Sentenza del 07/01/2025 n. 166 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 5
Intitolazione: Accertamento con adesione – Annualità successive
Massima:
Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate accetti a determinate condizioni, in relazione a una specifica annualità, una lettura dei fatti ai fini dell’ accertamento con adesione, ciò non comporta alcun legittimo affidamento del contribuente per gli accertamenti tributari non compresi nell’accordo. Quindi l’Amministrazione può avere una considerazione diversa degli stessi elementi in fase di verifica di periodi d’imposta successivi per il fatto che l’adesione è uno strumento transattivo avente anche la specifica finalità di ridurre il contenzioso e i tempi dell’accertamento, con ricadute beneficiali per il contribuente. Pertanto, il fatto che l’Agenzia delle Entrate stipuli a determinate condizioni con un contribuente, in relazione ad una specifica annualità, un accertamento con adesione, strumento in senso lato transattivo che ha pure la specifica finalità di ridurre il contenzioso ed i tempi dell’accertamento tributario, con ricadute beneficiali per il contribuente, non importa alcun legittimo affidamento del contribuente in relazione ad accertamenti tributari non compresi nell’accordo, e non comporta alcun vincolo per l’Amministrazione finanziaria con riferimento agli accertamenti tributari relativi a diversi anni d’imposta.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Testo:
Svolgimento del processo
- A seguito di verifiche eseguite dalla Guardia di Finanza in relazione a più anni d’imposta e concluse con la consegna di Processo Verbale di Costatazione, l’Agenzia delle Entrate notificava alla A.A. Spa, esercente l’attività di costruzione e commercializzazione di cassoni per veicoli industriali e commerciali, l’avviso di accertamento n. (——), avente ad oggetto la pretesa di pagamento di maggiori tributi Ires, Iva ed Irap, oltre accessori, con riferimento all’anno 2007, in conseguenza del disconoscimento della deducibilità di alcuni costi. Per quanto ancora di interesse, l’Amministrazione finanziaria contestava la deducibilità degli oneri sostenuti in conseguenza della sottoscrizione di strumenti finanziari derivati, in particolare si trattava di contratti di Interest Rate Swap (controric., p. 5 s.).
- La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia contestando, tra l’altro, che in relazione al precedente anno 2003 l’Agenzia delle Entrate aveva concordato con la contribuente un accertamento con adesione riconoscendo l’inerenza dei costi derivanti dai contratti di swap, mentre ora la negava, con riferimento ai medesimi contratti, in relazione all’anno 2007. Nella prospettazione della società, in ogni caso, gli stipulati contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati avevano finalità di copertura, e gli oneri sopportati erano perciò senz’altro deducibili. La CTP riteneva fondate le difese proposte dalla contribuente ed annullava l’avviso di accertamento.
- Avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado spiegava appello l’Amministrazione finanziaria innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, che confermava la decisione della CTP, e pertanto l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato.
- Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione pronunciata dalla CTR dell’Umbria, l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso la contribuente, che ha pure proposto ricorso incidentale condizionato, affidandosi a cinque strumenti di impugnazione, ed ha poi depositato memoria.
4.1. Il Pubblico Ministero, nella persona del S. Procuratore Generale Aldo Ceniccola, ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, ed ha domandato accogliersi il ricorso principale e respingersi il ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la nullità della decisione adottata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione degli artt. 115e 132 , secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché il giudice di appello non ha espresso una propria motivazione della decisione adottata, che “si compendia in affermazioni apodittiche e spesso prive di supporto argomentativo” (ric., p. 9).
- Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate censura la violazione degli artt. 109e 112 del D.P.R. n. 917 del 1986(Tuir), e dell’ art. 2697 cod. civ., in cui e incorso il giudice del gravame per non aver rilevato che, con riferimento agli enti non creditizi, la deducibilità dei costi conseguenti all’acquisto di titoli derivati rimane comunque subordinata alla prova dell’inerenza, che non è stata fornita dalla società, e comunque detta inerenza non sussisteva.
- Con il suo primo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’ art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la società critica la nullità della decisione del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 446 del 1992, e dell’ art. 132 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciare sulla specifica questione sottopostale in relazione all’intervenuta violazione del legittimo affidamento della contribuente, cui l’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto, in sede di accertamento con adesione relativo all’anno 2003, l’inerenza dei costi sostenuti per i medesimi contratti di swap che interessano il presente giudizio.
- Mediante il secondo strumento di impugnazione incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la società lamenta, in subordine, la violazione dell’ art. 10 della legge n. 212 del 2000(c.d. Statuto del contribuente), e degli artt. 3 , 53 e 97 della Costituzione, per non avere la CTR rilevato la violazione del legittimo affidamento della contribuente, cui l’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto, in sede di accertamento con adesione relativo all’anno 2003, l’inerenza dei costi sostenuti per i medesimi contratti di swap che interessano il presente giudizio.
- Con il terzo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’ art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la società contesta, in via subordinata, la nullità della sentenza del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione degli artt. 112e 132 , secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché dell’ art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992 , per non essersi la CTR pronunciata circa la censura di violazione del legittimo affidamento della contribuente, cui l’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto, in sede di accertamento con adesione relativo all’anno 2003, l’inerenza dei costi sostenuti per i medesimi contratti di swap che interessano il presente giudizio, proposta ai sensi dell’ art. 110 , comma 8, del D.P.R. n. 917 del 1986 (Tuir).
- Mediante il quarto strumento di impugnazione incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’ art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la società censura, in via subordinata, la nullità della sentenza del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione dell’ art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992e dell’ art. 132 cod. proc. civ., per non avere la CTR esposto, neppure in misura succinta, le “ragioni in fatto e in diritto per le quali avrebbe respinto” la contestazione secondo cui risulterebbe integrata la “violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato” (controric., p. 64), in conseguenza dell’omessa pronuncia circa la violazione del comma 8 dell’ art. 110 Tuir , con riferimento alle censure esposte nel precedente mezzo di impugnazione.
- Con il quinto motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e dell’ art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la società critica, in via subordinata, la violazione dell’ art. 110 , comma 8, del Tuir, disposizione la quale prevede che l’Amministrazione finanziaria deve tener conto delle rettifiche operate in relazione ad un anno d’imposta negli anni successivi.
La società afferma quindi, sempre in subordine, la necessità di rinviare al giudice del merito in conseguenza dello ius superveniens favorevole alla contribuente in materia di sanzioni, per effetto del disposto di cui all’art. 15 del D.Lgs. n. 158 del 2015 e norme collegate (controric., p. 65).
- La controricorrente ha insistentemente affermato l’inammissibilità del ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria, che, nella sua prospettazione, proporrebbe una pluralità di censure confuse ed eterogenee con il primo motivo di ricorso, e domanderebbe una inammissibile rinnovazione della valutazione dei fatti di causa in sede di giudizio di legittimità con il secondo strumento d’impugnazione.
8.1. Invero, con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la decisione assunta dalla CTR per essersi espressa con una motivazione che “si compendia in affermazioni apodittiche e spesso prive di supporto argomentativo” (ric., p. 9), ed esemplifica esponendo alcune questioni oggetto di causa che ritiene il giudice dell’appello non abbia esaminato, ed altre in cui reputa il giudice del gravame abbia trascurato o frainteso gli argomenti che aveva proposto. Non si rinvengono ragioni di inammissibilità del motivo di ricorso, né si riscontra una confusa eterogeneità di censure.
Mediante il secondo strumento di impugnazione l’Amministrazione finanziaria contesta l’erronea valutazione espressa dal giudice dell’appello, che non ha tenuto conto della previsione legale la quale richiede la dimostrazione dell’inerenza dei costi ai fini della loro deducibilità da parte del contribuente. Si tratta di una critica effettivamente riconducibile alla invocata violazione di legge.
La censura di inammissibilità del ricorso risulta pertanto infondata.
Può quindi osservarsi che le contestazioni proposte dall’Amministrazione finanziaria presentano profili di connessione, e possono essere trattate congiuntamente per ragioni di sintesi e di chiarezza espositiva.
- La CTR innanzitutto ricostruisce, correttamente e con chiarezza, i caratteri dei contratti di interest rate swap stipulati dalla contribuente. Quindi ricorda che la società aveva lamentato la violazione del proprio legittimo affidamento, essendo l’Amministrazione finanziaria addivenuta alla stipula di un accertamento con adesione, in relazione all’anno 2003, nel quale l’Ente impositore aveva riconosciuto l’inerenza dei costi derivanti dai contratti di swap, che ora invece negava in relazione all’anno 2007. La CTR ritiene peraltro di poter ‘superare’ quest’ultima questione perché “il comma 5 dell’art. 109 (Tuir) stabilisce un concetto evidentemente relativo e il sindacato sul punto dovrebbe essere centrato sulla eventuale fiscalità extra-imprenditoriale delle spese e degli altri componenti negativi, finalità che non viene in contestazione … l’inerenza deve intercorrere tra i componenti negativi e le attività da cui derivano (o possono derivare) componenti positivi tassati e non tra componenti negativi e positivi tassati; peraltro, fatto oggettivo e non contestato dall’Ufficio, gli stessi contratti oggetto del contenzioso, nelle annualità precedenti hanno generato differenziali positivi assoggettati a tassazione… il legislatore fiscale ha espressamente stabilito dei limiti di deducibilità delle operazioni in commento, così riconoscendo l’inerenza delle stesse laddove sottoscritte in regime d’impresa” (sent. CTR, p. 5 s.).
9.1. Tanto premesso, occorre rilevare che la motivazione adottata dalla CTR non appare agevolmente intellegibile, ma sembra corretto desumere che nella valutazione espressa dal giudice dell’appello sarebbe stato lo stesso legislatore a riconoscere l’inerenza dei costi dipendenti da operazioni in titoli derivati, anche quando poste in essere da enti non creditizi, salvo che l’Amministrazione finanziaria dimostri che le stesse abbiano avuto carattere speculativo, ma in questo giudizio l’Agenzia delle Entrate neppure avrebbe contestato questa circostanza.
La tesi del giudice del gravame non risulta persuasiva.
9.2. Deve in proposito tenersi conto, innanzitutto, delle efficaci repliche proposte dell’Amministrazione finanziaria, la quale ha evidenziato di aver ripetutamente criticato la natura speculativa delle operazioni in titoli derivati concluse dalla società, censura del resto già contenuta nel PVC e nell’avviso di accertamento.
Tanto premesso, in sostanza la CTR ritiene, in generale, che il giudizio di inerenza con l’attività d’impresa delle operazioni finanziarie su titoli derivati, anche quando concluse da enti non creditizi, sarebbe stato già positivamente espresso dallo stesso legislatore. Inoltre, non correttamente, reputa che l’Amministrazione finanziaria neppure avrebbe contestato le finalità speculative perseguite dalla società nello stipulare i contratti di swap, e comunque l’Agenzia delle Entrate non avrebbe assicurato prova del ricorrere della circostanza. Gli argomenti proposti dal giudice dell’appello non appaiono condivisibili.
La A.A. Spa, società non operante nel settore creditizio ed anzi dedita all’attività di costruzione e commercializzazione di cassoni per veicoli industriali e commerciali, sostiene di aver diritto alla deduzione di costi relativi agli oneri sostenuti in conseguenza di contratti di swap stipulati con finalità di copertura, e pertanto gli oneri sopportati dovrebbero ritenersi inerenti. Poiché è la società che afferma la deducibilità dei costi, ad essa compete dimostrare di possedere i requisiti per conseguirla. La questione non è quindi se l’Agenzia delle Entrate abbia provato la natura speculativa dei contratti di swap, come mostra di ritenere necessario il giudice dell’appello, bensì verificare se la società abbia provato che i contratti di swap sono stati stipulati con finalità di copertura (e non speculative).
Invero la modifica dell’art. 112 del Tuir , attuata per effetto dell’ art. 11 , comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 38 del 2005 , non ha comportato la disapplicazione dei criteri generali previsti dall’ art. 109 del Tuir , e da tanto discende che i contratti di swap (tra l’altro) stipulati da enti non creditizi importano la deducibilità degli interessi passivi sol quando le operazioni finanziarie siano state poste in essere con finalità di copertura del rischio, e sempre che sia rispettato il principio dell’inerenza rispetto all’oggetto dell’impresa.
9.2.1. Sembra opportuno ricordare che i principi contabili nazionali OIC 19 (par. C. VII) e 32, unitamente alle determinazioni di Banca d’Italia (166/1992, par. 5.9) e Consob (26.2.99), pongono una stretta correlazione finalistica e contabile tra operazioni a rischio e strumenti finanziari di copertura del rischio medesimo. Pertanto, affinché un’operazione possa essere qualificata di copertura, devono essere verificati i seguenti requisiti: i) intento reso palese di realizzare la copertura; ii) correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie dello strumento di copertura (scadenze, tassi, etc.) e le corrispondenti caratteristiche delle passività coperte; iii) dimostrabilità delle due condizioni precedenti sulla base di documenti che le comprovino (es. delibere CdA; nota integrativa bilancio; relazioni sindaci, revisori etc.; scritture di collegamento; collegamenti negoziali; presupposizioni …).
Gli strumenti che non siano obiettivamente classificabili come “di copertura” sulla base dei ridetti principi regolativi devono essere considerati come “di negoziazione”, ovverosia “derivati speculativi”. L’indagine sugli Interest rate swap in questo senso manca nella sentenza d’appello.
9.2.2. Merita ancora di essere ricordato in proposito, anche per evidenziare l’infondatezza delle tesi esposte dalla controricorrente (controric., p. 40 ss.), come questa Corte di legittimità abbia già avuto occasione di chiarire, in generale, che “in tema di deducibilità dei costi ai fini fiscali, devono essere esclusi dai componenti negativi del reddito d’impresa gli accantonamenti per la copertura del rischio inerente il contratto di “interest rate swap”, quando la società non operi nel settore creditizio o finanziario, in ragione dell’insussistenza del requisito dell’inerenza del costo che non può essere correlato alla mera idoneità dell’operazione a produrre reddito, dovendo essere riferibile all’oggetto dell’attività di impresa.(Nella specie, la S.C. ha affermato il principio rispetto ad una società avente ad oggetto la produzione ed il commercio di metalli, acciaio e prodotti siderurgici)”,
Cass. Sez. V, 23.5.2018, n. 12738 ; e non si è mancato di specificare che “in tema di deducibilità degli accantonamenti per la copertura del rischio inerente ad operazioni su derivati, la società non operante nel settore creditizio o finanziario che invochi l’applicazione dell’ art. 112 del D.P.R. n. 917 del 1986 ha l’onere di allegare e di provare che la finalità del contratto di “interest rate swap” è di coprire operazioni che attengono all’esercizio dell’attività imprenditoriale, atteso che l’inerenza sussiste non ogni qual volta la componente negativa sia riferibile a una qualsiasi operazione idonea a produrre reddito, bensì in relazione all’oggetto dell’impresa”, Cass. Sez. V, 15.1.2020, n. 559 ; confermandosi quindi che “in tema di redditi d’impresa, il requisito dell’inerenza dei costi deducibili attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione di detti costi non ai ricavi in sé, bensì all’attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso tale requisito non avendo la società contribuente provato la correlazione esistente tra la perdita derivante dalla stipulazione di un contratto di “interest rate swap” e la finalità di copertura di operazioni attinenti all’attività d’impresa)”, Cass. Sez. V, 17.1.2020, n. 902 .
Erra pertanto la CTR nella ripartizione dell’onere probatorio, e le critiche proposte dall’Amministrazione finanziaria risultano fondate.
- Con i suoi motivi di ricorso incidentale condizionato, la società contesta la impugnata decisione della CTR, in relazione ai profili della nullità della pronuncia e della violazione di legge, per non avere il giudice del gravame riconosciuto l’intervenuta violazione del legittimo affidamento della contribuente, cui l’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto, in sede di accertamento con adesione relativo all’anno 2003, l’inerenza dei costi sostenuti per i medesimi contratti di swap che interessano il presente giudizio, traendone le debite conseguenze.
I motivi di impugnazione presentano ragioni di connessione, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di chiarezza e sintesi espositiva.
10.1. Occorre premettere che effettivamente non si rinviene una pronuncia della CTR in materia di violazione del legittimo affidamento del contribuente, questione sulla quale aveva già pronunciato il giudice di primo grado e che il giudice dell’appello mostra di avere ben presente, ma che ritiene di poter ‘superare’ in conseguenza dell’accoglimento di diversa doglianza. Occorre in proposito osservare come questa Corte regolatrice abbia già avuto modo di statuire che “nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto”, Cass. Sez. V, 28.10.2015, n. 21968 (conf. Cass. Sez. VI – III, 8.10.2014, n. 21257).
Nel caso di specie la valutazione richiesta dalla parte pone una questione di puro diritto, che non richiede ulteriori accertamenti di fatto, pertanto questa Corte di legittimità è chiamata a pronunciarsi sul punto.
10.2. Può anche prescindersi dal generale principio di autonomia dell’accertamento tributario relativo a ciascun anno d’imposta e dai rilievi dell’Amministrazione finanziaria circa la stipula dell’accertamento con adesione con la società da parte di una propria diversa articolazione, che non vincolerebbe quella responsabile dell’atto impositivo oggi in esame, e pure dal fatto che le operazioni su titoli finanziari derivati siano state diversamente contabilizzate dalla società nell’anno 2003 e nell’anno 2007.
Invero il fatto che l’Agenzia delle Entrate stipuli a determinate condizioni con un contribuente, in relazione ad una specifica annualità, un accertamento con adesione, strumento in senso lato transattivo che ha pure la specifica finalità di ridurre il contenzioso ed i tempi dell’accertamento tributario, con ricadute beneficiali per il contribuente, non importa alcun legittimo affidamento del contribuente in relazione ad accertamenti tributari non compresi nell’accordo, e non comporta alcun vincolo per l’Amministrazione finanziaria con riferimento agli accertamenti tributari relativi a diversi anni d’imposta.
I motivi di ricorso incidentale proposti dalla contribuente sono quindi infondati, e devono essere respinti.
- In definitiva il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate deve essere accolto, mentre deve essere rigettato il ricorso incidentale, cassandosi la decisione impugnata in relazione al ricorso accolto con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria perché proceda a nuovo giudizio.
- Deve ancora aggiungersi che la controricorrente ha domandato anch’essa, in via subordinata, di rinviare la causa al giudice del merito, in conseguenza dello ius superveniens favorevole alla contribuente in materia di sanzioni, per effetto del disposto di cui all’art. 15 del D.Lgs. n. 158 del 2015e norme collegate.
12.1. Invero la revisione del sistema sanzionatorio invocata dalla società, di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015 , non ha previsto una generalizzata riduzione delle sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che risulta in parte favorevole per il contribuente.
Lo ius superveniens risulta peraltro vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr.Cass. Sez. V, 30.3.2021, n. 8716 ), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sul se debba applicarsi al contribuente una disciplina sanzionatoria più favorevole, anche in considerazione delle ulteriori normative sopravvenute segnalate dalla controricorrente in memoria ( D.Lgs. n. 87 del 2024 , art. 5 ). La richiesta proposta dalla società, nei termini esposti, deve pertanto essere accolta.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, rigettato il ricorso incidentale introdotto dalla A.A. Spa, cassa la decisione impugnata con riferimento al ricorso principale accolto e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio e provveda anche a regolare le spese processuali del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2025.
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