Riceviamo e pubblichiamo volentieri il contributo di un nostro lettore, Gianmarco Proietti, sui i risultati dell’indagine Piacc dell’Ocse sulle competenze degli adulti.
In Italia, il 10 dicembre 2024, Giornata Internazionale per i Diritti Umani, venivano pubblicati i risultati dell’indagine Piacc dell’Ocse sulle competenze degli adulti[1] evidenziando una situazione sconcertante.
Oltre un terzo degli adulti in Italia è in una condizione di analfabetismo funzionale e quasi la metà ha grosse difficoltà nel ‘problem solving’. In generale, l’indagine Piacc dell’Ocse sulle competenze degli adulti vede l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati, con un aumento soprattutto delle persone con ridotte competenze necessarie alla comprensione di un testo scritto e ad articolare un ragionamento scientifico anche semplice.
In Italia per usare i termini del rapporto Ocse, gli adulti che si attestano al Livello 1 (25% del campione in Italia) riescono a capire solo testi brevi ed elenchi organizzati quando le informazioni sono chiaramente indicate. Al di sotto del Livello 1 (10%) possono al massimo capire frasi brevi e semplici.
Anche in matematica nell’indagine 2023, il 35% degli adulti italiani (media Ocse 25%) ha ottenuto punteggi pari o inferiore al Livello 1. Il 24% degli Italiani (liv 1) tra i 25 e i 64 anni, è in grado di fare solo calcoli di base e trovare singole informazioni in tabelle o grafici, ma è in difficoltà con compiti che richiedono più passaggi (ad esempio risolvere una proporzione). Al di sotto di questo livello, l’11% degli italiani adulti può solo sommare e sottrarre piccoli numeri. Dunque, il 35% degli Italiani, dai 25 ai 60 anni, può essere definito “analfabeta funzionale”.
Il Programme for the International Assesment of Adult Competencies – giunto al Secondo Ciclo, svolto nel 2023, dopo il primo step del 2012 – sottolinea come le competenze siano “fondamentali per partecipare con successo all’economia e alla società odierna” e tanto più necessarie di fronte alla rapida evoluzione tecnologica, alle sfide della transizione energetica e dell’invecchiamento demografico. Gli adulti con le competenze più alte “riescono a gestire meglio le complessità della vita contemporanea”, a orientarsi nella massa delle informazioni e “contribuiscono al raggiungimento di decisioni e politiche più consapevoli”.
Molti adulti con ridotte competenze, invece, ‘si sentono esclusi dai processi politici e non hanno le competenze necessarie per interagire con informazioni complesse in ambiti digitali, il che rappresenta una preoccupazione crescente per le democrazie moderne‘.
Se si confrontano i risultati attuali con quelli del 2012, si scopre che la situazione non è peggiorata ma è drammaticamente stazionaria: più del 60 percento degli italiani non superava allora e non supera oggi il livello 2, quella soglia minima di competenze per orientarsi nella vita quotidiana di una società contemporanea.
L’analfabeta funzionale non sa interpretare un testo, non riesce a capire un discorso complesso, non ha alcuna dimestichezza con implicazioni logiche più o meno complesse. L’analfabeta funzionale è uno di noi: è il vicino o la vicina di casa e, poiché il 62,7% degli italiani tra i 25 e i 64 anni di età ha almeno un titolo di studio di scuola secondaria (contro il 79,3% della media Ue, l’84,8% della Germania e l’82,2% della Francia), è legittimo ipotizzare che sia l’impiegato in comune, il responsabile della ditta che ha effettuato i lavori, il poliziotto, la carabiniera, l’ufficiale dell’esercito, il sacerdote, o anche, senza scandalizzare, l’insegnante del liceo.
La situazione è pericolosa per diversi motivi: mentre un analfabeta è consapevole di non saper leggere, scrivere e far di conto, un analfabeta funzionale non è consapevole affatto di non saper comprendere un testo o un’argomentazione matematica ma non lesina commenti, non è consapevole di tutte le implicazioni possibili dell’uso delle tecnologie ma le usa con spudoratezza e non sa valutare con oggettività le ripercussioni economiche e sociali di una scelta politica ma prende posizione spesso con arrogante energia.
Gli adolescenti e le adolescenti, dunque, si trovano da soli, senza adulti competenti di riferimento. È una situazione storica che non ha molti riferimenti nel passato: le nuove generazioni sono più “esperte” degli adulti che non riescono ad essere più buoni maestri.
Affermazione consolidata dai risultati dell’indagine, secondo i quali man mano che l’età aumenta, aumenta il numero di uomini e donne che non supera il livello 2 di competenze.
Un dato che invita anche ad una considerazione assolutamente controtendenza rispetto ad una opinione diffusa che vede le nuove generazioni disinteressate e conseguentemente incompetenti. Infatti l’indagine si occupa degli adulti fino a 65 anni, uomini e donne che hanno frequentato la scuola primaria anche 59 anni fa e hanno concluso gli studi, se diplomati con regolarità, 47 anni fa. Occorre anche considerare che le competenze, proprio per la loro definizione, non sono stabili, ma con il tempo si perdono se non esercitate. Questa considerazione sta proprio alla base dell’analisi di un problema molto serio di impostazione e organizzazione della scuola secondaria di primo e di secondo grado come pure dell’Università.
Se infatti si confrontano i risultati di altre prove di rilevazione (Invalsi, Iea), nel lungo percorso scolastico, con i risultati dell’analisi PIACC OCSE; si evidenzia come le generazioni più giovani siano più competenti di quelle più adulte. Un dato significativo che dovrebbe indurre una valutazione più mirata sul sistema scolastico italiano. La scuola primaria, infatti, attraverso una didattica per competenze efficace e una seria valutazione educativa, come pure una formazione articolata e complessa delle insegnanti e degli insegnanti lunga cinque anni e articolata tra lezioni teoriche e tirocini, sia una scuola eccellente a confronto con i tanti paesi europei, nonostante i diversi e scientificamente infondati tentativi di riportarla ad una scuola delle discipline con voti e diari.[2]
Il gap di competenze, infatti, inizia con le scuole secondarie, scuole fondate ancora su una didattica puramente trasmissiva per conoscenze disciplinari difficilmente interconnesse.
La tendenza a criticare tutta la scuola italiana attuale contrapponendola ad una quasi mitica “scuola di una volta” (nessuna definizione è ugualmente opaca) è così evidentemente decostruita dai risultati dell’indagine.
La questione dell’accesso alla cultura è assai complessa. I risultati infatti, suggeriscono che nella scuola sarà necessario un diverso coinvolgimento delle famiglie, non certamente per comunicare punteggi o provvedimenti, bensì per condividere percorsi educativi e formativi, proprio perché un processo di formazione delle competenze non può prescindere da un intervento nel contesto in cui lo studente e la studentessa vivono. Le nuove tecnologie devono essere usate in tutte le loro potenzialità per poter essere strumenti per l’apprendimento migliorando e ottimizzando il lavoro di ricerca e di elaborazione dei saperi. Infine la scuola secondaria e l’Università devono ripensarsi avendo come obiettivo la massima inclusione: sono proprio i risultati dell’indagine OCSE che testimoniano come i paesi che riescono a portare avanti tutti, sono anche quelli più virtuosi: la qualità non è affatto nemica della quantità.
Occorre, dunque avere il coraggio di ripensare radicalmente la scuola secondaria per un futuro in cui gli adulti potranno muoversi in una società in cambiamento.
[1] OECD (2024), Do Adults Have the Skills They Need to Thrive in a Changing World?: Survey of Adult Skills 2023, OECD Skills Studies, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/b263dc5d-en.
[2] Camera dei Deputati 1830 – disegno di legge approvato dal senato della repubblica il 17 aprile 2024 (v. stampato senato n. 924-bis) risultante dallo stralcio, disposto dal presidente del senato, di sensi de ‘articolo 126-bis del regolamento, dell’art. 3 del disegno di legge n. 924 presentato dal ministro dell’istruzione e del merito (Valditara) https://documenti.camera.it/leg19/pdl/pdf/leg.19.pdl.camera.1830.19pdl0087610.pdf
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