Antiracket Avellino: La lotta si intensifica

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 


Al Circolo della Stampa di Avellino, alla presenza dei comandanti provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, Domenico Albanese e Lorenzo Erre e, in rappresentanza della Questura di Avellino, il dottor Tony Cipriano, si è celebrata la prima Giornata Nazionale Antiracket, organizzata da SOS Impresa – Rete per la Legalità. Un appuntamento che non è solo memoria, ma un grido di battaglia, un richiamo alla responsabilità collettiva contro il racket, l’usura e il sovraindebitamento. Ma è anche un monito amaro: la paura e l’omertà continuano a strisciare, anche qui, in Irpinia. 

Libero Grassi: un esempio ineguagliato

È impossibile non partire dalla figura di Libero Grassi, imprenditore palermitano che il 10 gennaio 1991 pubblicò sul Giornale di Sicilia una lettera aperta indirizzata ai suoi estorsori, denunciando pubblicamente il pizzo. Un atto rivoluzionario che gli costò la vita: il 29 agosto dello stesso anno venne assassinato dalla mafia. La sua morte fu uno spartiacque nella lotta alla criminalità organizzata, dando vita al movimento antiracket.

Microcredito

per le aziende

 

Eppure, trent’anni dopo, quanto siamo lontani da quell’esempio? Libero Grassi affrontò a viso aperto il clan Madonia, uno dei più sanguinari di Cosa nostra, in un periodo in cui la mafia seminava terrore con stragi e omicidi eccellenti. E qui, in Irpinia? Qui, dove la camorra porta nomi come Cava, Pagnozzi, Genovese – fino ad arrivare al Nuovo Clan Partenio – dobbiamo forse accettare che commercianti e imprenditori abbiano ancora paura di denunciare?

“Il racket è presente in Irpinia con innumerevoli sfaccettature. Un esempio significativo è il racket delle aste, fenomeno venuto a galla approfonditamente nel corso del processo denominato Aste OK”, afferma Domenico Capossela, Presidente SoS Impresa Avellino. “In questo contesto, un ruolo fondamentale è svolto dalle associazioni nate dopo la tragica morte di Libero Grassi. La sua denuncia ha dato impulso, per fortuna, alla nascita di numerose realtà associative. È proprio grazie alla solidarietà e alla forza dell’unione che si possono contrastare la delinquenza, la Camorra e la mafia, fenomeni profondamente radicati nel territorio. Le difficoltà che incontra un’associazione impegnata nella lotta contro il racket sono molteplici. Purtroppo, le aziende vittime di questi atti criminali spesso non denunciano, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nello Stato. Il compito principale delle associazioni è proprio quello di incoraggiare le vittime a denunciare, poiché l’unica vera salvezza risiede nella denuncia e nella collaborazione con le forze dell’ordine”.

Camorra irpina: l’ombra di un potere tarocco

Parliamoci chiaro: la camorra in Irpinia non è la cupola mafiosa siciliana degli anni ‘90. Il Nuovo Clan Partenio, con le sue intimidazioni da quattro soldi, è ben lontano dall’aura di potere criminale di Cosa nostra. Eppure, nonostante il Tribunale di Avellino – l’11 luglio 2023 – abbia condannato gli imputati a circa tre secoli di carcere, continua a sfruttare il silenzio e la paura. Ma quanto è ridicolo e imbarazzante che in una terra che dovrebbe vantare una cultura di onestà e dignità, ci sia ancora chi cede al ricatto? Quanto è umiliante che si debba ancora parlare di omertà quando uomini come Libero Grassi ci hanno insegnato che opporsi è non solo possibile, ma necessario?

“Ho dovuto affrontare gravi problemi familiari, e l’usura non si ferma davanti a nulla”, è stata la testimonianza di Franco Palladino, vittima del racket che ha trovato il coraggio di denunciare i suoi estorsori. “Ti deprime, ti getta in un’angoscia familiare e personale da cui sembra impossibile uscire. Per mia grande fortuna, grazie alla Prefettura di Avellino, ho avuto modo di conoscere l’associazione SOS, che mi ha seguito e sostenuto in tutto e per tutto. Dopo 15 anni di battaglie, sono riuscito a vincere: il mio usuraio è stato arrestato grazie all’intervento degli organi competenti – Prefettura, Questura e altre istituzioni. Ho ottenuto un risarcimento e sono riuscito, in qualche modo, a riprendere in mano la mia vita e il mio lavoro. Non è stato facile, però. Le cicatrici lasciate da questa esperienza sono profonde e difficili da rimarginare. Sono padre di quattro figli meravigliosi e, dopo essere uscito dall’incubo dell’usura, pensavo che tutto fosse finalmente finito. Invece, mi sono reso conto che le conseguenze continuavano a pesare, soprattutto sui miei figli, che ne avevano risentito enormemente. Uno di loro è ancora in cura con una psicologa di Avellino perché non si sente sicuro, porta il peso di quelle violenze indescrivibili che abbiamo subito. L’usuraio mandava persone a casa nostra a qualsiasi ora del giorno, anche mentre ero a tavola con i bambini piccoli. Pretendevano soldi, avanzavano richieste minacciose, incuranti della nostra disperazione. Per anni non abbiamo potuto permetterci nulla: niente feste, niente compleanni. Mia moglie, già debilitata, è stata costretta a letto e, alla fine, è venuta a mancare. Ho dovuto affrontare anche questa perdita, ma gli usurai non si fermavano, nemmeno davanti alla malattia di mia moglie. Dopo anni di sofferenze, mi sono ritrovato con nuovi problemi. Sono subentrati altri creditori, persone fisiche che, dopo 20 o 25 anni, avanzano pretese legate a debiti accumulati a causa dell’usura. Le famigerate aste giudiziarie hanno peggiorato la situazione. Proprio ieri, grazie all’avvocato Francesco Pugliese, che fa parte di SOS Imprese, ho ottenuto una sospensiva. Però, mi dicono sempre che i creditori hanno diritti – e questo lo capisco – ma anche noi vittime abbiamo diritti. È un continuo tsunami di problemi: appena se ne risolve uno, ne arriva un altro. Ho ricevuto un indennizzo dallo Stato, ma non posso usarlo per saldare i debiti o per ricominciare da zero. Mi sto arrangiando con il lavoro, ma è tutto estremamente difficile. Non capisco come sia possibile che una persona fisica, che vanta un credito di 23.000 o 24.000 euro, possa mettere all’asta la mia proprietà – valutata 650.000 euro – per soli 42.000 euro. Non si tratta solo di una proprietà: è la mia vita, il mio lavoro, il futuro della mia famiglia. Nel frattempo, continuo a lottare per ottenere supporto psicologico per i miei figli. Dopo anni di visite e di corse tra ASL e uffici, i documenti sono stati smarriti, e tutto è fermo da quattro anni. Mi chiedo come sia possibile che il creditore abbia diritti così rapidi e tangibili, mentre noi vittime dobbiamo affrontare un percorso infinito e ostacoli burocratici insormontabili. Ogni giorno è una lotta, dalle piccole alle grandi cose. Io sono protestato, la mia famiglia è in difficoltà. Viviamo con il minimo indispensabile, grazie al lavoro di mia sorella qui ad Avellino, ma non è abbastanza. Noi vittime di usura lottiamo ogni giorno per sopravvivere e cercare di ricostruire ciò che ci è stato tolto”.

La battaglia di SOS Impresa Avellino

L’evento di oggi è stato fortemente voluto da SOS Impresa Avellino, con il presidente Domenico Capossela in prima linea, per scuotere le coscienze. Il dibattito vede la partecipazione di personalità illustri come l’avvocato penalista Francesco Pugliese e la Caritas di Avellino. L’obiettivo è chiaro: sensibilizzare, informare, ma soprattutto incoraggiare alla denuncia. “Questo è un supporto fondamentale per le vittime e per le persone che si trovano in difficoltà”, aggiunge Costantino Del Gaudio. vicedirettore della Caritas di Avellino. “Oggi, infatti, è sempre più importante riconoscere la presenza di nuove forme di povertà, che non riguardano soltanto i bisogni primari, come il cibo o la casa, ma coinvolgono persone che, purtroppo, si trovano in condizioni di vulnerabilità spesso invisibili. Queste storie sono, ahimè, spesso sommerse, e le difficoltà di chi cade vittima di usura restano nascoste, rendendo ancora più arduo affrontare e risolvere tali problematiche. Noi, come Caritas, stiamo cercando di aprire quanti più centri di ascolto possibili. Questi centri non devono limitarsi a offrire sostegno ai “poveri classici” – per usare un’espressione semplificata – ma devono accogliere anche coloro che vivono queste nuove forme di povertà, che sono estremamente pesanti per la nostra realtà sociale. È cruciale creare sinergie e collaborazioni per colmare le mancanze che spesso si protraggono nel tempo per queste vittime. Purtroppo, chi si ritrova a rivolgersi a istituzioni tradizionali come banche o società di prestiti, ma non ha le capacità economiche per affrontare tali rapporti, rischia più facilmente di cadere vittima di usura. Ecco perché diventa fondamentale riuscire a intercettare queste storie e difficoltà prima che diventino insostenibili. Il nostro obiettivo è quello di fare rete e offrire consigli, consulenze e, dove possibile, piccoli o micro-prestiti per aiutare queste persone a ricominciare. La speranza è che si riesca a rimettere in gioco queste vite prima che cadano definitivamente nel vortice dell’usura, perché una volta superato quel limite, gestire la situazione diventa estremamente complicato”.

Tra i temi affrontati, il processo “Aste OK” ha messo in luce la struttura autonoma del clan legato alle aste giudiziarie, dimostrando che anche in Irpinia la criminalità organizzata si evolve. Ma è proprio per questo che la denuncia diventa cruciale: lasciare spazio all’illegalità significa alimentarla. 

“L’associazione gioca un ruolo fondamentale in questi momenti, ma lo Stato, per principio di solidarietà, si assume il compito principale di assistere la vittima di estorsione, racket o usura durante tutto il percorso”, chiarisce l’avvocato penalista Francesco Pugliese. “Questo supporto inizia con la presentazione della denuncia e la collaborazione fattiva con le forze dell’ordine. Successivamente, interviene l’associazione, che ha il compito di accompagnare il soggetto attraverso una struttura organizzativa specifica. In questo contesto, il supporto di figure professionali come psicologi, sociologi e avvocati diventa cruciale. Lo psicologo interviene per sostenere la vittima sul piano emotivo e psicologico, mentre il sociologo e l’avvocato aiutano a costruire un percorso più concreto e vicino alle esigenze della polizia giudiziaria o della magistratura. Tuttavia, denunciare comporta un costo significativo per la vittima, sia in termini economici e patrimoniali, sia in termini di vita sociale e affettiva. Un imprenditore o un libero professionista, ad esempio, potrebbe subire una perdita economica dovuta all’attività illegittima di chi lo ha estorto. Inoltre, l’esperienza lascia segni profondi nella vita relazionale e sociale della vittima. In questa delicata fase, l’associazione può offrire un contributo prezioso per perseguire gli obiettivi necessari a sostenere la vittima e ristabilire condizioni di normalità”.

L’avvocato Pugliese ha fatto il punto anche sul processo Aste OK: “Il processo ha concluso la prima fase: ad aprile 2024, il tribunale ha emesso un dispositivo, e la sentenza è stata depositata a luglio dello stesso anno. Tuttavia, la vicenda processuale non si è ancora definita completamente. Per alcune posizioni, il tribunale, con un’ordinanza articolata, ha rimesso gli atti alla Procura della Repubblica, il che potrebbe portare all’apertura di un nuovo procedimento con nuovi capi di imputazione e un ulteriore percorso giudiziario. Per i soggetti già condannati, la sentenza è efficace a tutti gli effetti. Non sono a conoscenza di eventuali ricorsi in appello rispetto a queste condanne, ma spetterà agli organi competenti svolgere le attività necessarie. Come associazione del territorio, ci siamo costituiti parte civile e abbiamo seguito da vicino il processo. Abbiamo constatato che anche in provincia di Avellino operava un’associazione che interferiva con la libertà del commercio e con la libera iniziativa economica privata. Questa agiva attraverso strategie tipiche delle organizzazioni mafiose, come è emerso durante il processo. In particolare, è stato accertato che due gruppi, tra la fine del 2018 e il 2019, hanno operato nel settore delle aste pubbliche ad Avellino, generando una situazione di soggezione per i debitori esecutati. Questi ultimi erano costretti a subire intimidazioni e pressioni, trovandosi senza vie d’uscita. Attualmente, la situazione giudiziaria non è ancora conclusa. Come già detto, il tribunale ha rimesso gli atti alla Procura della Repubblica, e si attendono eventuali ulteriori sviluppi giudiziari”.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Avellino ha il dovere di provare solo disprezzo per questi individui e per l’omertà che li sostiene

Il coraggio individuale deve essere il primo passo, ma non può bastare. La paura di denunciare è comprensibile, ma non più giustificabile. Ogni silenzio è una complicità, ogni mancata denuncia è un tradimento verso chi, come Libero Grassi, ha sacrificato tutto per combattere. E allora, è arrivato il momento di guardarsi allo specchio e chiedersi: che senso ha avere paura di questi camorristi da quattro soldi? Se Libero Grassi non si è piegato davanti ai Madonia, quale scusa possiamo addurre noi per continuare a tacere? La proposta di legge per l’istituzione ufficiale del 10 gennaio come Giornata Nazionale Antiracket è un passo importante, ma non sufficiente. Serve un cambio di mentalità, una rivoluzione culturale che parta dalle scuole, dalle famiglie, dai luoghi di lavoro. E serve, soprattutto, il coraggio di rompere il muro dell’omertà.

Oggi Avellino ha un’occasione unica per fare la differenza. La lotta al racket non è solo una questione di giustizia, ma di dignità. E la dignità, come ci ha insegnato Libero Grassi, non si compra, non si svende e non si piega davanti alla paura.

«Io non sono pazzo: non mi piace pagare. È una rinuncia alla mia dignità di imprenditore».



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese