazione culturale tra i due Paesi: l’attività del centro culturale russo, precedentemente motore dei soli corsi di lingua, ha oggi esteso le sue attività, con particolare attenzione alle iniziative nelle scuole tunisine.

L’attesa degli sviluppi siriani, tra pericoli ed opportunità

Nell’attesa degli sviluppi in Siria ed a seguito della fuga di Assad, sia l’Europa che la Nato vedono un’opportunità per limitare la rete russa all’estero e, soprattutto, sul Mediterraneo. 

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Stati Uniti, Europa, ma anche Turchia ed Iran: tutti in cerca di dialogo con la nuova amministrazione siriana guidata da Abu Mohammad al-Jolani, sovrappongono interessi interregionali e globali, con la possibilità che il dialogo con Russia ed Iran venga utilizzato come leva contrattuale per futuri colloqui con l’Occidente e viceversa.

La mancata difesa di Assad, rifugiatosi a Mosca, rischia di causare, agli occhi dei Paesi africani e dei loro leader, un effetto domino sulla credibilità della Russia come potenza egemone antioccidentale 

La ricerca di alternative per la conservazione della presenza russa in Medio Oriente ed in Africa dovrà necessariamente rispondere ad una duplice esigenza: la ricerca di valide alternative ed il recupero del proprio prestigio nel Continente africano attraverso un riorientamento strategico verso il Nordafrica ed un aumento della pressione tramite operazioni per procura nel Sahel e sull’area subsahariana.  Non sono dunque da escludere possibili ulteriori ingerenze, dirette o indirette, del Cremlino sulle dinamiche sociali, politiche e migratorie africane, così come sulla della diplomazia energetica e tecnologica tra Nordafrica ed Europa, asset fondamentale per la bussola strategica di Bruxelles, nonché per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, che dal 1° gennaio 2025, dopo 50 anni, non potrà più usufruire del gas russo di passaggio dall’Ucraina. 

In attesa degli sviluppi politici interni e delle conseguenze geopolitiche e migratorie, in un’ottica di prevenzione, l’Europa e l’Italia dovranno cercare di adattarsi agli sviluppi, prevedendo le prossime evoluzioni e pianificando risposte e contromisure adeguate, nell’ottica di preservare, ancora una volta, la stabilità del Mediterraneo e dei suoi vicini. 





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