Inchiesta Venezia, gli assessori ai pm: «In giunta parla solo il sindaco Brugnaro. Disse che ai Pili si poteva costruire»

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di
Alberto Zorzi

Indagine per corruzione contestata all’ex assessore Boraso, al sindaco e vari collaboratori: i verbali raccontano 10 anni di governo stile padre-padrone: «Nessuno lo contraddice, delibere già discusse. Boraso? Un affarista»

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«In giunta, quando è presente il sindaco parla solo lui e io e gli altri interveniamo solo se interrogati o solo se commette un grosso errore. È vero che io più di altri assessori potevo contraddire il sindaco ma questo perché avevo delle deleghe (bilancio e partecipate) che mi impongono di intervenire se viene detta una cosa sbagliata». Nell’inchiesta che ha sconvolto il Comune di Venezia ci sono i reati, in primis le accuse di corruzione nei confronti sia dell’ex assessore Renato Boraso che del sindaco Luigi Brugnaro e dei suoi più stretti collaboratori. Ma nei verbali raccolti dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini e dai finanzieri, emerge lo spaccato di quasi dieci anni di «governo Brugnaro», una sorta di «padre padrone» in municipio: lo dice Boraso, ma anche l’assessore Michele Zuin (sua la citazione iniziale) e l’ex vicesindaco Luciana Colle.

L’ex vicesindaca Colle

Entrambi erano stati convocati perché presenti all’incontro tra Brugnaro e il magnate di Singapore Ching Chiat Kwong il 24 aprile 2016, una domenica mattina, a Ca’ Farsetti: quello del famoso video in cui il sindaco, mostrando una mappa dei Pili, diceva «qui è tutto edificabile, qualsiasi roba sì… Qua bisogna fare fino a cento metri». «Ero chiamata a presenziare a questi incontri solo per far numero, ma non interloquivo. Sono sempre rimasta in disparte – racconta Colle – A un certo punto è uscita l’area dei Pili e Brugnaro ha detto “so che tu hai fatto il waterfront sul Tamigi” e ha aggiunto che c’era la possibilità di fare un’operazione analoga a Venezia». Colle, peraltro, ex funzionaria del Demanio, conosceva bene i Pili, che Brugnaro aveva acquistato proprio dall’Agenzia nel 2006. E produce agli inquirenti anche carte sulle varie funzioni previste, non citando residenza o hotel. «Prendo atto che all’incontro il sindaco ha offerto opportunità edificatorie anche residenziali – aggiunge – Non mi ero resa conto che stesse dando assicurazioni sulla edificabilità di terreni di sua proprietà privata».




















































L’assessore Zuin e i palazzi

Idem Zuin: «Quando il sindaco ne ha parlato nel suo modo esuberante non ci ho fatto molto caso e l’ho imputato alla sua indole, confermo però che il sindaco ha esibito a Ching le foto aeree dei Pili – racconta – Mi ricordo che Brugnaro stava proponendo al finanziere i terreni dei Pili e dava assicurazioni al Ching sulla possibilità di edificare. Distratto dalla prospettiva di far vendere i palazzi ho sottovalutato la circostanza che il sindaco stava promuovendo la vendita dei suoi terreni ai Pili». I palazzi sono ovviamente Donà e Papadopoli, che Ching avrebbe comprato – secondo l’accusa – per «accreditarsi» in città. Entrambi però affermano di non aver più saputo nulla dei Pili, mentre per i palazzi una delle accuse è che il Papadopoli fosse stato «scontato» da 14 a 10,8 milioni per fare un piacere al magnate. «Non ricordo alcuna pressione per farlo deprezzare – dice Colle – L’idea di rivedere la stima non è mia, ma è da ricondursi allo staff del gabinetto del sindaco». Ovvero Morris Ceron e Derek Donadini, il capo e il suo vice.

Lo staff e l’assessore nella bufera

Colle e Zuin concordano sullo strapotere di Brugnaro in Comune. «Anche Boraso interveniva in giunta, sul versante politico, contraddicendo il sindaco. Molti dirigenti non avevano invece il coraggio, salvo poi lamentarsi a posteriori», dice Zuin. «Il clima in giunta non consentiva a nessuno di contestare Brugnaro, a parte Zuin e Boraso. Altro assessore che veniva ascoltato era Simone Venturini – ricorda Colle – Le delibere erano state già discusse, concordate e digerite nella pre-giunta. In giunta non c’è mai stata vera discussione». Sullo staff l’ex vicesindaco non ha un buon parere. «Con Ceron non facevo mai incontri da sola perché ne diffidavo», racconta. Quanto a Donadini, i rapporti si erano incrinati dopo che Colle era stata «sgridata» da Brugnaro per una cosa fatta da lei con l’ok del vicecapo di gabinetto, che però poi aveva negato. «Lui e Ceron erano succubi del sindaco e terrorizzati da lui che spesso li investiva di improperi». Quanto a Boraso, Colle è tranchant: «Lo conoscevo da prima, è il classico affarista». Zuin, a lungo suo compagno di partito in Forza Italia, ha negato di aver mai saputo di suoi affari illeciti: «Non sono mai stato informato che richiedesse denaro alla gente e che facesse pressioni sui dipendenti o amministratori delle partecipate – ha riferito – Boraso non mi ha mai chiesto nulla di illecito. Questa vicenda per me è stata una profonda delusione».

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