Clima, ambiente e fake news tra i principali rischi per l’umanità

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Il Global risks report del Forum economico mondiale pone clima, ambiente e fake news ai primi posti tra le minacce sul lungo periodo.

“Il mondo entra in una fase che sarà caratterizzata da maggiore instabilità, da posizioni polarizzanti, da una diminuzione della fiducia e da una mancanza di sicurezza”. Saadia Zahidi, direttrice generale del Forum economico mondiale, sintetizza con queste parole le previsioni contenute nel rapporto annuale pubblicato il 15 gennaio dall’organismo internazionale. Nel 2025 ci si attende dunque il proseguimento di un anno, quello appena concluso, segnato da una grande incertezza.

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Le questioni ambientali dominano nei rischi di lungo periodo

Ma a spiccare, nella classifica dei rischi sul lungo termine, ovvero di qui a dieci anni è la presenza massiccia di tutte le minacce legate all’ambiente. Al primo posto figurano infatti gli eventi meteorologici estremi, che rappresentano una della conseguenze dei cambiamenti climatici in atto. Al secondo posto ci sono la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi. Al terzo i cambiamenti critici per i sistemi che garantiscono equilibrio alla Terra. E al quarto le possibili penurie di risorse naturali. Nella top ten c’è poi l’inquinamento, che si piazza al decimo posto.

Secondo economisti, scienziati, espetti e rappresentanti della società civile interrogati dal World economic forum, insomma, clima e ambiente rappresentano il cuore dei pericoli che correremo nei prossimi anni. Ai quali, ovviamente, si aggiungono anche altre minacce, a cominciare da quelle di possibili conflitti armati, così come del perdurare di quelli esistenti. Ma secondo il forum di Davos occorre prestare attenzione anche all’ascesa dei populismi.

I principali rischi sul lungo termine, secondo il Forum economico mondiale © Wef

La crescita dei populismi rischia di minare il multilateralismo

A partire dalla rielezione di Donald Trump negli Stati Uniti, passando per la presenza di Giorgia Meloni in Italia e di Victor Orban in Ungheria, unita al crescente consenso dell’estrema destra in Paesi come Austria, Germania e Francia, il rischio è che il mondo si ripieghi su sé stesso. Entrando in una fase di chiusura, di nuovi nazionalismi che potrebbero colpire in modo dirompente il multilateralismo, già fiaccato e in difficoltà. A patirne potrebbero essere, in questo senso, anche i tentativi di fornire risposte globali a problemi globali, a partire dagli stessi cambiamenti climatici, la cui portata planetaria richiede, appunto, risposte coordinate da parte dei governi di tutto il mondo.

Al contrario, il mondo si sta disgregando sempre di più, anche su fronti sui quali si dovrebbe operare uniti. Ed è proprio in questo senso che la disinformazione gioca un ruolo particolarmente problematico e pericoloso. Le fake news hanno infatti ormai una capacità inedita di influenzare le opinioni di milioni di persone, complici anche le tecnologie legate all’intelligenza artificiale.

Le fake news, alimentate anche dall’IA, interessano soprattutto la crisi climatica

Ma non è tutto: di fronte a questo scenario, i proprietari delle grandi piattaforme di social network, anziché imporre regole più stringenti e introdurre sistemi di controllo, moderazione e verifica, stanno abbassando la guardia. Ultimo esempio in ordine di tempo, quello di Mark Zuckerberg, proprietario di Meta, società che controlla Facebook, Instagram e Whatsapp, che ha seguito in questo senso l’esempio negativo di Elon Musk, che già dal 2022 ha preferito lasciare campo libero a tutte le informazioni che circolano sulla sua piattaforma X.

“Gli algoritmi sono concepiti con l’obiettivo di farci passare più tempo possibile sui social network, il che ci espone ad ogni tipo di informazione. E le fake news si diffondono più rapidamente di quelle vere. Esattamente come le affermazioni estreme penetrano più facilmente, ha spiegato al quotidiano francese Novethic Lou Welgryn, co-presidente di Data for Good e specialista di disinformazione. Secondo la quale è ancora più preoccupante il fatto che “è proprio sulla crisi climatica e più in generale sulle questioni legate all’ecologia che le fake news sono più presenti”.

La disinformazione dà risposte semplici a questioni complesse e fa leva sulle emozioni

Ma per quale motivo proprio su tali temi si concentra la maggior parte delle fake news? Una spiegazione è nel fatto che catastrofi come quella che ha colpito di recente Los Angeles, devastata da violentissimi incendi, rappresentano contesti propizi alla diffusione di disinformazione. Le fake news permettono infatti di fornire risposte semplici a questioni complicate. Il che dà ai lettori la sensazione di aver “chiuso il cerchio”. Spesso, inoltre, le notizie false offrono in questo senso una soluzione e un colpevole.

C’è poi una questione più legata alla sfera emotiva di ciascuno di noi. Soprattutto alcuni sentimenti come la rabbia e l’indignazione possono trovare “conferme” nelle fake news. Inoltre, le informazioni che ci innervosiscono sono più facilmente “conservate” dalla memoria umana. Ciò soprattutto in luoghi, come i social network, nei quali siamo bombardati di informazioni inutili.

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Le fake news sono solo il 5% dei contenuti, eppure scorrono di continuo

Così, anche le teorie complottiste riescono a proliferare, anche se prive di qualsivoglia base scientifica. Ciò in quanto, appunto, il carburante grazie al quale si diffondono non è legato alla loro validità ma alle nostre emozioni. Secondo quanto spiegato da Thomas Huchon, giornalista specialista di disinformazione, “le fake news rappresentano solo il 5 per cento dei contenuti pubblicati sui social network. Eppure le vediamo scorrere di continuo: ciò perché le persone, spinte da indignazione o rabbia, reagiscono, commentano, condividono”. E gli algoritmi rilevano tali interazioni, mettendo le stesse notizie false sempre più in rilievo.

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