Report di Open Doors: 380 milioni i cristiani perseguitati nel mondo

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Di fede si continua a morire eccome. Lo testimoniano i dati allarmanti esposti ieri mattina alla Camera da Porte Aperte/Open Doors nella presentazione dell’annuale World Watch List (WWL), la lista dei 50 stati ordinati sulla base dell’intensità della persecuzione degli abitanti cristiani. Nel mondo oltre 380 milioni di seguaci del Vangelo vivono una condizione di alto livello di persecuzione (1 cristiano su 7). I numeri sono in aumento di anno in anno, solo nel 2024 i fedeli in questa condizione erano circa 365 milioni. I dati di quest’anno sono i più alti dall’inizio delle attività di ricerca pluri-trentennale dell’agenzia, che nel 2025 celebra i 70 anni di impegno umanitario sul campo.

Ogni giorno vengono uccisi 12 cristiani per motivi di fede, per un totale di 4.476 omicidi totali nel corso dell’anno (nel report 2024 erano 4.998), 4.744 sono invece i credenti arrestati e 3.775 i rapiti. Sono migliaia i luoghi di culto presi di mira, tra cui chiese o edifici pubblici cristiani (7.679 casi).

Al primo posto nella classifica, che viene stilata considerando allo stesso modo ogni sfera della vita (privato, famiglia, comunità, chiesa, vita pubblica e violenza), rimane da 23 anni la Corea del Nord. Nello stato di Kim continua la politica di tolleranza zero nei confronti dei cristiani, costretti a vivere la fede in totale segretezza.

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Un messaggio scomodo

«Le motivazioni dell’aumento dei numeri sono da ricercare nei mutamenti geopolitici in atto, specialmente nel Sahel, che portano a un’instabilità che fa da humus per ogni tipo di violazione – spiega a Tempi il direttore di Open Doors, Cristian Nani -. Altro problema, che si riscontra in special modo in America centro-meridionale, in particolare in Messico, Cuba e Nicaragua, è costituito dal crimine organizzato, che vede la Chiesa come una realtà che allontana i giovani dalla strada, privando il cartello di possibili reclute future. La tragedia delle persecuzioni prosegue da Cristo in poi, e fa parte della storia della Chiesa. Il messaggio cristiano è scomodo per il mondo, si oppone alla mentalità comune e per questo infastidisce».


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«Una testimonianza indelebile»

Il continente più rappresentato tra le prime dieci posizioni in lista è l’Africa, che conta quasi in sequenza Somalia (2°), Libia (4°), Sudan (5°), Eritrea (6°) e Nigeria (7°). L’epicentro della violenza, come sottolineato da Nani, è proprio la regione subsahariana, teatro di scontri continui e guerre civili che spesso sfociano in violenze mirate nei confronti dei cristiani, in particolare da parte di fondamentalisti islamici dell’etnia Fulani o da Boko Haram e Iswap. Non a caso quasi il 70 per cento dei cristiani uccisi e il 75 per cento dei rapimenti per fede in tutto il mondo si conta nella sola Nigeria.

«Soprattutto in questo continente – prosegue Nani – si verifica quello che noi chiamiamo “miracolo della non rappresaglia”, la risposta dei fedeli è straordinaria. Per gli occidentali, lontani da questa realtà, è difficile da comprendere. Ho visto con i miei occhi uomini e donne che perdonano gli uccisori dei loro figli o i terroristi che hanno incendiato le loro case. Se i cristiani rispondessero alla violenza con la violenza ci troveremmo nel caos più totale. Questa oggi è una testimonianza indelebile di Cristo».

Guerra civile e persecuzione digitale

In Yemen (3°) e Myanmar (13°) la causa delle persecuzioni è dovuta alle guerre civili in atto. Nello stato arabo dal 2015 imperversa lo scontro tra i ribelli Houthi e il governo, causa di continue vessazioni per i cristiani, sia nelle aree sotto il governo riconosciuto a livello internazionale che in quelle sotto l’influenza dei ribelli. Anche nello stato asiatico dal 2021 è in atto uno scontro civile con scarse possibilità di risoluzione in tempi brevi. Nel paese in particolare una delle situazioni più tragiche si verifica nella regione di Kachin, dove circa 100.000 fedeli vivono da mesi in campi sfollati per evitare di essere uccisi.

Completano le prime 13 posizioni, che raggruppano gli stati in cui vige una persecuzione estrema, Pakistan (8°), Iran (9°), Afghanistan (10°), India (11°) e Arabia Saudita (12°). A poche posizioni di distanza troviamo la Cina di Xi Jinping, che nel paese mette in pratica la «persecuzione digitale», perpetrata attraverso il controllo tecnologico dei fedeli e sempre più esportata da altri regimi totalitari nel mondo.

La triste novità dell’Asia Centrale

Se per gran parte dei paesi citati la situazione da anni è stabilmente tragica, sono una novità i dati relativi all’Asia Centrale. Tutti gli stati presi in considerazione da Open Doors in quest’area presentano infatti un aumento della violenza contro le chiese cristiane. Il triste primato spetta al Kirghizistan, in grado di scalare 14 posizioni rispetto all’anno scorso con un incremento di 7 punti. Attualmente la regione ex Urss si posiziona al 47° posto. La causa è da ricercare nelle politiche messe in atto dal presidente Sadir Japarov per soffocare le critiche pubbliche, che indeboliscono lo stato di diritto e la libertà di espressione e portano a un’inevitabile deriva autarchica. Un’evoluzione simile si sta verificando nei vicini Uzbekistan (25°), Kazakistan (38°) e Tagikistan (39°).

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Open Doors sottolinea anche l’incremento dei fenomeni della “Chiesa nascosta” e della “Chiesa profuga”, che complicano notevolmente la misurazione dei dati relativi alle violenze in molti paesi. Il dato raggruppa le migliaia di persone costrette a vivere il loro credo nella più totale segretezza, dando vita a una religione “invisibile” (questo accade in particolare in Libia, Algeria, Afghanistan, Cina, Corea del Nord e Somalia) o a fuggire dai luoghi di origine. Causa di ciò sono spesso gli attacchi contro le chiese (7.679 casi) o contro le case e i negozi dei cristiani (28.368 casi) che costringono i fedeli alla clandestinità. Una delle situazioni più esemplari in questo senso è rappresentata dalla Siria, culla della cristianità che si sta svuotando di seguaci del Vangelo.


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