Primo: liberare gli ostaggi. Ma dopo? Torneremo alla situazione pre-7 ottobre? – Israele.net

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E’ necessario ribadire che Gaza non deve poter essere usata mai più come base per lanciare attacchi terroristici, e rendersi conto che dopo questa guerra di 15 mesi i nemici dello stato ebraico non sono affatto scomparsi

Editoriale del Jerusalem Post

I 33 ostaggi che dovrebbero essere rilasciati dai terroristi palestinesi nella prima fase dell’accordo: Liri Albag, Itzhik Elgarat, Karina Ariev, Ohad Ben-Ami, Ariel Bibas, Yarden Bibas, Kfir Bibas, Shiri Silberman Bibas, Agam Berger, Romi Gonen, Danielle Gilboa, Emily Damari, Sagui Dekel-Chen, Yair Horn, Omer Wenkert, Alexander Troufanov, Arbel Yehud, Ohad Yahalomi, Eliya Cohen, Or Levy, Naama Levy, Oded Lifshitz, Gadi Moshe Moses, Avera Mengistu, Shlomo Mansur, Keith Siegel, Tsahi Idan, Ofer Calderon, Tal Shoham, Doron Steinbrecher, Omer Shem-Tov, Hisham Al Sayed, Eli Sharabi (clicca per ingrandire)

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Sosteniamo pienamente l’accordo per riportare a casa gli ostaggi concordato da Israele e Hamas in Qatar. Ma con riserve.

Come ha detto alla nazione mercoledì sera il presidente d’Israele Isaac Herzog nel suo appello al governo affinché approvasse il documento, l’accordo è una “mossa necessaria”. “Non esiste un obbligo morale, umano, ebraico e israeliano più grande di quello di riportare i nostri figli e le nostre figlie in patria, che sia per guarire nelle loro case o per essere sepolti”.

Tuttavia, sarebbe irresponsabile non riconoscere che l’accordo è irto di insidie potenzialmente molto pericolose, che comportano implicazioni di vasta portata per la futura sicurezza di Israele.

Riconoscere questi pericoli non significa voler abbandonare gli ostaggi in cattività né allinearsi con i membri più estremisti e intransigenti della coalizione, come Itamar Ben-Gvir o Bezalel Smotrich.

Significa semplicemente essere realisti.

E questo punto di vista, condiviso da molti settori del panorama israeliano, comprese diverse famiglie di ostaggi trattenuti a Gaza per 468 giorni, deve essere tenuto in considerazione e non semplicemente liquidato come un’assurdità da falchi che vogliono solo continuare la guerra.

Gli aspetti negativi dell’accordo sono sotto gli occhi di tutti. Come ha detto il presidente Herzog, “non facciamoci illusioni: questo accordo, una volta firmato, approvato e attuato, porterà con sé momenti profondamente dolorosi, difficili e strazianti… una tra le sfide più difficili che abbiamo mai conosciuto”.

L’accordo comporterà la scarcerazione di più di 1.000 terroristi palestinesi dalle prigioni israeliane, il che renderà questa regione un luogo incommensurabilmente più pericoloso.

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Sappiamo bene cosa è successo negli anni successivi alla liberazione di Gilad Schalit (l’ostaggio scambiato con il rilascio di più di mille terroristi, fra i quali lo stesso Yahya Sinwar ndr). Gli esperti di sicurezza prevedono che gli effetti di questa ondata di scarcerazioni saranno ancora peggiori.

Altrettanto preoccupante, se non di più, è l’ambiguità sul futuro di Hamas.

In tutto il materiale trapelato o rivelato circa i dettagli dell’accordo, così come nel lungo annuncio sull’accordo fatto mercoledì sera dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nulla viene detto su cosa il mondo intenda fare riguardo a Hamas e al suo spietato abuso della popolazione di Gaza.

Per coloro che hanno forgiato l’accordo e lo hanno portato avanti – le amministrazioni Biden e Trump, a stretto contatto con Egitto e Qatar – gli elementi trainanti erano un cessate il fuoco immediato e la fine della guerra, il ritorno degli ostaggi e l’inizio degli sforzi per ricostruire Gaza.

La questione se Hamas continuerà a prosperare, come governo terrorista e come forza dominante a Gaza, è passata in secondo piano.

Biden, nel suo discorso di mercoledì sera, ha detto: “Questo accordo fermerà i combattimenti a Gaza, aumenterà l’assistenza umanitaria tanto necessaria ai civili palestinesi e riunirà gli ostaggi alle loro famiglie dopo oltre 15 mesi di prigionia”. Nessun accenno al fatto che Hamas mantenga il controllo di Gaza.

Donald Trump, da parte sua, ha scritto sulla sua piattaforma di social media: “Con questo accordo in atto, il mio team per la sicurezza nazionale, attraverso gli sforzi dell’inviato speciale in Medio Oriente Steve Witkoff, continuerà a lavorare a stretto contatto con Israele e i nostri alleati per garantire che Gaza non diventi MAI più un rifugio sicuro per i terroristi”.

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Ma da nessuna parte viene indicato come ciò avverrà esattamente.

Mentre Israele si appresta a compiere un sacrificio estremo per riportare a casa i suoi cittadini e si appresta a fermare i combattimenti contro la forza che ha scatenato tutto questo male il 7 ottobre 2023, è necessario sapere e ribadire che Gaza non deve poter essere usata di nuovo da Hamas come base per lanciare attacchi missilistici e invasioni via terra.

Può darsi che l’unico modo per riportare a casa i nostri ostaggi sia rimandare le questioni più spinose, come quella di chi sostituirà Hamas nel ruolo di un governo non terrorista e funzionante che si concentri sulla riabilitazione di Gaza anziché spendere una fortuna in tunnel e razzi per attaccare Israele.

O dobbiamo pensare che i sostenitori dell’accordo si limiteranno ad ammettere tacitamente che Hamas non andrà da nessun altra parte, e quando le ultime truppe israeliane lasceranno Gaza ci ritroveremo esattamente nella stessa situazione in cui eravamo il 6 ottobre 2023?

Sì, anche se così fosse l’accordo deve essere accettato. Gli ostaggi sono sacrosanti.

Ma come accade sempre quando Israele è costretto a fare enormi concessioni per salvare la propria gente, dovremo aumentare la nostra difesa e la nostra vigilanza e metterci bene in testa che, dopo questa guerra di 15 mesi, il nostro nemico non è affatto scomparso.

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(Da: Jerusalem Post, 17.1.25)



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