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Cresce l’utilizzo delle tecnologie ICT presso le imprese italiane, che registrano passi in avanti rispetto ad adozione dell’AI, grado di digitalizzazione e fatturato proveniente da vendite online: a rivelarlo è il report dell’Istat “Imprese ICT 2024” che restituisce la fotografia del livello di digitalizzazione di grandi imprese e PMI italiane.
La ricerca relativa al 2024 evidenzia che la quota di imprese con almeno 10 addetti che utilizza tecnologie di intelligenza artificiale è aumentata dal 5,0% all’8,2% nel 2024. Un dato che, tuttavia, posiziona l’Italia ancora indietro rispetto al resto dell’UE, dove l’adozione è salita in media dall’8,5% al 12,4%.
Aumenta la quota di imprese con almeno 10 addetti che adotta una più vasta gamma di strumenti di sicurezza informatica: il 32,2% delle imprese (28,0% nel 2022) dichiara di utilizzare almeno sette delle 11 misure di sicurezza analizzate (38,5% nell’Ue27).
Rispetto al 2022 si riduce la quota di imprese di maggiore dimensione che nell’anno precedente ha subito almeno un attacco informatico con conseguenze gravi: dal 22,1% al 19,8% delle imprese con 50-249 addetti; dal 33,1% al 29,9% di quelle con almeno 250 addetti (da 41,1% a 38,3% nell’Ue27).
Digitalizzazione, persiste un forte divario tra PMI e grandi imprese
Complessa l’analisi per quanto riguarda le PMI dove, seppur si registrino miglioramenti, emerge ancora un significativo divario con le grandi aziende (quelle con 250 addetti e oltre).
Nel 2024, con riferimento ai 12 indicatori ICT per classi di addetti, i divari maggiori si riscontrano a scapito delle PMI (imprese con 10-249 addetti), nella presenza di specialisti ICT tra gli addetti (11,3% le PMI e 74,5% le grandi imprese) e nell’organizzazione di corsi di formazione informatica per i propri addetti (rispettivamente 16,9% e 67,0%).
Differenze legate alla dimensione delle imprese emergono anche per indicatori più legati alla complessità organizzativa, per esempio l’utilizzo di strumenti utili per effettuare riunioni a distanza (47,3% per le PMI e 96,3% per le grandi imprese) e l’adozione di documenti connessi alla sicurezza ICT (35,0% e 83,6%).
Seguono la formazione degli addetti sulla sicurezza informatica e l’adozione di tecnologie di Intelligenza Artificiale (AI) che evidenziano distanze di circa 25 punti percentuali tra PMI e grandi imprese.
Ancora in crescita la quota di imprese con almeno 10 addetti che utilizza la banda larga fissa con velocità almeno pari a 30 Mbit/s: 82,8% nel 2022, 84,8% nel 2023 e 88,8% nel 2024. Sono tuttavia ancora distanti le quote per connettività ad almeno 1 Giga tra le suddette imprese (18,1%) e quelle con almeno 250 addetti (35,9%). Nove imprese su 10 dichiarano che la velocità della connessione fissa a Internet utilizzata è sufficiente per le effettive esigenze dell’azienda (sotto la media le imprese del Sud e delle Isole con l’86,7%).
Passa dal 73,2% del 2022 al 76,9% la quota di imprese con almeno 10 addetti i cui addetti accedono da remoto a posta, documenti o software aziendali.
Ancora basso il livello di digitalizzazione delle PMI italiane, come evidenzia il Digital Intensity Index (DII), uno dei sub-indicatori della transizione digitale delle imprese previsto nel programma “Bussola digitale 2030” con uno specifico target: entro il 2023 il 90% delle PMI deve registrare un DII “di base”.
Nel 2024 il 70,2% di imprese con 10-249 addetti si colloca a un livello base di digitalizzazione (adozione di almeno quattro attività digitali su 12) e poco più di un quarto si colloca a livelli definiti almeno alti dell’indicatore (26,2%).
Al contrario, il 97,8% delle imprese con almeno 250 addetti raggiunge un livello almeno base di digitalizzazione e l’83,1% anche quello almeno alto. Il livello base di digitalizzazione coinvolge l’87,5% degli addetti delle imprese con almeno 10 addetti.
Tra le imprese che utilizzano AI quasi la metà ha sperimentato l’AI generativa
Nel 2024, l’8,2% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza almeno una delle sette tecnologie di Intelligenza Artificiale (AI) analizzate indicando un miglioramento rispetto al 5,0% del 2023. Fanno un passo avanti significativo le imprese con 50-99 addetti che si attestano al 14,0% (era 5,6% nel 2023). Cresce anche la quota delle grandi imprese dal 24,1% del 2023 al 32,5%.
Osservando le tecnologie AI utilizzate per attività economica si evidenziano il 36,7% delle imprese attive nell’informatica (era al 23,6% nel 2023 e 16,9% nel 2021), il 27,6% delle telecomunicazioni (13,3% e 18,1% nelle edizioni precedenti) e il 28,3% (11,1% nel 2023) delle attività di produzione cinematografica, video e programmi televisivi, di registrazioni musicali e sonore.
Mostra un lieve rialzo anche l’intensità di utilizzo di tecnologie di AI misurata attraverso l’utilizzo combinato di almeno due tecnologie AI che passa dal 2,8% al 5,2% delle imprese con almeno 10 addetti.
Tra le imprese che utilizzano l’AI, le tecnologie più comuni riguardano:
- l’estrazione di conoscenza e informazione da documenti di testo (54,5%)
- l’AI generativa di linguaggio scritto o parlato (45,3%)
- la conversione della lingua parlata in formati leggibili da dispostivi informatici attraverso tecnologie di riconoscimento vocale (39,9%)
- l’automatizzazione dei flussi di lavoro (28,1%)
- il movimento fisico delle macchine (10,4%)
- il riconoscimento delle immagini (25,4%)
In termini assoluti, rispetto al 2023, il numero di imprese che utilizzano almeno una delle tecnologie IA analizzate aumenta del 71% facendo registrare la variazione massima per l’AI generativa (+163,5%) e quella minima per l’AI utile alla movimentazione delle macchine (+3,7%).
L’analisi dei testi (text mining) e le tecniche di apprendimento automatico (ad es. machine learning) sono le due tecnologie più utilizzate dalle grandi imprese che utilizzano l’AI (rispettivamente 60,8% e 51,6%), mentre per le imprese di dimensione più ridotta la seconda tecnologia più utilizzata è l’AI generativa per la creazione di linguaggio scritto (46,9%) che offre soluzioni innovative per automatizzare processi, migliorare la comunicazione e personalizzare i contenuti.
Gli ambiti aziendali in cui vengono piĂą spesso adottati sistemi di intelligenza artificiale sono sempre piĂą concentrati su marketing e vendite (35,7%), organizzazione dei processi amministrativi aziendali (28,2%) e attivitĂ innovative e di ricerca e sviluppo (24,6%) che in termini di variazioni assolute rispetto al 2023 rappresentano gli ambiti nei quali si registra il maggior aumento di imprese (rispettivamente +84,5%, +142,5% e +98,7%).
La variazione sul 2023 è invece minima (+0,6%) nel caso delle imprese che utilizzano AI nei processi di produzione, mentre aumenta di circa un terzo la numerosità delle imprese che usano AI nella sicurezza ICT e per la gestione finanziaria. Si riduce invece di un quarto il numero di imprese che rispetto al 2023 ha dichiarato di usare AI per la logistica.
Un quinto delle imprese ha programmato di investire in AI nel prossimo biennio
Per quanto riguarda le imprese che utilizzano almeno una tecnologia di AI emerge il 93% di esse sono piccole e medie imprese (PMI). Molte di loro si trovano nel nord Italia, con una grande concentrazione in Lombardia e una buona presenza in Veneto, Lazio, Emilia-Romagna, Campania, Piemonte e Toscana.
Quasi tutte le aziende hanno un livello base di digitalizzazione, con l’80% che ha un livello alto. In queste aziende, la maggior parte dei dipendenti è connessa a internet e quasi tutte usano una connessione veloce di almeno 30 Mbit. Inoltre, l’85% delle aziende ha formato i propri dipendenti sulla sicurezza informatica. Molti di loro partecipano a riunioni online e usano connessioni remote per accedere a email, documenti e applicazioni aziendali.
L’analisi della distribuzione della produttività , espressa come fatturato per addetto, per classi dimensionali , mostra un aumento della presenza di imprese che utilizzano tecnologie di AI rispetto a quelle che non le adottano nella fascia con produttività più elevata. In particolare, tra il primo e il quarto quartile di produttività la quota di PMI che utilizza almeno una tecnologia di AI cresce dal 6,5% a 9,2%, mentre per le grandi imprese l’incremento è dal 15,2% al 46,2%.
Osservando le imprese per tipologia di investimenti digitali giĂ effettuati o programmati per il biennio futuro emerge che la maggioranza delle imprese con almeno 10 addetti ha giĂ investito da 1 a 4 ambiti digitali nel periodo 2021-2024 (52,6%) e circa il 38% intende farlo nel biennio 2025-2026.
Per quanto riguarda le grandi imprese, circa la metĂ dichiara di aver investito tra le 4 e le 7 aree nel periodo passato (51,9%) e tra le 6 e le 9 aree in quello futuro (50,3%).
Tra le aree di investimento digitale si distinguono:
- la sicurezza informatica, con il 47,2% delle imprese dichiara di aver investito nel periodo 2021-2024 e il 53,8% di avere programmato di investirvi per il periodo 2025-2026
- i social media (rispettivamente 40,5% e 41,8%)
- la formazione informatica (25,9% e 44,3%)
- il cloud computing (25,6% e 29,3%)
Per quanto riguarda gli investimenti in beni e servizi legati alla formazione informatica e all’intelligenza artificiale la maggiore differenza è a favore della quota di imprese che programmano di investire in queste due aree rispetto al periodo passato, rispettivamente circa +18% e +15%.
Seppure gli investimenti nel digitale hanno una diffusione maggiore tra le imprese con almeno 250 addetti, anche tra le imprese di minore dimensione (10-49 addetti) emerge consapevolezza della necessitĂ di rafforzare le competenze informatiche. Cresce infatti la quota anche delle imprese piĂą piccole che programmano investimenti in questa area nel biennio futuro (40,5%) rispetto al periodo passato (22,3%).
Una impresa su cinque con almeno 10 addetti effettua vendite online
Passa dal 13,0% del 2023 al 14,7% la quota di PMI che ha effettuato nel corso dell’anno precedente vendite online per almeno l’1% del fatturato totale – percentuale ancora lontana rispetto al 20,1% della media UE –, mentre aumenta dal 18,5% al 19,9% la quota di PMI attive nell’e-commerce che hanno realizzato online il 14,0% dei ricavi totali (in calo rispetto al 15,5% del 2023).
In generale, il 20,4% (19,1% nel 2023) delle imprese con almeno 10 addetti ha effettuato vendite online fatturando il 16,9% (17,7% nel 2023) del fatturato totale (19,1% a livello Ue27).
La quota di imprese che vendono online, via web o utilizzando altri sistemi per lo scambio elettronico di dati sugli ordinativi (EDI), aumenta con la dimensione aziendale: dal 19,1% delle imprese con 10-49 addetti al 49,0% delle imprese piĂą grandi (Figura 3).
In termini di composizione, il valore totale delle vendite online si realizza per il 22,6% nel settore energetico, per il 33,2% nel settore manifatturiero (10,5% nel comparto autoveicoli) e per il 43,0% nei servizi (27,7% nel comparto del commercio).
In termini dimensionali, il 55,0% del valore online proviene da vendite delle imprese di maggiori dimensioni e il 45,0% dalle PMI. I territori piĂą attivi sono il Nord-ovest e il Centro (rispettivamente 41,5% e 36,0% delle vendite online).
Nella composizione delle imprese che vendono online si confermano come migliori quelle appartenenti al commercio (28,4%), all’alloggio (14,4%%) e alla ristorazione (8,9%).
Tra le imprese italiane con almeno 10 addetti che vendono via web, il 78,8% utilizza canali e siti web propri o del gruppo di appartenenza mentre il 60,4% (45,3% in Ue27) si affida a piattaforme online.
L’Italia figura ancora tra i primi Paesi per utilizzo di intermediari per le vendite via web dopo Lituania, Polonia, Grecia e Cipro. Le imprese che vendono via web si rivolgono nell’84,3% ai consumatori come clienti finali e nel 64,4% ad altre imprese.
Il commercio effettuato attraverso canali web con clienti collocati all’estero coinvolge il 51,2% delle imprese che vendono via web (44,2% in Ue27). Tra queste spiccano il settore tessile (80,3% di imprese), la fabbricazione di mezzi di trasporto (92,4%) e il settore ricettivo (96,1%).
Aumenta negli ultimi anni anche la quota di PMI che vende via web a clientela localizzata in altri Paesi (Ue e Resto del Mondo): nel 2021 era il 41,8% nelle PMI italiane e 42,0% la media delle PMI Ue27; l’anno successivo la quota saliva rispettivamente al 46,5% (PMI italiane) e 43,1% (PMI UE27) e nel 2024 si registra ancora un aumento del 10% per le PMI italiane con il 51,3% (44,1% media PMI Ue27).
Misure di sicurezza avanzate utilizzate soprattutto dalle grandi imprese
Per quanto riguarda le misure di cyber security adottate, il 75,9% (74,4% nel 2022) delle imprese italiane con almeno 10 addetti utilizza almeno tre misure di sicurezza informatica, in linea con la media europea (76,5%).
Si conferma l’importanza della sicurezza informatica anche tra le imprese di minore dimensione in particolare per l’elevata diffusione di misure di sicurezza meno sofisticate, come l’autenticazione con password forte (86,6%, 83,9% nel 2022) e il back-up dei dati (79,5%, 80,0% nel 2022).
Come nel 2022 sono più basse le quote di imprese che adottano misure di sicurezza avanzate, necessarie, ad esempio, all’analisi degli incidenti di sicurezza come la conservazione dei file di registro (44,7%, 44,6% nel 2022) o preventive come le pratiche di valutazione del rischio (36,9%, era 35,3%) e l’esecuzione periodica di test di sicurezza dei sistemi (31,8%).
Ancora limitata la diffusione di misure più evolute, come l’utilizzo della crittografia per dati, documenti o e-mail (dal 22,4% del 2022 al 23,9%) e di metodi biometrici per l’identificazione e l’autenticazione dell’utente (dall’8,2% al 12,1%).
Nel 2024, come nel 2022, il 15,8% delle imprese con almeno 10 addetti (il 29,9% delle imprese più grandi) ha dichiarato di aver avuto nel corso dell’anno precedente almeno uno di questi problemi.
Il settore più colpito da incidenti di sicurezza (33,0% delle imprese) è quello delle attività di produzione cinematografica, video, programmi televisivi e registrazioni.  Seguono i servizi delle agenzie di viaggio e tour operator e la fabbricazione di mezzi di trasporto con circa il 24%, la fabbricazione di computer e apparecchiature elettriche e le attività editoriali con quote tra il 21% e il 23%. In coda si posizionano le imprese della ristorazione (8,9%) e dei servizi di trasporto (9,7%).
Un dato in controtendenza rispetto al 2022, rilevabile anche in altri Paesi europei, è quello relativo alla riduzione della quota di imprese che dispongono di documenti su misure, pratiche o procedure connesse alla sicurezza informatica che è passato dal 48,3% al 35,9% (dal 37,3% al 35,5% in Ue27) avvicinandosi al valore pre-pandemico del 2019 (34,4%).
Incentivi pubblici e competenze ICT i fattori trainanti della digitalizzazione
La dimensione di impresa non solo caratterizza la propensione a investire, ma influisce anche sulla capacità di identificare i fattori di digitalizzazione che potrebbero incidere positivamente sulla competitività e sullo sviluppo dell’impresa nel biennio 2025-2026: una impresa su quattro di minore dimensione (26,3%) contro una su quindici di quelle grandi (7,0%) non ritiene che alcun fattore possa incidere positivamente nel periodo considerato.
Come primi tre fattori trainanti, le imprese con almeno 10 addetti hanno scelto le forme di agevolazione e finanziamento pubblico a sostegno della digitalizzazione (57,8%; 72,7% nel caso delle imprese con almeno 250 addetti e 62,9% per le imprese del Mezzogiorno), lo sviluppo o il consolidamento di competenze tecnologiche attraverso la formazione degli addetti già presenti nell’impresa (38,1%; 70,8% nelle grandi), le infrastrutture e le connessioni in banda ultra larga (33,4% e 54,8% nelle grandi).
A seguire, lo sviluppo di una strategia di digitalizzazione dell’impresa, importante per il 31,4% delle imprese con almeno 10 addetti e per il 61,6% delle imprese di maggiore dimensione e, l’inserimento di nuove competenze tecnologiche attraverso l’assunzione di personale (22,0%; 55,4% nelle grandi) e la capacità di “fare rete” attuando modelli di collaborazione con altre imprese e centri di ricerca per la digitalizzazione (13,5% e 30,0% nelle grandi).
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