Paolo Crepet e l’addio all’università: l’accusa agli “invidiosi”

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Il sociologo e psichiatra Paolo Crepet racconta la sua esperienza lavorativa nel mondo accademico, che ha dovuto lasciare a causa degli “invidiosi”. Non manca, inoltre, il suo sfogo sul declino culturale odierno e sull’impatto dell’IA e dei social media sulla crescita dei giovani di oggi e del futuro.

Perché Crepet ha lasciato la carriera da prof universitario

Lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, conosciuto per le sue analisi schiette sulla società odierna, aveva intrapreso inizialmente la carriera accademica, che però ha abbandonato. “Mi sono giocato la carriera accademica. Per fortuna, se no avrei fatto il professore universitario e adesso sarei calvo e peserei 150 chili”, dichiara in un’intervista al Corriere della Sera, e ne spiega i motivi: “Quella strada l’ho provata, ma me la sono giocata perché c’è invidia: fin da giovane ero noto e questo non te lo perdona nessuno”.

Crepet parla quindi di invidia all’interno del mondo universitario e del fatto che “in Italia il vero intellettuale deve essere bruttino, con l’alito pesante e gli occhiali spessi, sempre incavolato con il mondo”. “Se c’è uno che si diverte a vivere – aggiunge-, quello non è un intellettuale: è un pagliaccio”. Per essere un intellettuale, quindi, “devi vivere nei quartieri giusti, andare al mare al posto giusto e io tutto questo non l’ho mai fatto”, spiega lo studioso.

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I tre pilastri di Paolo Crepet per orientarsi

Crepet torna a parlare anche di giovani e genitori, spiegando quali sono i tre pilastri che dovrebbero aiutare la società odierna ad orientarsi: “Primo: credere nei bambini e nei ragazzi, quindi lasciarli sbagliare“. Un invito rivolto soprattutto ai genitori, quello del sociologo: “Oggi c’è una schizofrenia da iper controllo: a scuola c’è il registro digitale, ma alle due di notte non sai dov’è tua figlia tredicenne. La geolocalizzazione ti dice solo che è in quella piazza, ma magari è ubriaca”.

Il secondo pilastro riguarda il saper dare l’esempio, che secondo Crepet non dovrebbe passare di moda: “Se i genitori sono sempre sul cellulare, cosa deve pensare un figlio?”, aggiunge.

Infine, il terzo pilastro rivolto alla scuola: “Cambiare la scuola davvero, non con tentativi. Quest’ultimo è complicatissimo, ma il ministro qualcosa di buono lo sta facendo, come rintrodurre il 5 in condotta“.

Declino culturale e futuro con l’IA: lo sfogo di Crepet

Parlando, inoltre, di educazione emotiva degli adolescenti, un tema largamente dibattuto negli ultimi tempi, Crepet dichiara che la causa principale sarebbe un generale declino culturale evidente. “I nostri mezzi di comunicazione, tutti, non hanno di che parlare realmente – spiega lo psichiatra – e questo ha fatto emergere una necessità voyeuristica”.

Secondo lo studioso, “il mondo dei media si è abbassato a un livello che una volta si sarebbe detto ‘da lavandaia’”. La critica arriva anche a programmi Tv molto seguiti, anche da moltissimi giovani, come “Belve”, condotto da Francesca Fagnani, e “Le Iene”. Crepet chiarisce quindi il suo punto di vista su tali produzioni televisive: “Devono cercare la volta in cui sei scivolato sulla buccia di banana: disperazione allo stato puro. Gli adolescenti lo vedono che noi siamo spietati. La televisione trash di cui si parlava anni fa era l’anticamera di questo”.

La soluzione, secondo Crepet, a questo declino culturale? “Lo sciopero, spegnere la televisione – afferma -. A molti giovani della tv non frega più niente, ma alla fine si guarda lo stesso per gli estratti ripresi sui social. Cose veramente inguardabili”. E aggiunge: “Ogni tanto in treno osservo cosa guarda la gente: tutti davanti al cellulare a guardare per ore un gattino che scivola dentro la vasca. Il livello è questo. E se i giovani vedono che anche la zia guarda il gattino, è finita”. Un’affermazione, quest’ultima, che si ricollega al secondo pilastro indicato dallo studioso, ovvero l’importanza del saper dare il buon esempio ai giovani.

Parlando di social e tecnologia, non si può non pensare all’Intelligenza Artificiale, che sta prendendo sempre più piede tra i giovani e, in generale, nella vita quotidiana di molte persone. “Mi spaventa la vita che farà mia figlia – afferma Crepet a proposito dello sviluppo futuro dell’IA e dei social -. Di giovani grandi viaggiatori ne conto meno delle dita di una mano. Non gliene frega niente a nessuno che sei andato in Perù: interessa molto di più una che si fa il selfie con la boccuccia a cuoricino. Oggi l’atto artistico è azzerato, a meno che uno consideri arte inzuppare un biscotto nel caffelatte, magari taggando la pasticceria così hai per i prossimi tre mesi il cappuccino gratis”.





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