dal governo solo minacce e cifre in libertà. Fuori i soldi per un vero contratto

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#finsubito

Contabilità

Buste paga

 


Le parole sarcastiche o velatamente minacciose dispensate dal Ministro della PA Zangrillo e dal Presidente dell’ARAN nei confronti di quei Sindacati, che hanno osato contestare l’assoluta inadeguatezza degli stanziamenti economici per il rinnovo del CCNL della sanità, la dicono lunga sul grado di nervosismo che regna al governo.

Capiamo bene che per il governo non chiudere un contratto in un settore così strategicamente rilevante rappresenti un fallimento, se poi ci aggiungiamo l’esito del referendum sul contratto delle Funzioni Centrali la misura sale, ma ciò non giustifica la reazione istituzionalmente scomposta.

Ricordiamo al Ministro che è stato lui il primo ad aprire la stagione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, dicendo che per permettere il solo recupero dell’inflazione del triennio di riferimento sarebbero serviti circa 32 miliardi ma che il governo ce ne avrebbe messi solo 8, perché i soldi per la sanità e la PA non ci sono mai, ma per le guerre e gli armamenti sì.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Lo stesso Ministro, con atto unilaterale e in piena campagna elettorale per le regionali, ha deciso di anticipare parte dei soldi dell’attuale rinnovo contrattuale in una indennità di vacanza contrattuale (IVC) maggiorata del 6,7, che oggi va sottratta ai soldi del rinnovo, rendendo ancora più ridicolmente esigue le cifre nette mensili.

Quindi signor ministro, chi tra i sindacati e il governo, ha interessi politici e non quelli dei lavoratori e lavoratrici?

E veniamo alle cifre in libertà di cui si vaneggia in queste ore dalle pagine dei giornali e che, non solo non corrispondono al vero ma che, addirittura, vengono prontamente smentite dalle tabelle allegate agli stessi articoli di stampa.

I soldi stanziati non sono variati di una virgola in questi mesi di trattativa e corrispondono, per tutti, al 5,78% sullo stipendio base. Il che si traduce, in pratica, in una cifra che va dai 115 euro medi lordi mensili per il personale di supporto ai 135 degli Infermieri e professionisti. Importi di cui non ci accorgeremo nemmeno in busta paga, perché vanno a sostituire all’incirca la corresponsione dell’IVC maggiorata.

Nessun arretrato per 2022 e 2023. Niente buono pasto e diritto alla mensa.

Il resto sono briciole che arrivano dalla legge di bilancio e distribuite solo e soltanto ad una parte del personale o lasciate alle disponibilità delle Regioni che, come sappiamo, si muovono in ordine sparso, creando enormi disuguaglianze di trattamento economico tra un territorio e un altro.

L’introduzione del profilo dell’assistente Infermiere poi, da una parte abbassa la qualità delle cure per i cittadini, dall’altra mortifica definitivamente la figura dell’OSS.

Fin qui i sanitari, ma non va meglio per gli amministrativi. Per il tanto decantato buono pasto in smart working non è necessario il contratto ma, per stessa ammissione dell’ARAN, è sufficiente (come per le funzioni centrali, del resto) la volontà dell’amministrazione; mentre la “settimana corta”, ovvero comprimere il lavoro in oltre 9 ore al giorno per 4 giorni con lo stesso stipendio, rimane comunque una possibilità e non un obbligo al quale il contratto potrebbe costringere le Aziende.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Infine, la proroga della norma di prima applicazione sarebbe stata senza finanziamenti. Ci spieghi il governo per quale motivo le Aziende Sanitarie, che fin qui non hanno provveduto a fare i passaggi verticali del personale in presenza dello stanziamento economico dello 0,55 a persona, avrebbero improvvisamente provveduto senza lo stanziamento di nuove risorse.

La verità è che non esistono miglioramenti normativi contrattuali a costo zero e chi li spaccia per tali mente sapendo di mentire.

Del contratto appena bocciato l’unica certezza sono i pochi spiccioli per tutti sullo stipendio base, mentre il resto sono solo dei se, dei ma e dei forse e manco per tutto il personale.

Se le reazioni fuori di senno del governo sono comprensibili non lo sono affatto quelle dei potenziali firmatari di questo contratto mortificante per il personale sanitario e, più di tutti, per gli Infermieri che quotidianamente pagano sulla propria pelle gli effetti di condizioni e carichi di lavoro inaccettabili. E, infatti, circa la metà sta in burnout mentre l’altra metà fugge dagli ospedali!

Chi, tra i sindacati, voleva firmare questo scempio da che parte sta?

A partire dal Nursind, quel sindacato di Infermieri attualmente impegnato a rispondere alle migliaia di insulti che sta ricevendo sui social, per aver difeso quello che più che un contratto era un insulto a sua volta;  questo accompagna la sua svolta governista con una dose abbondante di bullismo dialettico, nei confronti di chi quello stesso insulto lo ha rimandati al mittente.

Noi non dimentichiamo quando il Nursind, giustamente, non firmò il CCNL  2018 bollandolo come “irricevibile” nonostante gli stanziamenti coprissero almeno l’inflazione, ma non il recupero di quanto perso dal 2009 al 2015 con il blocco dei contratti.

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 Mentre ora, con la perdita secca del 10% del potere d’acquisto e bollette, benzina e carrello della spesa in caduta libera, avrebbe firmato per qualche Posizione in più per pochi eletti e la promessa di sedere al tavolo col governo.

Per gli altri, i “firmatari di tutto”, ci mancano ormai gli aggettivi adeguati: basti pensare che qualcuno tra questi ha dichiarato che avrebbe firmato qualora si fosse raggiunto il 51% delle adesioni. Dovevano davvero essere convinti fosse un buon contratto!

E ora, che fare? Di certo non ci accontentiamo del solo contrasto ad un contratto umiliante: noi vogliamo subito un contratto vero! Un contratto in grado di dare risposte sul piano normativo e certezze per tutti su quello economico.

Vogliamo che venga riconosciuto lo sforzo del personale sanitario nel garantire quotidianamente un servizio fondamentale per i cittadini.

Per farlo abbiamo bisogno che i lavoratori e le lavoratrici della sanità abbiano un sussulto d’orgoglio a difesa della propria condizione materiale e della funzione sociale che svolgono.

Noi continueremo a farlo nelle assemblee, nelle piazze e nei posti di lavoro con le RSU.

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Su la testa!

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