Tajani invoca “discrezione” sul caso del cooperante italiano Alberto Trentini, arrestato a Caracas

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“L’Italia sta lavorando sin dall’arresto” in Venezuela del cooperante italiano Alberto Trentini, “e ci sono altri italo-venezuelani nelle carceri del paese”, che “mi pare siano 8”. Ieri nell’incontro con l’incaricato d’affari di Caracas “abbiamo ribadito la richiesta di liberazione del nostro concittadino e di tutti gli altri prigionieri politici. Ci è stato confermato che è detenuto, abbiamo chiesto che venga trattato nel rispetto delle regole e abbiamo chiesto una visita consolare. Lavoriamo in tutti i modi per venire a capo di questa situazione”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Farnesina. 

Insomma, “continua l’attività diplomatica senza clamore e polemiche” per Alberto Trentini detenuto in Venezuela “con la determinazione necessaria per raggiungere questo obiettivo, prima per verificare le condizioni di salute e poi fare in modo che possa essere liberato. Come abbiamo chiesto discrezione e moderazione per Piperno e Sala, la chiediamo anche per questo caso”.

Trentini era arrivato in Venezuela  il 17 ottobre con la Ong Humanity & Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità e fermato il 15 novembre dalle autorità venezuelane. Da allora non si hanno più sue notizie.
 

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La madre: “Mio figlio una pedina, ostaggio del Venezuela”

“Siamo molto provati. Non sento mio figlio da due mesi, da quando lo hanno portato via. Lui ora è ostaggio di quel Paese, ma è solo una pedina. Bisogna forzare il silenzio su questa vicenda, forse l’interrogazione parlamentare ha cominciato a smuovere le coscienze”, aveva detto nei giorni scorsi la madre Amanda. Il cooperante italiano è stato arrestato in Venezuela lo scorso 15 novembre e da allora non si hanno più avuto sue notizie. “Dal 15 novembre scorso, quando Alberto è partito, siamo nel silenzio. Sessanta giorni, e sessanta notti, senza avere una notizia, io e mio marito siamo nell’angoscia”, continua la madre. “Mio figlio – spiega – era solito durante ogni sua missione mandarci un messaggio e la localizzazione del luogo in cui arrivava. Questa volta non abbiamo saputo niente. E’ un figlio speciale, siamo disperati. E’ speciale per tutto quello che ha fatto inquesti anni, aiutando gli altri. Mi diceva sempre che la più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava, gente, i caminantes in fuga dal Venezuela che arrivavano da loro con le scarpe sbriciolate”. 

L’appello

“Nel pieno rispetto della sovranità territoriale del governo bolivariano e senza voler interferire nella diplomazia delle relazioni tra Italia e Venezuela, invochiamo l’attenzione di tutte le Istituzioni dei due Paesi circa la drammatica situazione di Alberto Trentini e chiediamola sua liberazione affinché possa tornare a casa e all’affetto dei suoi familiari e amici”. Lo affermano in una nota l’avvocata Alessandra Ballerini e i familiari del cooperante veneto di cui si sono perse le tracce il 15 novembre dopo il suo arresto in Venezuela.  “Alberto – si legge – è un cooperante e proprio questa sua missione umanitaria in Venezuela deve costituire un ponte di dialogo che consenta di raggiungere il risultato del suo pronto rientro in Italia. Lo chiediamo con forza e speranza. La tradizione di familiarità tra Italiani, una delle più importanti comunità nel paese sudamericano, e Venezuelani impone questo segnale di pacificazione”. 

La scomparsa e la denuncia

Erano stati i familiari a denunciare la scomparsa del cooperante: “Alberto – si legge in una nota – era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 e il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito, è stato fermato a un posto di blocco, insieme all’autista della Ong. Dalle scarse e informali informazioni ricevute sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito a Caracas e a oggi ci risulta ‘prigioniero’ in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione. Nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità Venezuelana nè Italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sè le medicine nè alcun genere di prima necessità. Dal suo arresto a oggi, a quanto sappiamo, nessuno è riuscito a vederlo, né a parlargli. Neppure il nostro Ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi”. 

La scomparsa di Alberto Trentini era stata poi confermata dalla Ong: “Da quando abbiamo ricevuto la notizia dell’arresto del nostro operatore umanitario e del conducente che lo accompagnava, ci siamo mobilitati per ottenere la loro liberazione” ma, “per non interferire nei procedimenti in corso, non abbiamo ulteriori commenti da fare in questo momento”, si legge in un comunicato dell’ong da Caracas e riportato dai media venezuelani.

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Chi è Alberto Trentini, il cooperante italiano fermato in Venezuela

Su Linkedin si definisce un “professionista con oltre dieci anni di esperienza nei settori dello sviluppo e umanitario con Ong internazionali in Sud America, Etiopia, Nepal, Grecia e Libano”, con “esperienza comprovata nella gestione di progetti e uffici, coordinamento, progettazione e budget di proposte, risorse umane e logistica. Madrelingua italiana, fluente in spagnolo, inglese e francese”.

Alberto Trentini, è il cooperante italiano della Ong Humanity & Inclusion, di cui non si hanno più notizie dallo scorso 15 novembre, dopo l’arresto da parte delle autorità venezuelane scattata durante la missione umanitaria. Fondata nel 1982, la Ong lavora in una sessantina di Paesi “al fianco delle popolazioni vulnerabili, specialmente quelle con disabilità”.
Laurea in storia moderna e contemporanea all’Università Ca’ Foscari, prima di collaborare con Humanity & Inclusion Trentini, di origini veneziane, ha lavorato nel campo della cooperazione internazionale in tutto il mondo: fra il 2023 e il 2024, con il Consiglio danese per i rifugiati, a Barbacoas, località della Colombia. Per gli ultimi 4 mesi del 2022 invece, sempre in Colombia, è stato, per l’Ong francese Solidarités International, field coordinator; stessa mansione che ha ricoperto per Première Urgence Internationale. Tra il 2017 e il 2020, Trentini ha collaborato con l’organizzazione Coopi in Ecuador, Perù, Libano e Etiopia. Tra gli altri paesi dove ha compiuto missioni umanitarie Grecia, Nepal, Paraguay e Bosnia-Erzegovina.
 

 

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