Cosa resta del “triangolo rosso”? “A Piacenza la Resistenza depose le armi”

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“Nell’immediato dopoguerra in Italia non ci fu il bagno di sangue della vendetta dei vincitori sui vinti, nè tanto meno si affermò il regno dell’impunità dei crimini fascisti. A tanti uomini e donne dei partiti e delle istituzioni dobbiamo la volontà di fare giustizia rispetto ai reati che si consumarono nel corso del conflitto, garantendo una transizione ordinata e secondo le regole del diritto”. Oltre le polemiche e le strumentalizzazioni politiche sul cosiddetto “triangolo rosso”, c’è il lavoro scrupoloso della ricerca storica. Quella svolta da Iara Meloni nel suo nuovo libro “Nella provincia selvaggia. Giustizia, vendetta e memoria nel triangolo rosso”, edito da Viella e uscito a dicembre.

A 80 anni dalla Liberazione, il lavoro di Meloni prende le mosse “dalle tante interviste realizzate ai partigiani e alle partigiane – spiega – che raccontavano la disillusione che si era diffusa nei mesi che seguirono il 25 aprile, a cui si sono sommati i fondamentali documenti provenienti dagli archivi delle Corti d’assise straordinarie, aperti nel 2017, i tribunali istituiti per celebrare regolari processi nei confronti dei collaborazionisti. Una ricerca scrupolosa che le ha permesso anche di sconfessare certi stereotipi relativi al cosiddetto “triangolo rosso”, ovvero quel pezzo di Emilia dove la violenza politica dei vincitori avrebbe infierito sugli sconfitti più che in altre zone del nostro paese al termine della Seconda Guerra Mondiale.

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Iara Meloni

“I confini, ovvero i lati del triangolo rosso, – prosegue – sono stati deformati più volte rispetto ai territori delle province emiliane nel quale si è concentrata la mia ricerca, in particolare sul territorio di Reggio Emilia, fino ad estendersi all’intera regione. Nel corso dei miei studi ho deciso di adottare una definizione più generale come quella di “provincia selvaggia”, che dà il titolo al libro, perchè più corrispondente alla realtà. L’andamento della violenza sommaria dopo la fine del secondo conflitto mondiale infatti in Emilia Romagna non è così diverso da quanto accade in altre regioni del Nord, come il Piemonte di tradizione monarchica o il Veneto bianco. Sulla base della ricostruzione di quel periodo è più corretto allora parlare di Italia selvaggia o anche di continente selvaggio, perchè la verità è che gli strascichi violenti sono un fenomeno che purtroppo caratterizza ogni stagione post bellica, una conseguenza di tutte le guerre”.

“Come ho approfondito anche in occasione di altri studi, le Corti d’assise straordinarie che vennero istituite allora agirono da freno contro la violenza indiscriminata e le uccisioni sommarie e dobbiamo ringraziare chi volle la loro creazione in un fase ancora turbolenta della nostra storia, per far prevalere le ragioni del diritto. Purtroppo le strumentalizzazioni e le polemiche su quella stagione sono continuate e sono riemerse in diversi periodi del dopoguerra, anche negli anni ’90, per piegare la storia ad esigenze di battaglia politica. Ma in queste situazioni gli storici c’entrano assai poco”. “La provincia di Piacenza – fa osservare Meloni – fu in gran parte risparmiata da questo tipo di violenza dopo la fine della guerra perchè la nostra resistenza aveva caratteristiche proprie, era una lotta localizzata soprattutto in montagna e quando i partigiani scesero in pianura decisero di dismettere definitivamente le armi e i panni dei combattenti. Non fu così invece in altre realtà, dove la lotta contro il nazifascismo infuriò anche in pianura e nelle città; è in questi contesti che fu più facile il prolungarsi dei conflitti e delle vendette che attraversarono le famiglie e le fazioni. Fortunatamente il nostro territorio non fu teatro di grandi eccidi di civili come accadde in altre province dell’Emilia Romagna, dove si produssero odi e rancori assai più ardui da superare”.

“Ho voluto dedicare il mio libro a quelle donne partigiane – rimarca la storica piacentina – che nel dopoguerra, e ricercando negli archivi e negli atti delle corti giustizia mi sono imbattuta in tanti episodi di questo tipo, trovarono la forza di uscire allo scoperto e denunciare i propri aguzzini e torturatori. Talvolta sfidando anche le maldicenze e un clima generale di omertà. A queste madri costituenti, delle quali ho chiesto e ottenuto il permesso di citare i nomi, e al loro esempio credo che siamo debitrici e il loro coraggio è un esempio prezioso”.

La presentazione di “Nella provincia selvaggia” di Iara Meloni è prevista all’interno del dibattito sul “triangolo rosso” nell’immediato Dopoguerra – venerdì 17 gennaio, con inizio alle 18,30, la Cappella Ducale di Palazzo Farnese: l’incontro si intitola “Cosa resta del triangolo rosso?”, organizzato dal Museo della Resistenza Piacentina in collaborazione con l’Amministrazione comunale. Si partirà proprio dalla presentazione della ricerca di Meloni, mentre il dibattito vedrà intervenire gli storici Massimo Storchi dell’Istituto della Resistenza e dell’Età contemporanea di Reggio Emilia e Francesco Filippi della Fondazione Museo Storico del Trentino accanto all’autrice piacentina, insignita, per questa ricerca, del prestigioso premio intitolato a Claudio Pavone, conferitole dall’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”.





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