Le vere questioni dietro la querelle del terzo mandato

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La Campania è di nuovo questione nazionale. Ed è di nuovo materia di conflitto costituzionale. La modifica della legge elettorale, approvata dal Consiglio regionale per consentire il terzo e anche quarto mandato del Governatore De Luca, è stata legittimamente deferita alla Consulta dal Governo, che contesta la sua conformità alla legge n.165/2004 di attuazione dell’art. 122 della Costituzione. A novembre la Campania ha adottato la legge n. 16/2024, che modifica la legge regionale n. 4/2009 e si compone di un solo articolo che stabilisce che “non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta Regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”. La cosa non sarebbe così scandalosa. Siamo abituati da oltre venti anni all’uso e all’abuso delle leggi elettorali fatte ad hoc per garantire a chi ha la maggioranza la rielezione. Le leggi elettorali sono divenuti abiti costruiti addosso a chi ha il pallino in mano. Considerato il generale decadimento, dunque, la cosa poteva rientrare tra le non-notizie e anche avere la sordina. Invece è diventata il tormentone di queste festività e lo sarà per i prossimi mesi, perché la partita in realtà non si gioca sulla dignitosa e, a mio avviso, doverosa linea della interpretazione delle leggi. Il clamore della vicenda è strumentalmente creato dal Governatore campano, che la trasferisce sul piano politico, riducendo il tutto a un gioco di posizioni tra le parti. Il Presidente De Luca ha definito l’iniziativa del Governo “contra personam” richiamando il diverso atteggiamento dei governi rispetto ai precedenti della Regione Veneto, della Regione Emilia Romagna e delle Marche. Non tutti sanno però che le vicende non sono uguali e neppure analoghe. La Regione Campania è l’unica ad aver regolamentato la materia elettorale, all’indomani dell’approvazione della legge statale, votando la legge 4/2009, con la quale per la materia del divieto di terzo mandato, opera un esplicito rinvio alle “altre disposizioni statali o regionali anche di natura regolamentare, vigenti in materia” e, dunque, anche alla legge 165/2004, con la conseguenza della immediata efficacia del divieto di terzo mandato sin dal 2009. Dietro tutto questo si nascondono due trame molto più interessanti, che rimangono però sullo sfondo. In primo luogo c’è la questione partito. Il Pd, legge o non legge, ha già espresso chiaramente la propria contrarietà a un terzo mandato di De Luca e alla esigenza di rigenerazione del partito in Campania, dove, nonostante la guida regionale, il Pd non brilla da anni. Il vero contraltare del Governatore Campano è chiaramente Elly Schlein, detta Elena. La chiamata in causa della “Melona” serve a disinnescare le mine sul campo interno al Pd e a posizionarne alcune in area centrodestra. E nella trappola di questa strategia cade sicuramente la Lega. La seconda notizia importante oscurata è la legge regionale n. 17/24, approvata dal Consiglio della Campania a pochi giorni dalla legge 16. Si tratta di una modifica sempre alla legge regionale elettorale (n. 4/2009), con la quale la maggioranza elimina il limite del 65% del premio di maggioranza; abbassa la soglia di sbarramento al 2,5% per tutte le liste; riduce il numero di firme necessarie per la presentazione delle liste stesse; introduce un meccanismo di calcolo della quota elettorale a discapito delle piccole liste non in coalizione e a vantaggio delle liste avversarie; prevede la sospensione, a decorrere dalla prossima Legislatura, dalla funzione di Consigliere regionale, nel caso l’eletto venga nominato Assessore regionale e la ineleggibilità dei Sindaci, a prescindere dalla popolazione, nonché l’obbligo, in caso di candidatura alle elezioni regionali, di dimissioni di essi, tre mesi prima del termine della Legislatura. Nessuno si è chiesto perché le due modifiche alla stessa legge non siano state accorpate in un unico testo e si sia, invece, scelto di chiamare il consiglio regionale il 5 novembre per approvare la legge n. 16 e l’11 la n. 17. Una norma che ha più ombre che luci, che non è evidentemente un omaggio al libero voto del popolo e che colloca la regione Campania tra le più severe in materia di ineleggibilità dei sindaci. È contraddittorio affermare con una legge che il limite ai mandati del presidente della giunta regionale, previsto dal legislatore nazionale, in attuazione di una norma costituzionale, sia antidemocratico e con un’altra legge imporre l’ineleggibilità di tutti i sindaci alla carica di consigliere regionale, salvo dimissioni 90 giorni prima. Il principio di tutela alla base sarebbe identico: evitare che posizioni di potere consolidate possano interferire sulla libertà del voto. Insomma non andrei troppo dietro all’appello al popolo sovrano lanciato da Palazzo Santa Lucia. Piuttosto mi preoccuperei, da libero cittadino, di disboscare l’informazione dalle notizie false e da quelle confuse ad arte per trovare un personale convincimento scevro da vittimismi e complottismi. La stella polare del voto dovrebbe essere sempre la valutazione della condizione di vita presente del territorio da amministrare, la concretezza dell’azione compiuta da chi si candida e il realismo delle promesse elettorali. 





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