Non c’è che dire: la Germania ha rispolverato l’arte del riarmo con una destrezza che farebbe impallidire Von Clausewitz. Dopo anni passati a predicare austerità e pacifismo, Berlino ora si lancia in un progetto ambizioso e decisamente poco neutrale: la creazione di una quarta divisione dedicata esclusivamente alla difesa territoriale. Non sia mai che si dica che i tedeschi non fanno le cose in grande. Ventimila uomini, un budget miliardario e l’obiettivo dichiarato di proteggere le infrastrutture critiche del Paese. Insomma, un esercito “da salotto”, che non esce dai confini nazionali ma che, nel frattempo, si prepara a tutto. Compreso – leggendo tra le righe – un conflitto diretto con Mosca.
Il ritorno del fantasma russo
Il fantasma di una possibile aggressione russa, evocato con insistenza dal ministro della Difesa Boris Pistorius, è il motore di questa svolta militarista. Pistorius non si limita a prospettare scenari ipotetici, ma mette pure una data: entro il 2029, dice, la Russia potrebbe sfidare la NATO. Peccato che nessuno sappia esattamente come e perché. Certo, le tensioni geopolitiche in Europa sono alle stelle, e la guerra in Ucraina ha risvegliato i peggiori incubi della Guerra Fredda. Ma la narrazione tedesca, che giustifica un aumento senza precedenti della spesa militare – con l’obiettivo di toccare il 3% del PIL, come se fosse un nuovo mantra – sembra fatta apposta per alimentare il clima di paura.
Del resto, il riarmo è un business che non conosce recessione. La Germania non si limita ad armare se stessa: con i suoi 28 miliardi di euro in aiuti militari a Kiev, si è piazzata tra i principali fornitori di armi all’Ucraina. E mentre il Parlamento tedesco approva spese colossali per sistemi di artiglieria avanzati, nuovi sottomarini e chissà cos’altro, ci si chiede: ma dov’era tutto questo zelo militare quando bisognava affrontare altre emergenze, come la crisi energetica o quella climatica?
Difesa o strategia?
La nuova divisione, ci tengono a precisare da Berlino, sarà “non mobile”. Tradotto: niente missioni all’estero, nessun coinvolgimento diretto nelle operazioni NATO. Una scelta che sembra quasi voler placare le ansie di chi, in Europa, guarda con un certo sospetto al riarmo tedesco. Ma il fatto che questa unità sia destinata esclusivamente alla protezione interna non fa altro che sottolineare la gravità della situazione: se la Germania ritiene di dover difendere ferrovie, porti e infrastrutture vitali da minacce imminenti, vuol dire che il quadro geopolitico è ben più drammatico di quanto ci raccontano. O che Berlino si aspetta un conflitto alle porte.
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E qui viene il dubbio: questa strategia è davvero pensata per la difesa, o non sarà forse un modo per guadagnare punti nello scacchiere NATO, diventando il perno di una nuova architettura militare europea? Non dimentichiamolo: la Germania è ancora sotto pressione per il suo passato, e il riarmo, pur mascherato da necessità difensiva, potrebbe essere la chiave per riaffermare un ruolo egemone in Europa.
Una corsa contro il tempo
Resta da vedere se questa nuova divisione e le ingenti spese militari saranno sufficienti a raggiungere gli obiettivi dichiarati. La corsa per adeguarsi agli standard NATO e per prepararsi a una potenziale aggressione russa – che potrebbe anche non arrivare mai – rischia di trasformarsi in una corsa contro il tempo. E mentre i leader tedeschi si preparano al peggio, c’è il rischio che si trascurino le vere battaglie da combattere: disuguaglianze sociali, crisi energetica, inflazione.
Forse sarebbe il caso di ricordare a Berlino che le guerre moderne non si combattono solo con i fucili e i carri armati, ma anche con politiche lungimiranti che affrontino le radici dei conflitti, piuttosto che alimentarle. Altrimenti, il rischio è che questa “difesa territoriale” si trasformi nell’ennesima strategia di potenza, con la differenza che, questa volta, nessuno potrà dire di essere stato colto di sorpresa.
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