Vini dealcolati, un trend che conquista anche sportivi e astemi

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Con tasso alcolico inferiore o proprio senza alcol: le nuove tipologie di vino, oggi producibili anche in Italia, hanno giĆ  conquistato una nicchia di mercato, con ampi margini di sviluppo. Ecco come sono e a chi piacciono

Maurizio Bertera

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La Gen Z beve meno, su questo concordano tutte le analisi: gli appassionati puntano su vini scelti con precisione mentre i neofiti guardano con sempre maggiore interesse alle etichette con un tasso alcolico inferiore al normale. Il che si traduce in vino ‘alcohol free’ o ‘dealcoholized’ come si dice in sede internazionale: per queste due tipologie esiste la Direttiva Europea 2021/2117, che fissa un tasso di alcol non superiore a 0,5% vol. per la prima mentre per la seconda puĆ² essere compreso tra lo 0.5% e il 9% che rappresenta ilĀ  limite minimo per essere considerato un vino ‘classico’. Ogni DOCG, DOC e IGT poi fa riferimento al disciplinare specifico, con qualche eccezione legata a denominazioni particolari.Ā 

Vini dealcolati: alla conquista di nuovi bevitori

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Il trend piĆ¹ interessante ĆØ quello legato al basso tenore alcolico perchĆ© non penalizza totalmente i bevitori storici e conquista chi si avvicina al mondo del vino.Ā Di sicuro, il target dei possibili ‘nuovi bevitori’ ĆØ enorme: sportivi e astemi in primis, persone con problemi di salute o che per religione non possono consumare alcol, chi sta seguendo una dieta ipocalorica o vuole semplicemente cambiare stile di vita, rinunciando ai vini classici. Magari per evitare di incorrere in pesanti multe quando viene ‘beccato’ al volante.

SULLE ETICHETTE dei vini dealcolati

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Il 2025 segna un anno di svolta per il nuovo mondo perchĆ© anche in Italia si potranno produrre vini ‘dealcolati’ e ‘parzialmente dealcolati’. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha firmato il decreto che dĆ  il via libera – obiettivamente una scelta sensata per non favorire le cantine straniere – a questa particolare tipologia di bevande e adesso c’ĆØ solo da scrivere i decreti attuativi. Tralasciando gli aspetti squisitamente tecnici, ci sono alcuni paletti importanti che riguardano i consumatori: il divieto di dealcolazione per i vini a denominazione di origine protetta e Igp, al fine di preservarne lā€™autenticitĆ ; il processo produttivoĀ  in strutture dedicate, fisicamente separate da quelle utilizzate per la produzione vitivinicola, con registri digitalizzati e licenze autorizzative; lā€™obbligo di avere lā€™etichettatura attraverso la dicitura ā€˜dealcolatoā€™ o ā€˜parzialmente dealcolatoā€™, abbandonando quelle precedenti come ‘dealcolizzato’ o ‘alcol free’. Quali tipologie si prestano maggiormente alla riduzione del tasso alcolico? Sicuramente i bianchi e gli spumanti perchĆ© partono da una gradazione media piĆ¹ bassa dei rossi e sono percepiti giĆ  meno ā€˜pesantiā€™ in partenza. Le ā€˜bollicineā€™ in particolare non necessitano di grandi interventi e manipolazioni in cantina per diminuirne il contenuto alcolico.

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le polemiche

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Per la cronaca, il primo ‘dealcolato’ di una cantina italiana – lo Steinbock Selection Dr. Fischer – ĆØ uno spumante da uve bianche, che viene venduto nella grande distribuzione e online a una decina di euro. Un aspetto importante, a conferma che c’ĆØ interesse sul tema ĆØ la firma del progetto: HofstƤtter, produttore altoatesino di celebrati Gewurztraminer e Pinot Nero. Nessun dubbio che i pochi produttori attuali aumenteranno nel corso dell’anno mentre, in particolare al Sud, non sono poche le cantine a lavorare sul semplice abbassamento del tasso alcolico. Un esempio ce lo fornisce Varvaglione 1921, cantina di Leportato, in provincia di Taranto. “Prendiamo il nostro Primitivo di Manduria DOC: la gradazione alcolica prevista ĆØ 13,50% vol, mentre per la Riserva DOC ĆØ del 14% vol. minimo. Ma ce ne sono a 16% vol. Invece si puĆ² realizzarlo a 12,50% vol. senza snaturarlo per renderlo piĆ¹ godibile” spiega il direttore marketing Marzia Varvaglione, che ĆØ anche Presidente dellā€™Associazione dei giovani imprenditori vinicoli italiani di UIV.Ā 

Scontato che il mondo del vino tradizionale, in gran parte, non veda favorevolmente il ‘movimento’. Anche all’ultimo Vinitaly ci sono stati forti polemiche, soprattutto da parte dei singoli produttori che al di lĆ  delle obiezioni tecniche, contestano l’utilizzo della parola ‘vino’ per le nuove proposte.Ā In compenso, i grandi gruppi stanno investendo in ricerca per arrivare a un prodotto del genere, spinti da numeri forse sorprendenti ma inequivocabili.

Bevande no e low alcol: I NUMERI NON MENTONO

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Il segmento aggregato delle bevande no e low alcol (vino incluso), a livello mondiale, ĆØ in forte espansione per i prossimi anni. Secondo gli ultimi dati Iwsr (istituto londinese specializzato in consulenza e ricerche nel mondo del beverage), nei dieci principali mercati (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Spagna, Sudafrica, Regno Unito, Stati Uniti), si prevede una progressione annua del 4% in volume entro il 2028, con protagonista il panorama degli analcolici (+7%) rispetto ai prodotti a basso contenuto alcolico (stimati stabili). Il giro d’affari delle bevande analcoliche, in particolare, crescerĆ  di oltre 4 miliardi di dollari entro il 2028. Una tendenza quasi imprevista, ma che sta entrando anche nelle carte dei migliori ristoranti, dove non sono rari infusi, kombucha e mocktail in abbinamento ai piatti delle degustazioni. Sebastien Ferrara, direttore di Enrico Bartolini Mudec, il solo tristellato Michelin a Milano – la cittĆ  piĆ¹ internazionale in Italia – la vede cosƬ. “Negli ultimi due anni, la richiesta di vini con meno alcol o proprio senza ĆØ aumentata, soprattutto da parte dei clienti stranieri e dei giovani. La nostra carta ne sta tenendo conto, tanto piĆ¹ che sono convinto ci sarĆ  un’ulteriore crescita dell’interesse. Fermo restando che siamo un Paese con tante eccellenze nel vino e la grande maggioranza dei nostri ospiti continua a ordinare come un tempo, il pubblico deve poter trovare quello che desidera”.Ā  Correttissimo.





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