Nella mattinata del 17 gennaio 2025, il Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Catanzaro, con il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Catanzaro, ha eseguito un’importante operazione che ha portato all’arresto di sei persone. Gli indagati, sulla base della gravità indiziaria rilevata durante le indagini preliminari, sono accusati a vario titolo di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso e di istigazione alla corruzione. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro.
L’operazione trae origine dalla denuncia coraggiosa del legale rappresentante di un’impresa di costruzioni, vittima di una richiesta estorsiva pari a 150.000 euro. Tale somma, equivalente al 3% di un appalto del valore complessivo di 5 milioni di euro, riguardava lavori pubblici per la realizzazione del “Terzo Megalotto” della Strada Statale 106. Si tratta di un’opera infrastrutturale di grande rilevanza per il territorio, ma operante in un contesto storicamente influenzato dalla criminalità organizzata, nello specifico dalla cosca di ‘ndrangheta Abbruzzese di Cassano all’Ionio.
Le attività investigative, condotte con metodi avanzati quali intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, sono state supportate da un’analisi dettagliata di documentazione fiscale, bancaria e amministrativa. Questo ha permesso agli investigatori di ricostruire il sistema illecito utilizzato per ricavare i fondi destinati alla cosca. In particolare, le somme richieste venivano generate attraverso un meccanismo di sovrafatturazione da parte di imprese colluse. Queste ultime, mediante documenti falsi, simulavano forniture di materiali o prestazioni di servizi mai effettuati o fortemente sovradimensionati. I fondi così ottenuti confluivano nelle casse della cosca, rafforzandone il controllo sul territorio.
Le indagini hanno portato all’identificazione di tutti i soggetti coinvolti: il reggente della cosca Abbruzzese, gli intermediari tra la cosca e le vittime, e i rappresentanti delle società interessate. Ulteriori accertamenti hanno permesso di individuare anche episodi di istigazione alla corruzione. In uno specifico caso, uno degli indagati avrebbe offerto una tangente di 20.000 euro al capocantiere di una società a partecipazione statale incaricata dei lavori, affinché falsificasse i certificati di stato di avanzamento lavori (SAL) relativi allo smaltimento delle acque.
Oltre all’esecuzione delle misure cautelari personali, è stato disposto il sequestro preventivo di tre società e dei relativi complessi aziendali. Tali strutture, ritenute strumenti funzionali alla commissione delle attività illecite, sono ora sotto controllo delle autorità.
L’operazione rappresenta un importante passo nella lotta alla criminalità organizzata, soprattutto in un settore delicato come quello degli appalti pubblici. La Procura della Repubblica di Catanzaro e la DIA hanno ribadito la necessità di un monitoraggio continuo delle dinamiche mafiose, specialmente in opere di rilevanza strategica per lo sviluppo del territorio. Questa vicenda sottolinea, inoltre, l’importanza della collaborazione tra imprese e istituzioni nella denuncia e nel contrasto ai fenomeni di estorsione, contribuendo a creare un ambiente economico più sano e libero dalle influenze criminali.
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