Regolamenti complessi sui dispositivi, ma aziende e istituzioni devono dialogare

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 


A che punto è l’attuazione del regolamento dei dispositivi medici e dei diagnostici in vitro in Italia? Quali sono le difficoltà maggiori che incontrano i fabbricanti nel processo di certificazione di un device? In che modo operano gli organismi notificati? Quali le differenze principali tra lo scenario statunitense e quello europeo?

Sono queste alcune delle domande a cui ha provato a rispondere la decima edizione degli About Medical Devices (realizzata in collaborazione con Airmedd) che si è svolta lo scorso 26 novembre. Una giornata di confronto tra professionisti del settore, esperti e istituzioni articolata in tre sessioni e moderata da Stefano Di Marzio, direttore di AboutPharma, Davide Perego, presidente di Airmedd e Alessandro Berti vicepresidente di Airmedd.

In quale scenario ci stiamo muovendo

“I regolamenti (mdr e ivdr) sono complessi, chiamano il settore a una prova di maturità e nascono sull’onda di una situazione emergenziale. Dobbiamo fare sistema”, è l’appello di Achille Iachino, direttore generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, ministero della Salute, che ha aperto i lavori.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

“Un intervento regolatorio da parte della Commissione europea era necessario, così come la posticipazione di alcune scadenze dell’introduzione del regolamento, per evitare una situazione di shortage di alcuni dispositivi indispensabili non solo in Italia. Ci stiamo muovendo su due livelli per garantire l’efficienza del sistema di allineamento ai nuovi regolamenti; da una parte una nuova governance, dall’altra anche la creazione del maggior numero possibile di organismi notificati”

Il punto di vista dell’Europa

Un punto di vista europeo è stato fornito da Merlin Rietschel, senior manager medical devices, industrial policies di MedTech Europe, che in un intervento da remoto ha mostrato i risultati di una survey proposta agli associati, da cui è emerso come, in media il processo di certificazione sotto Mdr impieghi 19,5 mesi per essere completato, con differenze che si possono manifestare tra piccole e medie imprese. Luigi Mazzei, vicepresidente di Confindustria dispositivi medici ha invece focalizzato l’attenzione sugli investimenti in R&S nel settore che, secondo gli ultimi rilevamenti di Cdm (2022), mostrano una riduzione del 30%. “È un dato preoccupante, non sappiamo se contingente o strutturale ma deve farci riflettere”.

Attuazione dei regolamenti: a che punto siamo?

Alessandra Basilisco, ingegnere biomedico dell’Ufficio III – dispositivi medici e impiantabili attivi, direzione generale dei dm e del servizio farmaceutico del ministero della Salute ha chiarito: “I regolamenti hanno introdotto un livello di complessità molto alto. Ogni momento di transizione verso qualcosa di più performante ha un prezzo e lo stiamo pagando tutti: industria e istituzioni. L’introduzione dell’articolo 10/bis del regolamento 1860 del 2024 deve essere considerato come una soluzione tampone, per evitare che i pazienti rimangano senza cure. Come Paese siamo già abbastanza organizzati per quanto riguarda eventuali segnalazioni: nel momento in cui viene notificata l’indisponibilità di un prodotto dobbiamo trovare le alternative, su questo la nostra banca dati ci aiuta”.

L’impatto del regolamento sui diagnostici in vitro

Secondo Gloria Ippoliti, Ufficio IV – dispositivi medico diagnostici in vitro, direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, ministero della Salute, il regolamento Ivdr ha portato modifiche notevoli nel campo dei diagnostici in vitro. “Per esempio, ha modificato la validità dei certificati e le disposizioni per l’immissione sul mercato degli Ivd marcati ai sensi della direttiva 98/79/ce con lo scopo di garantire la continuità dell’offerta sul mercato europeo dei dispositivi stessi”. Un approfondimento necessario lo ha richiesto il tema degli organismi notificati.

Sull’argomento è intervenuta Sara Crocetti, Medical device manager, Bureau Veritas Italia, che ha invitato gli attori del settore a non dividersi in fazioni. “Il regolamento è molto complicato per tutti, per cui serve lavorare di concerto per fornire un prodotto valido sul mercato e avere i ritorni economici adeguati. Dal nostro punto di vista riscontriamo una fase di pianificazione e progettazione a volte molto superficiale da parte di tanti fabbricanti, che non approcciano il regolamento fin dall’inizio. Partire dalla progettazione significa capire dal principio le caratteristiche del dispositivo e qual è la destinazione d’uso”.

Il punta di vista delle aziende

Non usa giri di parole Mario Federighi, special advisor per il coordinamento degli affari regolatori di Confindustria dispositivi medici: “Le aziende devono fare profitto”, esordisce. “I regolamenti sono la cosa più importante, ma alle aziende l’adeguamento costa parecchio e può capitare che si debba rinunciare ad alcuni prodotti. Le nostre difficoltà? Non avere regole armonizzate; dover rispondere alla stessa domanda a diversi enti regolatori. Il regolamento ha portato uniformità ma ha allungato i tempi”.

Enrico Perfler, Ceo di 1Med ha aggiunto: “Noi siamo un po’ nel mezzo, dialoghiamo sia con le aziende che con gli organismi notificati. Dovrebbe esserci armonizzazione, ma i linguaggi sono diversi. Il nostro compito è cercare l’organismo notificato più adatto per il cliente che dobbiamo supportare. Le aziende più grandi prediligono il mercato americano, mentre le aziende piccole, che non hanno una partnership commerciale in Usa tendono a commercializzare in Europa seppur con difficoltà. Se copiassimo il breakthroug program degli Usa daremmo più possibilità alle aziende di fare innovazione”.

La questione delle evidenze cliniche

Un elemento di grande criticità è quello dell’evidenza clinica. “Siamo arrivati a questo regolamento, in dieci anni, e il tema dell’evidenza clinica è stato sottovalutato. Motivo per cui i dati non sono allineati con la richiesta della normativa. Guardando, poi, all’ambito del post market clnical follow up va detto che non dovrebbe essere vissuta come un adempimento fine a se stesso. Io dico: raccogliamo questi dati per generare evidenze e affrontare il traghettamento dalla direttiva al regolamento in maniera agile. Da questo punto di vista vedo ancora delle difficolta da parte delle aziende”, ha sottolineato Silvia Stefanelli, partner dello studio legale Stefanelli&Stefanelli.

Contabilità

Buste paga

 

Per Eliana Russo, head of regulatory affairs of regulatory unit, Prineos “Mdr ha segnato un cambio di passo importante per tutti i produttori, ma non possiamo parlare più di un nuovo regolamento dato che è stato emesso nel 2017 ed è entrato in vigore nel 2021. Uno degli elementi focali di Mdr è la raccolta del dato clinico. Pensando al caso di un dispositivo legacy (già presente sul mercato), la strategia migliore è utilizzare il dato storico che rappresenta tutto quello che è stato raccolto dalla creazione del dispositivi fino a oggi”.

Necessaria la distinzione tra piccole e grandi aziende

Sullo stesso tema si è espresso Pietro Calamea, direttore Ufficio VI – sperimentazione clinica dei dispositivi medici, direzione generale dei dm e del servizio farmaceutico del ministero della Salute. “La valutazione clinica è particolarmente importante per dispositivi nuovi e i legacy che cambiano destinazione d’uso. In questo ambito c’è una sostanziale differenza tra grandi e piccole e medie imprese. Per le prime le indagini non sono molte e l’America risulta più attrattiva rispetto all’Unione europea. Poi c’è la situazione delle tecnologie emergenti, in cui le piccole e medie imprese e la ricerca accademica giocano un ruolo strategico, che però si traduce in maggiori difficoltà nella consapevolezza di condurre indagini cliniche secondo il regolamento, perché c’è meno esperienza nel progettare dispositivi”.

Quale il ruolo dei comitati etici

Quando si parla di indagini cliniche non si può non parlare di comitati etici. Manuela Monti, componente, Cerom (Comitato etico della Romagna) e regulatory manager, Irccs – Irst di Meldola, spiega: “In Italia ci sono 40 comitati etici e per un’indagine clinica abbiamo bisogno di un’unica approvazione da parte del Cet. Come membro del comitato etico ho potuto constatare che di indagini cliniche non ce ne sono in realtà così tante, il trend di innalzamento non è così evidente. Perché l’indagine clinica fa un po’ paura: servono soldi, expertise, impegno e tempo. Immagino che a lungo andare aumenteranno”.

Tracciabilità, implementazione, hta e procurement

Sui processi di etichettatura e tracciabilità si è espressa Giada Necci, new solution specialist di Gs1. “Si tratta di processi che non è così semplice implementare da parte delle aziende. In questo momento, dal punto di vista europeo, siamo in una fase di stand by, forse perché la prima ondata di applicazioni sotto Mdr è calata, quelli che mancano sono tutti i legacy che arriveranno tra qualche anno. Quello che si sta muovendo di più è il diagnostico in vitro, vuol dire che c’è maggiore consapevolezza tra le aziende di questo settore che devono applicare il sistema Udi anche per i diagnostici”

Per Alessandra Lo Scalzo, dirigente Uoc Hta di Agenas, l’adozione del regolamento Hta per i dispositivi medici è “a buon punto. Abbiamo una nuova struttura di governance rispetto a quello del 2017, con nuovi attori: la cabina di regia Hta per i dispositivi medici è nuova, Agenas come organo tecnico-scientifico e poi c’è la rete degli stakeholder, delle Regioni e i centri collaborativi. Le novità della nuova cabina di regia riguardano la presenza di un rappresentante dell’Istituto superiore di sanità e quattro membri esperti in Hta, oltre alla rappresentanza conferenza Stato-regioni e delle varie direzioni generali del ministero”.

Guido Gastaldon, responsabile divisione sourcing sanità, beni e servizi di Consip, ha fornito il punto di vista di chi si occupa di procurement: “Sono convinto che dato il contesto storico e normativo in cui viviamo la maggior parte dei dispositivi medici che entrano nelle aziende sanitarie, transitano attraverso procedure di gare svolte dalle centrali di acquisto regionali o da Consip. È un dovere promuovere i dispositivi medici innovativi. Per far questo è necessario un continuo confronto con il mercato sia della fornitura che della domanda. Nell’ambito della creazione di innovazione dal nostro punto di vista il regolamento Hta è un facilitatore”.

Le sfide per i fabbricanti

“La sfida costante di tutti i fabbricanti con cui siamo in partnership è quella di dare valore a una mole di dati rilevante che deve essere processata per partecipare a una gara. In sintesi abbiamo la necessità di leggere, analizzare, archiviare, storicizzare tutta una serie di informazioni in modo da essere efficaci nel realizzare la proposta di partecipazione al bando. Cosa abbiamo visto negli utlimi anni? Una puntuale attenzione a tutte le informazioni contenute nei capitolati di gara, legate ai quantitativi e alle tipologie di dispositivi che devono essere forniti, perché il volume di gara è fondamentale per tutta la fase della gara stessa”, ha concluso Federica Bergonzi, head of tender management Solutions di Revorg.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link