“Città profanate e distrutte dai violenti delle manifestazioni di piazza? Ma quale città è stata profanata in Italia? Le città profanate sono Gaza, sono le città ucraine. Dai, non esageriamo, andando dietro all’andazzo dei tempi e al cattivo senso comune“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan, su Radio24, dal filosofo Massimo Cacciari, che si pronuncia sugli scontri tra polizia e manifestanti durante il corteo “Giustizia per Ramy”, rifilando scudisciate alla destra di governo tacciata di strumentalizzazione.
“I violenti vanno condannati e perseguiti normalmente – osserva Cacciari – ma senza tutta questa enfasi che ha il governo Meloni ogni volta che c’è una manifestazione in cui accadono comportamenti certamente gravi, ma neanche paragonabili a quelli degli anni ’70. Tutte le volte sembra che dobbiamo entrare in uno stato di guerra. E questo è un atteggiamento culturale contro la possibilità di manifestare e di protestare nei confronti di situazioni che in questo Paese stanno diventando di giorno in giorno più intollerabili – continua – È una linea politica: l’enfasi della punizione e dell’aggravamento delle pene si registra in tutti i settori dell’intervento del governo, dal demenziale Codice della strada ai provvedimenti sulla sicurezza“.
E aggiunge: “Queste forze politiche fanno strumentalizzazione in modo da accentuare le pene in tutti i campi. Ma è una cosa arcaica, anche dal punto di vista del diritto penale, perché gli studiosi del diritto penale di tutto il mondo sanno che col semplice aggravamento delle pene non si risolve alcunché. Certo, l’aumento delle pene obbedisce al senso comune, ma la politica non è seguire il senso comune ma guidarlo ed educarlo, altrimenti è solo demagogia. Tra l’altro, è scientificamente accertato che con l’aggravamento delle pene non fai alcuna politica di prevenzione del reato”.
Frecciata tagliente del filosofo anche alla sinistra, a proposito della necessità di governance globale e di redistribuzione della ricchezza prodotta dalla macchina: “Da sempre dico che la politica dovrebbe riuscire a redistribuire le ricchezze. Parlo ovviamente di una politica internazionale, mai come oggi la politica deve esserlo. Il problema della sinistra è che ha totalmente dimenticato questa dimensione. Ricordo che la sinistra nasce anche da un signore che diceva “Proletari di tutto il mondo, unitevi” (Karl Marx, ndr). Oggi tutto il mondo è scomparso. Non riescono neanche a mettersi d’accordo in Europa“.
E cita il suo saggio “Il lavoro dello spirito”: “La sinistra non deve demonizzare la tecnica ma affrontare il problema del lavoro in modo radicalmente diverso e più equo. È fondamentale un’alleanza tra la politica, che deve comprendere questo concetto, e il soggetto fondamentale dell’innovazione e dello sviluppo tecnico-scientifico, cioè gli scienziati e tutto l’apparato di gente che forma la cultura di questo mondo e di questo presente. Quindi – spiega – è essenziale un’alleanza tra due soggetti: quella politica che vuole più equità nella distribuzione della ricchezza, la pace sulla faccia della Terra e non massacri, guerre e politiche di egemonia, e tutti gli scienziati e i tecnici”.
Cacciari sottolinea: “Chi fa la scienza, l’innovazione e lo sviluppo non è certo Musk. Lui mette al proprio servizio i ricercatori e gli scienziati. Ebbene, la politica dovrebbe rivolgersi direttamente a loro. È difficilissimo ma non impossibile. Come diceva un filosofo antico, se tu non cerchi la vita dell’impossibile, non raggiungerai mai neanche ciò che è possibile“.
E torna sulle colpe della sinistra: “Non solo non rappresenta più la nuova classe operaia, che è fatta da tecnici, ricercatori, scienziati di tutto il mondo, non essendo riuscita a vedere questa trasformazione epocale del nuovo “proletariato”. Ma non rappresenta più neppure l’operaio di una volta, non riesce a difenderlo più neanche a livello sindacale. I nostri salari sono precipitati come valori d’acquisto rispetto a quelli di tutti gli altri paesi europei. E questo – conclude – è successo perché siamo voluti restare nel nostro orticello. Ci sono state certamente delle questioni oggettive, ma c’è stata anche una vera débâcle politica e culturale, perché la sinistra si è arresa a una certa narrazione neoliberista senza combattere“.
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