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La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 657/2025 ha esaminato una interessante questione prospettata dalla collega Angela Porcelli, in tema di anticipazione della sospensione di una sanzione accessoria che altrimenti precluderebbe all’interessato di essere ammesso a scontare la pena detentiva nella forma alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Fatto
M.G., dovendo espiare la pena detentiva residua di tre anni e sette mesi di reclusione, è stato raggiunto da ordine di esecuzione per la carcerazione del quale il PM ha, contestualmente, disposto la sospensione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.
Il condannato ha quindi presentato, nel termine di legge, richiesta volta ad essere ammesso a scontare la pena nella forma alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Con ordinanza del 13 giugno 2024 la Corte di appello di Roma ha rigettato la richiesta, presentata nell’interesse di M.G., volta alla provvisoria sospensione dell’esecuzione della pena accessoria del ritiro, per un anno, della patente di guida.
La questione sottoposta al vaglio della Corte di appello di Roma — e, oggi, della Corte di cassazione — attiene all’esecutività della sanzione accessoria del ritiro, per un anno, della patente di guida, disposta, ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con una delle sentenze con le quali è stata inflitta a M.G. la pena della cui esecuzione si discute.
Il ricorrente lamenta, in proposito, che l’anticipata esecuzione della sanzione accessoria si riverbera sulla sua aspirazione ad espiare la pena principale in forma alternativa, che ne risulta irrimediabilmente pregiudicata, perché gli preclude, in concreto, lo svolgimento dell’attività lavorativa sulla quale è incentrato il percorso rieducativo che egli dovrebbe seguire in caso di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale.
Decisione
La Suprema Corte, premette che in proposito, l’art. 51-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, prevede, al comma 1, che «In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione».
La menzionata disposizione, riferita all’ipotesi di positivo scrutinio della richiesta di ammissione a misura alternativa alla detenzione, va letta, con specifico riguardo all’affidamento in prova al servizio sociale, in combinazione con l’art. 47, comma 12, del medesimo testo normativo, novellato dall’art. 1, comma 7, legge 9 gennaio 2019, n. 3, che, nello stabilire che «L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue», chiarisce, a contrario, che l’effetto estintivo si comunica al ritiro della patente, sanzione accessoria temporanea.
Se si considera, poi, che, per costante giurisprudenza, «In tema di pene accessorie, l’esecuzione può avvenire in qualsiasi momento successivo alla formazione del giudicato, potendo essere posticipata a quella della pena principale nel solo caso in cui risulti con essa incompatibile» (Sez. 1, n. 36870 del 03/02/20231), è agevole arguire che la regolamentazione della materia ammette che, in costanza di sospensione della pena principale ed in pendenza di procedimento finalizzato all’ammissione a misura alternativa alla detenzione, la sanzione accessoria possa, come accaduto nel caso di specie, essere eseguita in forza di autonoma determinazione delle autorità competenti.
Il ricorrente lamenta, in proposito, che l’anticipata esecuzione della sanzione accessoria si riverbera sulla sua aspirazione ad espiare la pena principale in forma alternativa, che ne risulta irrimediabilmente pregiudicata, perché gli preclude, in concreto, lo svolgimento dell’attività lavorativa sulla quale è incentrato il percorso rieducativo che egli dovrebbe seguire in caso di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale.
Invoca, pertanto, l’intervento del giudice dell’esecuzione, da attuarsi in virtù della generale competenza attribuitagli dall’art. 676 cod. proc. pen. ed al precipuo scopo di evitare che l’esecuzione della sanzione accessoria preceda quella della sanzione principale, dovendosi, al riguardo, ravvisare una franca incompatibilità tra la contingente inibizione alla guida e la misura alternativa sottoposta al vaglio del Tribunale di sorveglianza.
L’assenza, nell’art. 656 cod. proc. pen., di specifiche disposizioni sul punto e la conseguente preclusione ad un intervento del Tribunale di sorveglianza, diretto all’ampliamento dell’oggetto del provvedimento di sospensione adottato ai sensi del comma 5, espressamente circoscritto alla pena detentiva, imporrebbero, dunque, nell’ottica del ricorrente, il riconoscimento al giudice dell’esecuzione di un potere, in certa misura, sostitutivo, precipuamente finalizzato a salvaguardare le chances del condannato di essere ammesso alla misura alternativa alla detenzione.
Il ragionamento non persuade, perché trascura, da un canto, la finalità propria della sanzione accessoria del ritiro della patente di guida e, dall’altro, la possibilità di garantire — sulla base della pertinente disciplina, testé richiamata — adeguata tutela agli interessi del quale il condannato è portatore.
Sotto il primo profilo, è utile ricordare che la sanzione di cui si discute rientra nel novero di quelle penali, quantunque accessorie, anziché amministrative.
In questo senso militano, in primo luogo, sia la rubrica dell’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, intestato, appunto, «pene accessorie», che il tenore letterale della disposizione, a mente della quale «Con la sentenza di condanna per uno dei fatti di cui agli articoli 73, 74, 79 e 82, il giudice può L.] il ritiro della patente di guida per un periodo non superiore a tre anni».
Ulteriore, ed autorevole, conferma della natura penale della sanzione si trae, d’altro canto, dalla giurisprudenza costituzionale e, in particolare, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, che, occupandosi del diverso istituto della revoca della patente ex art. 120 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ha ribadito, con argomentazione a contrario, che il ritiro previsto dall’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, «risponde ad una funzione punitiva, retributiva o dissuasiva dalla commissione di illeciti».
Rebus sic stantibus, la divaricazione della disciplina rispettivamente applicabile, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, alla pena detentiva ed a quella accessoria trova congrua giustificazione nell’esigenza di assicurare, quanto alla seconda, la concorrente funzione preventiva, onde non è dato apprezzarsi alcun deficit di ragionevolezza in un assetto normativo che confina alla sanzione detentiva l’oggetto della sospensione disposta dal Tribunale di sorveglianza in presenza delle condizioni indicate all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen..
Né, va aggiunto a confutazione della residua obiezione del ricorrente, la sua aspirazione ad essere ammesso all’esecuzione della sanzione detentiva in forma alternativa risulta in alcun modo pregiudicata dall’anticipata esecuzione della sanzione accessoria.
La delibazione dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale dovrà, invero, necessariamente tener conto della prospettiva di reinserimento lavorativo e della possibilità, prevista dall’art. 51-quater, sopra riportato, che il Tribunale di sorveglianza, in caso di positiva valutazione dell’istanza ex art. 47, disponga la sospensione dell’esecuzione del ritiro della patente in funzione delle ravvisate esigenze di reinserimento sociale del condannato.
La circostanza che M.G., fino a quando il Tribunale di Sorveglianza non si sarà pronunciato sulla richiesta di ammissione a misura alternativa alla detenzione da lui presentata, sarà sottoposto all’esecuzione della pena accessoria non determina, dunque, compromissione alcuna del suo interesse ad avviare un percorso rieducativo imperniato, tra l’altro, sulla dedizione al lavoro, cui potrà, se del caso, accedere una volta ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, dovendosi, nelle more della decisione del Tribunale di sorveglianza, garantire adeguata tutela alle concorrenti esigenze preventive a cui presidio il ritiro della patente è posto.
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