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Fmi, il Fondo monetario lima le stime del Pil dell’Italia. Economia mondiale cresce del 3,3%, rischi al ribasso
Il Fondo monetario internazionale lima al ribasso la crescita dell’Italia per il 2025, riducendola a +0,7%, ovvero 0,1 punti percentuali rispetto alle previsioni precedenti. Per il 2026 il Fmi alza invece la sua stima di 0,2 punti percentuali a +0,9%. Nelle sue nuove previsioni economiche, l’istituto di Washington rivede al ribasso le previsioni di crescita per il 2025 e il 2026 di Germania e Francia. La locomotiva tedesca è attesa crescere quest’anno dello 0,3% (-0,5 punti percentuali) e il prossimo dell’1,1% (-0,3 punti). Il Pil francese segnerà invece un +0,8% nel 2025 (-0,3 punti) e un +1,1% nel 2026 (-0,2). Secondo l’Fmi leggera revisione al ribasso della stima di crescita dell’Italia riflette le “sfide di medio termine” che l’economia si trova ad affrontare, ma anche l’incertezza che pesa a livello globale ed è legata alle politiche economiche dei nuovi governi.
L’economia mondiale crescerà del 3,3% nel 2025 e nel 2026, al di sotto della media storica del 3,7% fra il 2000 e il 2019. Lo prevede il Fondo Monetario Internazionale, stimando che l’inflazione globale scenderà al 4,2% quest’anno e al 3,5% nel 2026. “I rischi a medio termine sono orientati al ribasso, mentre le prospettive a breve termine sono caratterizzate da rischi divergenti”, afferma il Fmi sottolineando come un intensificarsi delle politiche protezionistiche potrebbe esacerbare le tensioni commerciali e pesare sulla crescita. Sulla ripresa pesano anche i rischi di nuove pressioni inflazionistiche che potrebbero spingere le banche centrali ad alzare e le tensioni geopolitiche. In questo contesto è necessario instradare il debito su una traiettoria sostenibile: il consolidamento deve essere attentamente calibrato alle particolari condizioni che l’economia affronta: “Dovrebbe essere considerevole ma graduale così da evitare di danneggiare l’attività economica. Dovrebbe essere chiaramente comunicato e credibile per ottenere risultati duraturi”.
Bankitalia, crescita economia stenta: slancio in 2025 +0,8%
In Italia “la crescita dell’economia stenta a recuperare vigore”. E’ quanto scrive la Banca d’Italia nel bollettino economico secondo cui “nel quarto trimestre del 2024 l’attività economica si è mantenuta debole, risentendo come nel resto dell’area dell’euro della persistente fiacchezza della manifattura e del rallentamento dei servizi”. “Nelle nostre proiezioni, elaborate nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema (diffuse a dicembre ndr), la crescita acquisirebbe slancio nel corso di quest’anno, collocandosi intorno all’1 per cento in media nel triennio 2025-27”, con +0,8% nel 2025 e +1,1% nel 2026.
Bankitalia, con dazi Usa “effetti significativi su aziende”
“Un inasprimento dei dazi” da parte dell’amministrazione Trump “avrebbe effetti significativi sulle aziende italiane che esportano verso il mercato statunitense, soprattutto le piccole e le medie”. E’ l’allarme della Banca d’Italia che dedica un focus sul tema nel suo bollettino economico ricordando come “il nostro paese è significativamente esposto verso gli “Stati Uniti, che rappresentano la seconda destinazione, dopo la Germania, delle vendite estere di beni dell’Italia”. Con gli Usa il nostro Paese vanta “cospicuo surplus negli scambi di beni” pari al 2% del Pil, frutto di un export di 53 miliardi e import per soli 20 miliardi.
Torna a indebolirsi la spesa delle famiglie a fine 2024 dopo la forte crescita dell’estate scorsa. Come emerge dal bollettino economico della Banca d’Italia si tratta di un effetto del deterioramento della fiducia delle famiglie. Secondo le stime di Via Nazionale infatti “l’aumento dei consumi delle famiglie si sarebbe attenuato nello scorcio del 2024”. La banca ricorda come la fiducia dei consumatori è lievemente peggiorata nel quarto trimestre, penalizzata da giudizi meno favorevoli sulla situazione economica generale e dal deterioramento delle aspettative sull’occupazione. Sono rimaste nel complesso favorevoli le valutazioni sulla situazione economica personale e sulle possibilità di risparmio. Queste ultime sono rese appetibili dai tassi di interesse reali ancora elevati, ponendo così un freno ai consumi.
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