Dopo tre anni il piano dell’economia circolare della Regione Toscana, il documento chiave delle politiche regionali in termini di rifiuti, è legge. Il piano adottato oltre un anno fa, e ora approvato dal Consiglio regionale col voto favorevole della sola maggioranza (Pd-Iv) da un lato fissa obiettivi ambiziosi, e dall’altro si affida alla proposta ‘dal basso’ di nuovi impianti, senza definirne ex ante la localizzazione. Sta di fatto che, delle 41 proposte giunte in seguito all’Avviso pubblico del 2021 per la realizazione di nuovi impianti, solo 12 risultano già realizzate o in corso di realizzazione, e per altri 7 impianti sono in corso le procedure di autorizzazione.
A questi 19 nuovi impianti dell’Avviso pubblico del 2021 “si sommano quelli di digestione anaerobica per il recupero dell’organico” sottolinea l’assessora regionale Monia Monni, parlando dell’impianto di Alia a Montespertoli e quello di Albe a Peccioli, cosa “che ci consente concretamente di stoppare un export di rifiuti dalla Toscana che pesava 160.000 tonnellate all’anno. Questa è una svolta radicale e strategica, nel segno del percorso di conversione ecologica che vogliamo realizzare per la Toscana”.
Giani soddisfatto, l’opposizione attacca
Si tratta di un piano “non dirigista”, secondo il presidente della Regione Eugenio Giani, ma “costruito in modo diverso, attraverso le proposte che vengono dal basso, dai comuni, dagli ento di gestione, e proprio perché vengono dal basso sono meno contrastate, più tollerate, più rispettate”. Sebbene il caso del biogassificatore di Empoli, progetto abbandonato su pressione dell’opinione pubblica locale, sembri smentire le parole di Giani, il quale poi sottolinea come “potremo accedere a 50 milioni di euro di finanziamenti Pnrr, che ci permetteranno di realizzare, in questa legislatura, il più forte e concreto intervento sullo smaltimento dei rifiuti visto in Toscana negli ultimi decenni”.
Al contrario, quello approvato dal Consiglio regionale della Toscana è un “non piano” secondo l’opposizione di centrodestra. “Il Piano doveva essere pronto nel 2020 ma arriva solo oggi – accusa Alessandro Capecchi, consigliere regionale di FdI – e, soprattutto, non è un Piano perché non localizza gli impianti, non prescrive niente e prevede una fase transitoria della durata di sei anni pari alla durata stessa del Piano secondo la legge”. Con queste premesse, a giudizio di Capecchi “si continuerà a mettere sotto terra almeno il 25-30% dei rifiuti prodotti in Toscana”. Troppo, per il centrodestra: tanto che, sostiene, il 14,5% dei rifiuti finiscono per essere smaltiti fuori regione, e la Tari che pagano i toscani è tra le più alte d’Italia.
Il nodo delle discariche
Gli obiettivi del piano sono ambiziosi: ridurre la produzione di rifiuti del 5% entro il 2028, portare la raccolta differenziata al 75% nel medio termine e all’82% entro il 2035, promuovendo il riuso e il recupero, e andando alla progressiva chiusura delle discariche, con il parametro del 10% come soglia fissata dalla Ue per il 2035. Tuttavia, secondo i dati emersi nel dibattito, dalle 769mila tonnellate di rifiuti conferiti in discarica nel 2019 la Toscana ha visto un incremento, con le 821mila tonnellate del 2023, a testimonianza di un impegno assai gravoso da onorare. “Richiederebbe una riduzione drastica e costante di quasi due punti percentuali all’anno”, osserva Irene Galletti, capogruppo del M5s. Mentre la discarica di Gello, a Pontedera, secondo le previsioni del piano è destinata all’ampliamento.
Fra le singole tipologie di impianti, la Regione ha riconfermato il suo no a nuovi termovalorizzatori – potranno operare ancora San Zeno (in via di potenziamento), Poggibonsi e Montale (che presto avrà un nuovo gestore), con Livorno già fermo e destinato alla chiusura definitiva. Rispetto alle manifestazioni d’interesse originarie, sono stati abbandonati i progetti di biogassificatore a Empoli, Rosignano Marittimo e – per decisione recentissima di Alia – Pontedera. Confermato invece a Peccioli (è in fase di autorizzazione) il progetto di impianto di ossicombustione di Retiambiente, il primo nel suo genere in Toscana, con una tecnologia in credo di “bruciare” i rifiuti senza fiamma, ma con la sola azione dell’ossigeno.
Il piano approvato dal Consiglio ha tre dimensioni, secondo Monni: “Quella industriale – ha detto -, perché puntiamo verso una filiera innovativa di trattamento, che si alimenta di materie riciclate e recuperate e che guarda alle operazioni ambientalmente più virtuose in termini di trattamento. Quella sociale, perché da una parte puntare sul riuso significa attivare straordinarie forme di economia collaborativa e dall’altra sviluppare una complessa rete impiantistica significa stimolare nuova e più stabile occupazione. Vi è poi la dimensione della legalità che per la prima volta trova spazio in un atto di pianificazione in materia di rifiuti, ma ritenevamo imprescindibile individuare azioni cogenti per aumentare quanto più possibile i nostri anticorpi rispetto ai tentativi di infiltrazione che in ogni parte di Italia interessano ancora il delicato e complesso settore dei rifiuti”.
Impianti realizzati o in fase di realizzazione:
Impianti in fase di autorizzazione:
- Revet – Pontedera: interventi di efficientamento e potenziamento degli impianti di selezione e riciclo plastiche;
- Ascit – Capannori: impianti di selezione rifiuti tessili;
- RetiAmbiente – Peccioli: impianto di ossicombustione;
- Vetro Revet – Empoli: impianti di trattamento rifiuti di vetro urbani;
- RetiAmbiente – Massarosa: impianto di valorizzazione imballaggi carta e cartone;
- Ascit – Capannori: impianto di trattamento e recupero di prodotti assorbenti ad uso personale;
- RetiAmbiente – Cecina: impianto di trattamento dei rifiuti provenienti dallo spiazzamento delle strade e dalla pulizia degli arenili.
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