Se la maggioranza manganella lo stato di diritto

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Da Corvetto a Brescia, davanti alla violenza spesso gli esponenti della maggioranza si schierano contro le potenziali vittime, a tutela di possibili abusi

Lo stato di diritto è sotto attacco. La destra sta muovendosi per smantellarlo, con cautela ma con pervicacia. I casi emblematici da cui partire per dimostrare questo assunto tanti. Il primo: l’inseguimento di due pericolosissimi banditi da parte di una volante dei carabinieri concluso con il loro speronamento della moto su cui viaggiavano, un’azione evidentemente necessaria per evitare gravissimi pericoli all’incolumità della popolazione da parte di quei due banditi. Stiamo parlando della morte di Ramy Elgaml, uno dei due ragazzi investiti dall’auto dei carabinieri, a Milano, il 24 novembre scorso.

Quanto è emerso la scorsa settimana dalle registrazioni audio e video di quell’inseguimento fa presumere una deliberata intenzione di provocare un incidente. Difficile negarlo, anche se meglio attendere accertamenti più precisi, come ha dichiarato con grande saggezza e forza d’animo il padre del ragazzo morto.

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Quello che invece non si può negare è la reazione di sfacciata solidarietà non alla vittima, ma ai potenziali carnefici. Il portavoce ufficioso di Giorgia Meloni, Giovanni Donzelli, ha tenuto a precisare che non vedeva nulla di male in quanto compiuto dai carabinieri. Questa dichiarazione, una delle tante piovute dalla destra, indica una scelta di campo.

Le forze dell’ordine hanno sempre e comunque ragione. E in effetti il governo prevede ora una norma ad hoc nel pericoloso ddl “Sicurezza” per esentarle da ogni responsabilità. Qualunque reato andranno a commettere, non saranno più perseguibili come gli altri cittadini. Uno scudo protettivo per lasciare mano libera ai loro interventi.

Che il clima di impunità sia questo lo dimostra un ulteriore episodio, a conclusione di una manifestazione di ambientalisti e pacifisti che si erano incatenati ai cancelli della società Leonardo, a Brescia.

Una ripetizione, in sedicesimo per fortuna, dello schema Bolzaneto. Per chi ha perso memoria di ciò che accadde a Genova, nel 2001, in occasione della riunione del G8: va ricordato che furono portate nel carcere di Bolzaneto centinaia di persone dove vennero perpetrate «sevizie continue e sistematiche» come ha riconosciuto l’ultima delle tante sentenze di condanna emesse sia dai tribunali italiani che da quello della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Una orgia di violenza spesso accompagnata da minacce e ingiurie di natura sessuale e con un sottofondo di esaltazione del fascismo (ad esempio facendo ascoltare dai telefonini di agenti e funzionari la canzone razzista del ventennio, Faccetta nera, e imponendo di gridare viva il Duce). Nessuno a destra condannò, nell’immediato, quegli episodi, ma allora ebbero il pudore di tacere. Cosa che non ha fatto l’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa, quando ha assolto preventivamente gli agenti di custodia responsabili del “violentissimo pestaggio” che causò la morte di Stefano Cucchi, nel 2009.

Ora, di nuovo, la destra si schiera con la sua più fedele constituency elettorale. Lo attestano le reazioni a quanto è successo a Brescia dove le ragazze portate in questura sono state costrette a spogliarsi integralmente e compiere movimenti irrituali per esibire le loro parti intime, evidentemente al solo scopo di umiliarle.

Tanto per dare una lezione e far capire come potrebbe andare a finire. Tutto normale secondo la questura e, ovviamente, piena solidarietà da parte dei politici di maggioranza. A Pisa, lo scorso inverno, quando gli agenti manganellarono liceali inermi, alcuni esponenti della destra locale erano insorti… perché i loro figli erano tornati a casa con la testa rotta.

Come non bastasse, da Brescia viene una ulteriore conferma della strisciante sospensione dello stato di diritto: l’equiparazione della resistenza passiva e dell’azione diretta non-violenta a illecito penale tanto da dover portare i partecipanti in questura a identificarli – e denudarli – e, in alcuni casi, punirli con un Daspo, il foglio di via che impedisce di tornare nella città (una misura sui cui limiti di costituzionalità sarà ora di decidere).

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Non c’è da stupirsi allora se Fratelli d’Italia vuole abolire il reato di tortura. In fondo, come argomentava Marcello Veneziani su La Verità del 29 aprile 2023, questo reato «serve a torturare preventivamente le forze dell’ordine, a diffidare di loro e a farle sentire in colpa preventiva».

Poverini, verrebbe da aggiungere. Questa pulsione illiberale dei meloniani è in piena sintonia con il vento che soffia dall’Atlantico, visto che Donald Trump si era dichiarato del tutto favorevole alla pratica del waterboarding. Anzi «bisognerebbe andarci giù molto più pesanti che con il waterboarding. Perché siamo in pericolo» (17 febbraio 2016). Sic.

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