Mercure, Laghi: «Non è una battaglia che si fa a tutela del lavoro, ma a tutela degli interessi predatori di Sorgenia»

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LAMEZIA TERME «Questa non è una battaglia a tutela del lavoro, ma a tutela degli interessi predatori di Sorgenia e di tutte quelle ditte che pensano di venire in Calabria a cacciare le briciole, pochi soldi e portarsi via quello che gli pare». È la dura analisi di Ferdinando Laghi, consigliere regionale e promotore della norma che pone un limite di 10 MW alle centrali di energia situate all’interno delle aree protette. Come lo è quella del Parco del Pollino, nel cui centro produce energia da circa 60 anni la Centrale del Mercure, che ora rischia di essere definitivamente “azzoppata” dalla cosiddetta norma Laghi. Ospite di Supplemento d’indagine, il format in onda su L’altro Corriere Tv (canale 75) ogni mercoledì alle 20:40, Laghi risponde alle vibranti proteste scatenate, sia dalla Centrale stessa che dai sindaci dei comuni limitrofi.

«Un limite già esistente nel piano del Parco»

Una «operazione verità», come la definisce lui stesso, per sfatare «le tante sciocchezze che si sentono in questi giorni». Nata all’incirca degli anni ’60, la Centrale si è già fermata una volta nella sua storia, per poi essere riconvertita a biomasse solide, consentendogli di riaprire e arrivare alla produzione odierna di circa 40MW, di quattro volte superiore al limite previsto nella norma Laghi. «Io non ho introdotto nessun limite» specifica il consigliere regionale dialogando con Danilo Monteleone. «Ho solo ampliato quanto già previsto nel piano del Parco, approvato a luglio 2023, e adattato anche per le altre aree calabresi. Chi protesta adesso ha un anno e mezzo di ritardo, il piano girava già da 12 anni. Nessuno lo ha letto prima di avallarlo?». Quindi, pur escludendo la norma Laghi – spiega il consigliere – «il limite rimarrebbe. La Regione ha approvato il Piano con queste caratteristiche, senza alcuna deroga per la Centrale del Mercure, che è definita insostenibile dal piano del Parco nazionale del Pollino».

La protesta dei sindaci

Una discussione che sta animando il dibattito regionale: due gli emendamenti proposti alla norma, uno del centrodestra e uno del centrosinistra. Se ne discuterà nelle commissioni, ma – segnala Laghi – «c’è una cosa sconcertante. Sono state iscritte 31 audizioni in una sola seduta, tutti contrari al mio emendamento. Mentre giacciono inevase richieste di audizione da parte di altri 19 soggetti. Non si tratta di Laghi contro tutti, ma ci sono altri soggetti qualificati che vanno sentiti. Parliamo dell’area protetta più grande d’Italia e una delle più grandi d’Europa». Una zona che include diversi Comuni, i cui sindaci sono però intervenuti nel dibattito a difesa della Centrale. «Ma i territori con più impatto, quelli di Viggianello e Rotonda, che subiscono la combustione dei fumi e le ricadute, non sono stati convocati. Forse perché sono gli unici sindaci a non aver mai accettato royalties e si sono sempre opposti alla Centrale». Questo – fa notare Laghi – a differenza degli altri Comuni: «Laino Borgo prende 400 mila euro l’anno, Mormanno e Lauria oltre un milione».

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La questione della produzione

Per il consigliere regionali, non ci sono altre soluzioni. «Potrebbero uscire i Comuni dal Parco o aboliamo direttamente il Parco. Quello del Mercure è uno scandalo ben noto, non ci sono esempi in tutta Europa di una megacentrale in un’area protetta». Anche per quanto riguarda la produzione per Laghi il lume non vale la candela. «Per la produzione energetica calabrese contribuisce allo 0,0002%. Le centrali a biomasse producono molto poco, ma sono fortemente incentivate. Abbiamo solo i dati del 2016, perché oggi rifiutano di darceli: a fronte di poche centinaia di migliaia di euro dati ai comuni, loro guadagnano 49 milioni, di cui solo 10 di produzione e 39 di incentivi pubblici».

I posti di lavoro

Tra le accuse principali mosse dai critici della norma, c’è quella che pone la questione lavoro, con diversi dipendenti che perderebbero il loro posto. «Non è una battaglia che si fa a tutela del lavoro, ma a tutela degli interessi predatori di Sorgenia» risponde il consigliere. «La centrale fa perdere i posti a tutte quelle attività compatibili con l’area protetta del Parco. Fra le richieste di audizioni ci sono imprenditori turistici, albergatori, agricoltori e che sono limitati da questa presenza». Anche i numeri sono da rivalutare, aggiunge: «Dentro la centrale non sono un centinaio di addetti, sono 26, che potrebbero tranquillamente lavorare in un regime di legalità per come previsto dal piano del Parco». Anche la filiera non ne risentirebbe: «Se non si vuole riconvertire la filiera del legno, ci sono sempre altre centrali vicine a cui si possono portare le biomasse a prezzo vantaggioso».

La tutela ambientale e lo sviluppo

Pur essendo all’opposizione, sull’argomento Laghi è in accordo con Occhiuto: «Lui aveva tutto l’interesse politico a lasciare le cose come erano. Invece ha approvato il piano del parco dopo 30 anni, questo è un valore. Una cosa banale in Calabria diventa rivoluzionaria, ma si è convinto che all’interno di un’area protetta non ci può stare una megacentrale che brucia 350 mila tonnellate». Quello che il consigliere regionale definisce «un ossimoro, l’industrializzazione presente in un’area protetta. Adesso sono le attività di tutela ambientale che portano posti di lavoro, è il futuro occupazionale».

«Durante un’audizione un episodio scandaloso»

Di tutto questo se ne discuterà in Regione e nelle commissioni, nelle cui sedute si decideranno le sorti della Centrale del Mercure. Riguardo proprio le audizioni Laghi segnala «un episodio scandaloso». «Quando c’è stata l’audizione in commissione – racconta – dell’amministratore delegato della Mercure Srl, dopo la sua relazione, ho detto che gli avrei scritto le mie domande e lui si è impegnato davanti a tutti di rispondermi. Al momento in cui tutti sono usciti mi si è avvicinato dicendomi che non mi avrebbe mandato nulla e non avrebbe risposto». Per Laghi uno «schiaffo alle istituzioni e si ritorna al fatto che questi vengono in Calabria, si pigliano quello che vogliono e se ne vanno senza gli “indigeni” abbiano voce in capitolo». (redazione@corrierecal.it)

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