Il weekend nero. Sabato 25 e domenica 26 gennaio a Milano e nel resto d’Italia va in scena uno sciopero nazionale dei lavoratori delle imprese che svolgono attività ferroviarie. A rischio sotto la Madonnina saranno i treni di Trenitalia, Italo e Trenord, l’azienda che gestisce il servizio ferroviario regionale.Â
Come si legge sul portale dedicato del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l’agitazione è stata proclamata dai sindacati Sgc, Cub e Usb lavoro privato. Lo sciopero scatta alle 21 di sabato e termina alle 21 del giorno successivo: trattandosi di un giorno feriale non saranno previste fasce di garanzia, le finestre orarie in cui i convogli sarebbero regolari. Sullo stesso portale si legge che lo sciopero può coinvolgere anche il Tpl per 24 ore: a Milano quindi potrebbero essere a rischio anche le metropolitane, gli autobus e i tram di Atm.Â
I motivi dello sciopero
Usb ha chiarito in una nota le ragioni della protesta, a “un anno dal nefasto accordo del 10 gennaio 2024 nel settore manutenzione delle infrastrutture”. “Un accordo che – dicono – come ribadiamo dal primo giorno di questa vicenda riteniamo sia da considerarsi il punto di arrivo di un percorso al ribasso delle condizioni di lavoro in questo settore, voluto dall’azienda e sostenuto dai sindacati complici”.
“Ma – rivendicano – ha segnato anche il punto di inizio di un importante percorso di presa di coscienza e di rivendicazione dei lavoratori, di fronte a un immediato stravolgimento delle proprie vite. Un percorso attraverso cui i lavoratori hanno potuto sperimentare la valenza fondamentale della partecipazione assembleare, attraverso cui poter elaborare visioni e pratiche sindacali avanzate e conflittuali, oggi più che mai necessarie a contrastare gli attacchi alle condizioni di lavoro e di vita”.
Scioperi “fanno tremare gli uffici del potere”
“Gli scioperi di novembre e dicembre scorsi – spiegano – hanno portato la mobilitazione dei ferrovieri a un livello generalizzato, che ha fatto tremare gli uffici del potere. Dimostrando così che il consolidamento del fronte dei ferrovieri in contrasto alle politiche aziendali e dei sindacati complici può segnare un avanzamento importante e necessario, anche per le rivendicazioni di ogni singolo settore”. “Per questo – proseguono – crediamo che gli scioperi debbano esprimere una forza concentrata sui temi unificanti per tutti i lavoratori e per tutte le lavoratrici. E su queste premesse includeremo il settore manutenzione nello sciopero del 25 – 26 gennaio, insieme a tutti i lavoratori dell’esercizio ferroviario (macchinisti e capitreno, sale circolazione Rfi e Trenitalia), e con le altre strutture promotrici, sindacali e assembleari, che hanno sostenuto fino a ora le singole vertenze di settore”.
“Se rispetto ai rinnovi contrattuali al ribasso che stanno venendo firmati in tutti i settori dai sindacati complici, parlassero dei salari reali invece che di quelli nominali, ovvero se parlassero del reale potere d’acquisto dei lavoratori, sarebbero costretti a togliersi la maschera e ad ammettere che in realtà i lavoratori ci stanno solo perdendo. Mentre continua ad arricchirsi la classe dirigente Fs e di tutte le aziende che stanno approfittando del grasso che cola. Soldi dei contribuenti che dovrebbero invece servire a migliorare il servizio e a consentire una vita migliore per i lavoratori”, scrive Usb.
La legge “anti sciopero”
“Senza una legge anti sciopero come la 146/90 che taglia le gambe all’efficacia dello sciopero, impedendo ad esempio gli scioperi a oltranza, avremmo molto più potere contrattuale, e le aziende si guarderebbero bene da iniziative platealmente contrarie ai bisogni di vita dei lavoratori, come il 10 gennaio. Una legge che – denunciano – il ministro ‘Precetto La Qualunque’ (il riferimento è a Matteo Salvini) pensava di poter usare come giocattolo, fino all’importante vittoria che abbiamo ottenuto lo scorso 12 dicembre, con la sentenza del Tar che ci ha dato ragione e ha annullato la precettazione”.
“Allora, che il movimento assembleare dei lavoratori trovi nuova linfa, nel combattere il 10 gennaio e nell’individuarlo come punta di un iceberg che ha alle fondamenta un intero sistema sindacale piegato su sé stesso e sugli interessi aziendali. Un sistema autoreferenziale e distante dalle reali necessità dei lavoratori. Smontiamo questo sistema fallimentare che pochi hanno interesse a tenere integro, e – concludono – rivendichiamo un sistema che sia davvero democratico, per l’interesse di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici”.
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