di Daniela Mone
La decisione della Corte costituzionale sull’ammissibilità del referendum sull’intera legge cd. Calderoli (n. 86 del 2024) è attesa per il 20 gennaio e quanto mai imprevedibile.
La Corte è chiamata a valutare se la materia oggetto del quesito referendario totale è fra quelle sottratte al responso popolare in base all’art. 75 della Costituzione e alla sua pregressa giurisprudenza e se il quesito è sottoponibile al voto dei cittadini senza che la loro volontà sia coartata. Ciò vuol dire che il quesito deve essere chiaro ed omogeneo. La legge n. 86 del 2024 non è una legge che la Costituzione sottrae al referendum abrogativo. Si sostiene, tuttavia, che è collegata alla legge di bilancio, esclusa invece, espressamente dalla consultazione popolare. Da un lato, però, il collegamento è venuto meno dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024; dall’altro, non c’è mai stato sul piano sostanziale, in quanto la legge Calderoli, prevedendo una clausola di invarianza finanziaria, è formalmente irrilevante proprio in termini di incidenza sul bilancio statale.
Ancora si sostiene che si tratterebbe di una legge costituzionalmente necessaria. Tale posizione sembra smentita dai fatti, visto che gli accordi che alcune Regioni hanno stipulato con il Governo sono precedenti ad essa e fondati direttamente sull’art. 116, comma 3 Cost. Inoltre, la stessa Corte costituzionale, sempre nella sentenza n. 192, ha affermato che l’attuazione dell’art. 116, comma 3, Cost., che non prevede una legge attuativa ad hoc, rientra nella discrezionalità del Legislatore. Discrezionalità, quindi, non obbligo: la legge attuativa, cioè, non è costituzionalmente obbligatoria.
Il Giudice costituzionale, però, potrebbe ritenere inammissibile il quesito perché non omogeneo. In pratica, la giurisprudenza costituzionale che negli anni si è formata ha come scopo di impedire che il cittadino, in sede referendaria, si trovi di fronte a quesiti non chiari, non univoci, non omogenei. Tale circostanza, infatti, non gli consentirebbe di esercitare liberamente il suo voto. Ed il voto non si esprime liberamente non solo se il quesito non è chiaro nella sua formulazione ma anche se, riguardando oggetti differenti, costringe il votante ad esprimere un sì o un no rispetto a discipline diverse, laddove questi potrebbe volerne, invece, abrogare alcune e conservarne altre. Quando il quesito non è omogeneo non è possibile una scelta univoca.
È questo il caso? Probabilmente sì.
La verità è che la ratio unitaria che caratterizzava la legge prima della sentenza n. 192 della Corte costituzionale, l’attuazione di un regionalismo competitivo, su cui si è condivisibilmente costruita la campagna referendaria e che poteva dare omogeneità al quesito referendario totale, non sembra esserci più. L’attuale legge Calderoli, infatti, ha ricondotto l’autonomia differenziata nei binari di un regionalismo solidale. Tale considerazione rimanda anche ad una riflessione sulla decisione della Corte di Cassazione di trasferire il referendum dalla originaria legge Calderoli a quella successiva allo scrutinio del Giudice costituzionale, radicalmente differente. In ogni caso, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il quesito totale.
Gli scenari possibili
Tornando alla decisione della Corte costituzionale, essa potrebbe, invece, esprimersi a favore dell’ammissibilità del referendum. Quali i possibili scenari?
Si apprende che l’Avvocatura di Stato non sosterrà le ragioni dell’inammissibilità della consultazione popolare, nell’udienza in Corte costituzionale prevista per il 20 gennaio. Forse il Governo presume che il quorum non sarà raggiunto? Vittoria del Governo. O che il quorum costitutivo sarà raggiunto, ma i no prevarranno sui sì? Vittoria schiacciante del Governo.
Potrebbe però accadere che i sì prevalgano sui no: vittoria politica degli oppositori al Governo.
In termini di autonomia differenziata, invece, l’esito del referendum non farà alcuna differenza. Con o senza legge Calderoli, questa si potrà fare, come dimostrato dalla prosecuzione dell’iter degli accordi già stipulati prima che la stessa fosse approvata, fra tre Regioni del Nord e Governo e fatti discutibilmente salvi nella sentenza n. 192 dal Giudice delle leggi.
In effetti, ove non abrogata, sulla base della legge Calderoli rivista dalla Corte costituzionale, l’autonomia differenziata non potrebbe che muoversi nei binari della Costituzione ed essere paradossalmente anche utile al Sud, visto che, tra l’altro, le risorse risparmiate dalla Regioni differenziate che dimostrano di saper esercitare le funzioni trasferite in modo più efficiente dello Stato, sarebbero convogliate a quest’ultimo. Questo le utilizzerebbe per assicurare le funzioni che continuano a spettargli e anche le funzioni che attengono ad esigenze unitarie (lo dice la Corte costituzionale espressamente nella sentenza n. 192).
E allora, se la Corte dovesse ammettere il referendum, è opportuno chiarire che il suo esito ha valore politico: pro o contro il Governo e le sue politiche in generale.
Un’eventuale vittoria dei sì sui no, invece, non rileverà sul piano della tutela del Sud da politiche che possano danneggiarlo. Da una parte, infatti, quella della Calderoli vigente non è l’autonomia differenziata delineata dalla legge precedente allo scrutinio della Corte costituzionale, che ledeva il Sud. Dall’altra, i rischi per il Sud prescindono da questa legge ed è opportuno non abbassare la guardia, che la Calderoli sia abrogata o meno.
La determinazione dei LEP, rispetto a cui la legge riformata dalla Corte, anzi, finalmente chiarisce che è operazione che spetta al Parlamento, è, ad esempio, operazione decisamente centrale in termini di persistenza se non aumento delle disuguaglianze fra Nord e Sud del Paese. Se i LEP, infatti, dovessero essere determinati al livello della spesa storica i territori del Sud saranno pregiudicati, pur rimanendo nel quadro della ordinaria ripartizione di funzioni fra Stato e Regioni, cioè senza attivare alcuna differenziazione.
In caso di referendum, dunque, non bisogna farsi scappare l’occasione per esprimere il dissenso al Governo e alle sue politiche (compresa quella lesiva per il Sud che aveva proposto con l’originaria legge Calderoli, nociva per tutto il Paese): ma tutti, da Nord a Sud. Se si comprende questo, si evita anche il rischio di radicalizzare uno scontro fra parti del Paese, di cui non c’è affatto bisogno e si focalizza l’attenzione sulle decisioni che, sebbene non al centro del dibattito mediatico, possono acuire divari anziché favorire la coesione e l’unità, utili all’Italia tutta.
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