Ho letto con piacere, proprio in un articolo pubblicato su questo giornale, che la raccolta differenziata a Cefalù è passata dal 65,60% al 68,76% mancando solo di qualche punto la possibilità che un qualche sgravio arrivi sulla bolletta di noi utenti (leggi).
Non metto in dubbio che sia già un bel traguardo se consideriamo altre realtà, quale ad esempio quella non certamente edificante relativa al nostro capoluogo di regione dove la raccolta differenziata ha percentuali vergognosamente basse e dove le strade abbondano di indifferenziato, conferito a tutte le ore del giorno e dove si aspetta ancora l’inizio del porta a porta almeno nel centro storico.
Credo, però, che molto si potrebbe e dovrebbe fare anche a Cefalù. Sono sicura, infatti, che l’asticella si sia alzata grazie alla raccolta porta a porta nel centro storico e alle isole ecologiche con la presenza del personale addetto, momenti in cui il conferimento è, per così dire, controllato. Stessa cosa non mi pare avvenga in altri quartieri dove sono stati posizionati, accanto ai condomini, grossi o medi fustoni perché ogni abitante differenziasse secondo il calendario comunale.
A parte la poco felice e poco igienica idea, secondo il mio avviso, di avere deciso di piantare davanti alla porta di ingresso dei condomini di interi quartieri i contenitori per la spazzatura, forse è stata data troppa fiducia al senso civico dei cittadini, nel senso che si è creduto che veramente ciascuno di essi fosse pronto a conferire secondo il calendario e non secondo la propria necessità.
Dico questo perché basta fare una passeggiata nei quartieri Spinito, Ferla, Santa Lucia per scoprire che, proprio il fustone del secco residuale, che come dice la parola dovrebbe essere il risultato di una attenta differenziazione, è quello sempre pieno sin dall’inizio della settimana, spesso, con inevitabili fuoriuscite fino al venerdì, giorno della raccolta e il cui contenuto, forse, non è solo ed esclusivamente costituito dal residuo.
Questo, a mio avviso, si potrebbe ovviare semplicemente eliminando i fustoni così da rendere più decoroso l’ingresso ai condomini e ripristinare, non potendosi effettuare anche in quelle zone il porta a porta, credo per i costi, quello che era stato organizzato anni fa e che ancora esiste nella via Roma: il camioncino con l’addetto al conferimento secondo il calendario e dove ciascuno è “obbligato” a differenziare.
Un altro problema, però, su cui si sarebbe già da tempo dovuto intervenire, avendo l’Italia con il D.L. 116/2020 introdotto la raccolta differenziata per i rifiuti tessili già dal 1 gennaio 2022, è quello di assolvere all’obbligo del loro smaltimento in appositi contenitori, che ogni Comune avrebbe avuto predisporre.
Il Comune di Cefalù, come molti altri, lo ha fatto predisponendo un solo grande cassonetto giallo nelle due isole ecologiche presenti sul territorio e dove ogni utente avrebbe potuto recarsi, ma nessun altro fustone, finora, è stato situato accanto agli altri davanti ai condomini per evitarne il conferimento nell’indifferenziato e consentire il riciclo.
Dal 1 gennaio 2025 la norma, però, è diventata obbligatoria per tutti i paesi della UE.
La direttiva quadro sui rifiuti impone che tutti i paesi membri della UE istituiscano sistemi di raccolta differenziata sulla produzione di rifiuti tessili nella UE.
Tra i motivi per cui si è arrivati a regolarizzare la raccolta differenziata di abiti usati è sicuramente l’impatto ambientale generato dalla quantità e dagli sprechi dell’industria dell’abbigliamento, la così detta “moda veloce” la “ fast fashion”. Si è calcolato, infatti, (dati di Greenpeace) che nel 2020 la Ue ha generato circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti tessili (12 kg. pro capite ), di questi meno dell’1% è servito per creare nuovi capi, l’80% è finito in discarica o inceneritore o peggio esportati fuori dalla UE (è nota a tutti, credo, grazie ad un servizio del programma Report, la mega discarica di vestiti usati in Ghana, paese che conta 31 milioni di abitanti e che importa ogni settimana, circa 15 milioni di abiti usati).
La direttiva, dunque, volendo incrementare il riciclo in considerazione anche della pericolosità delle nuove fibre tessili molte delle quali sono derivate dalla raffinazione di idrocarburi, obbliga ogni Comune a predisporre contenitori specifici per la raccolta di indumenti distinguendo i contenitori per gli abiti destinati al riciclo e quelli per gli abiti da donare agli indigenti.
Al momento attuale a Cefalù è attivo, tutti i martedì neii locali della Caritas allo Spinito e grazie all’impegno di alcuni operatori, un servizio di raccolta e distribuzione di indumenti ancora in buono stato, ma la cosa su cui, però, tutti i comuni compreso Cefalù, dovrebbero fare leva è l’educazione (anche con progetti indirizzati alle scuole) e con essa l’informazione per intervenire sullo stile di vita di ciascuno, sui consumi e sul contenimento dei rifiuti favorendo il riciclo.
Solo così, con una presa di coscienza di tutti si potrà contribuire a ridurre l’impatto ambientale, il degrado, i costi di gestione assieme al tanto agognato risparmio in bolletta.
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