Raccolta differenziata organico, buoni i numeri e realtà complessa

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L’Italia è da tempo all’avanguardia nella raccolta differenziata dell’organico a livello europeo, tuttavia, nonostante gli sforzi dei cittadini, la trasformazione di questi rifiuti in compost di qualità e il suo successivo utilizzo in agricoltura presentano ancora significative sfide. La presenza di materiali non compostabili nell’umido e la carenza di impianti di trattamento efficienti rappresentano i principali ostacoli da superare per una valorizzazione ottimale di questa preziosa risorsa. I dati provengono dallo studio realizzato dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica dell’università di Roma Tor Vergata, guidato dal professor Francesco Lombardi.

La nostra analisi – spiega il professor Lombardi – è un primo tentativo di individuare gli obiettivi a cui il sistema nazionale di raccolta e trattamento dei rifiuti organici dovrebbe tendere in termini di qualità delle raccolte, riduzione della presenza di materiali non compostabili, massimizzazione del riciclo della FORSU e valorizzazione di tutte le matrici compostabili, comprese le bioplastiche

 

Biorepack – Consorzio Nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in bioplastica compostabile ha deciso di commissionare questo studio con un obiettivo principale: verificare le modalità di gestione delle bioplastiche compostabili all’interno del processo di trattamento dei rifiuti organici. Decisamente eccessivi e pretestuosi sono state infatti negli ultimi anni le accuse su una presunta incompatibilità tra le bioplastiche compostabili e i siti di trattamento organico – spiega Carmine Pagnozzi, direttore generale di Biorepack – In tal senso, l’analisi ha confermato che il comportamento dei rifiuti in bioplastica compostabile è del tutto analogo a quello del resto dell’umido domestico che viene riciclato all’interno degli impianti.

Le evidenze dello studio – si legge nella ricerca – hanno confermato che esse non presentano problemi gestionali negli impianti con elevato indice di riciclo, ossia con alta efficienza degradativa. In tali contesti, le bioplastiche rappresentano una indubbia risorsa in quanto contribuiscono ad aumentare la quantità di materiale avviabile a riciclo, diminuendo allo stesso tempo gli scarti di processo.

Raccolta differenziata organico, metodo dell’analisi

Lo studio si è incentrato sul livello di performance dei 112 principali impianti italiani, nei quali viene trattato il 96% di tutti i rifiuti organici pari a 4,8 milioni di tonnellate. Ciascuno di loro, nel 2022 ha trattato almeno 5.000 tonnellate di FORSU, almeno 10.000 tonnellate complessive di FORSU e verde e ha presentato dati completi ai fini delle elaborazioni.

I diversi impianti sono valutati in base a tre “scenari di efficienza”, a seconda della capacità di eliminare dal processo di trattamento i materiali non compostabili (in particolare plastiche tradizionali, vetro, alluminio e altri metalli) senza scartare al tempo stesso una quantità eccessiva di rifiuto umido e bioplastiche compostabili, che invece possono essere tranquillamente trasformati in compost.

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I dati della ricerca

A livello nazionale, a fronte di un valore di materiali non compostabili presenti nel rifiuto organico in ingresso agli impianti del 7,1% il tasso medio di scarto prodotto dagli impianti di trattamento organico è pari al 21,9%, stima la ricerca. Ancora lontani quindi dalla soglia del 15%, indicato come obiettivo da raggiungere. Un risultato figlio della profonda disparità a livello regionale in termini di efficienza impiantistica.

Passando al livello regionale solo il Friuli Venezia Giulia ha saputo contenere gli scarti sotto al 10% del rifiuto trattato. Sotto la soglia del 15% si collocano i sistemi di raccolta di Veneto e Lombardia. In una percentuale di scarti generati non superiore al 20% (scenario primary) rientrano i sistemi di raccolta e trattamento anche di Puglia, Liguria e Piemonte. Nelle restanti 12 Regioni gli scarti superano il 20%.

Se si considerano le prestazioni dei singoli impianti sparsi sul territorio italiano, attualmente sui 112 considerati dallo studio, solo 22 mantengono gli scarti al di sotto del 10%, in altri 9 il tasso di scarto è compreso tra il 10 e 15%, in ulteriori 14 è tra il 15 e il 20%. I restanti 67 sono sopra al 20% di scarti.

In 5 Regioni – Trentino Alto Adige, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania – non si riscontrano impianti che soddisfino condizioni di efficienza tali da poter riuscire a contenere gli scarti nemmeno al di sotto del 20%. Ciò significa che in media per ogni 100 chili di rifiuto organico in ingresso in quegli impianti, solo 80 vengono avviati effettivamente a riciclo.

Dati ricerca raccolta organico

Come migliorare la raccolta

Per aumentare la qualità della raccolta differenziata dell’organico lo studio sottolinea l’importanza di investire nell’educazione ambientale. Campagne di comunicazione mirate e sistemi di etichettatura chiari possono aiutare i cittadini a comprendere meglio come differenziare correttamente i rifiuti. Inoltre, l’introduzione di tariffe variabili legate alla qualità della raccolta potrebbe incentivare comportamenti più responsabili.

Importante ottimizzare, all’interno degli impianti, i processi di separazione dei rifiuti non compostabili e rispettare le tempistiche di trattamento organico in funzione dell’obiettivo finale di arrivare a produrre compost di qualità.

Ai fini del processo – spiegano i ricercatori di Tor Vergata – sia l’efficienza di riciclo che la qualità dei prodotti finali sono strettamente legati ai tempi di durata del biotrattamento. È quindi doveroso attenersi alle indicazioni fornite dalla normativa tecnica sulla durata minima della fase aerobica del processo, nella quale il rifiuto organico diventa compost. Ciò è essenziale per chiudere il processo di trattamento e ottenere un prodotto riciclato (l’ammendante compostato) di qualità adeguata per l’uso agricolo.

Occorre poi che i gestori di rifiuti nei singoli Comuni ammettano nella raccolta della FORSU tutte le matrici biodegradabili:

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Compresi noccioli di frutta, gusci di uova e di molluschi, sfalci e potature nonché i manufatti compostabili, che la ricerca conferma essere assolutamente trattabili negli impianti di compostaggio al pari di qualsiasi rifiuto organico  conclude il Prof. Lombardi – Va invece evitato di selezionare solo quelle matrici ritenute più facili da trattare per produrre energia nella fase anaerobica del processo.

Tale approccio infatti non è funzionale all’obiettivo globale: riuscire cioè a valorizzare al massimo la FORSU, per produrre sia energia sia compost, in modo da chiudere il ciclo del carbonio, riportare fertilità nei suoli agricoli e limitare al minimo la quantità di rifiuti inviati in discarica.



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