La sovranità digitale è sempre più rilevante in un contesto segnato dalla rapida evoluzione tecnologica, dall’aumento della dipendenza dal cloud e dalle incessanti minacce informatiche che gravano su infrastrutture e dati sensibili. In questo scenario, la sicurezza informatica diventa fondamentale non solo per proteggere le reti critiche e salvaguardare la privacy, ma anche per preservare la stabilità economica e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Sovranità Digitale: una Sfida per le Democrazie Moderne
La crescente dipendenza dalle tecnologie digitali ha innescato un dibattito sempre più intenso sul tema della sovranità digitale, collegato a una vasta gamma di minacce informatiche in grado di compromettere interessi economici, sicurezza nazionale e valori democratici. In un mondo in cui le infrastrutture critiche, le comunicazioni, i dati personali e l’innovazione tecnologica dipendono in misura rilevante dai servizi digitali, la domanda cruciale riguarda l’effettiva capacità degli Stati di controllare, gestire e proteggere i propri sistemi, processi e dati.
L’idea di digital sovereignty (o “autonomia strategica digitale”) ha guadagnato terreno sia nel dibattito accademico sia in quello politico, acquisendo una portata ben più ampia di quanto immaginato fino a pochi anni fa. In passato, la sovranità era quasi esclusivamente associata al controllo territoriale e al riconoscimento internazionale. Oggi, invece, la tutela della sovranità in ambito digitale si traduce nella capacità di difendere l’economia, la stabilità istituzionale e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Concetto di Sovranità: dall’Autorità Territoriale al Controllo dei Dati
La trasformazione digitale ha acuito la concorrenza geopolitica fra le potenze globali, generando dipendenze tecnologiche che influiscono sull’autonomia decisionale di un Paese. Gli esempi più evidenti sono il ricorso massiccio ai servizi in cloud forniti da big tech perlopiù non europee, il dominio straniero delle piattaforme social e dei motori di ricerca e la carenza di infrastrutture cloud europee in grado di competere su vasta scala.
Secondo un’interpretazione ampia, la sovranità digitale non è limitata a un solo aspetto tecnico, bensì comprende il controllo degli asset strategici nazionali, il monitoraggio dei flussi di dati (industriali e pubblici) e la capacità di garantire processi democratici trasparenti. Laddove uno Stato non riesca a difendere l’integrità dei propri dati e delle proprie infrastrutture, rischia di subire un’erosione progressiva della propria autonomia, con conseguenze sia sul piano economico che su quello istituzionale.
Sicurezza Informatica: la Colonna Portante della Sovranità Digitale
La dimensione chiave della sovranità digitale è la sicurezza informatica. Nell’accezione tradizionale, essa concerne la resilienza cibernetica delle infrastrutture critiche, come le reti energetiche, i sistemi di gestione del traffico o i servizi idrici. Denominate spesso IACS (Industrial Automation & Control Systems), queste piattaforme sono bersagli strategici per potenziali attacchi mirati a causare interruzioni o sabotaggi.
A tale problematica si somma la protezione della proprietà intellettuale: la sottrazione di progetti innovativi, brevetti o know-how industriale può danneggiare in modo grave i settori di punta di un Paese. Autorità di sicurezza e intelligence di vari Stati segnalano che potenze estere e attori non statali conducono campagne di cyberspionaggio per rubare dati sensibili e preparare azioni di sabotaggio.
Dipendenze Tecnologiche e Rischio di Vendor Lock-In
La crescente adozione del cloud rende palpabile la vulnerabilità derivante dalla dipendenza da un numero ristretto di fornitori globali (i cosiddetti hyperscalers). Questi colossi gestiscono infrastrutture, data center e software per milioni di imprese e amministrazioni in tutto il mondo, agendo spesso su più giurisdizioni.
La concentrazione del mercato in poche mani rischia di creare di fatto un monopolio, favorendo la possibilità di “vendor lock-in”: le organizzazioni, una volta scelte determinate soluzioni, incontrano grandi difficoltà nel migrare altrove dati e servizi. Queste situazioni di dipendenza si acuiscono a causa di normative come il CLOUD Act statunitense, che può consentire, in circostanze mirate, l’accesso delle autorità USA ai dati detenuti da aziende americane, indipendentemente dal Paese in cui sono fisicamente ospitati.
A tutto ciò si affiancano altre potenze extraeuropee, dotate di strumenti normativi in grado di ottenere l’accesso a dati strategici, con forti implicazioni sulla sovranità informatica di Paesi terzi.
Geopolitica e Big Player: Stati Uniti, Cina e le Sfide per l’Unione Europea
La contesa globale per la leadership tecnologica si svolge principalmente fra Stati Uniti e Cina, sebbene non siano da sottovalutare altri attori emergenti. L’Unione Europea si trova a dover conciliare una visione di mercato unico aperto e competitivo con l’esigenza di tutelare il proprio tessuto industriale e la sicurezza interna.
Le difficoltà più grandi sorgono quando interessi geopolitici divergenti si traducono in limitazioni all’esportazione di componenti tecnologici, bandi verso fornitori cinesi (come nel caso di Huawei per il 5G) o restrizioni all’uso di determinate app. Queste tensioni spingono l’UE a ripensare le proprie strategie di autonomia digitale, invocando un quadro normativo più incisivo e avviando progetti come GAIA-X, che ambisce a creare un cloud europeo federato e interoperabile.
Minacce Ibride: Disinformazione e Manipolazione del Dibattito Pubblico
La cybersecurity non si limita più alle violazioni di dati o agli attacchi ai sistemi critici, ma si estende a quelle che vengono spesso definite minacce ibride. Fra queste spiccano le campagne di disinformazione o “information warfare”, in cui piattaforme digitali e social vengono sfruttate per manipolare l’opinione pubblica, influenzare le elezioni e innescare divisioni politiche interne.
Le democrazie occidentali hanno sperimentato come un uso mirato delle reti sociali possa diffondere fake news, generare polarizzazione e minare la fiducia degli elettori, inquinando il processo democratico. In tale scenario, la difesa della “sfera digitale” e dei meccanismi di autenticazione diventa un tassello essenziale per preservare valori costituzionali fondamentali.
Le Risposte Normative dell’Unione Europea: dal GDPR alla Direttiva NIS
Per far fronte ai problemi di sovranità digitale, l’UE ha emanato normative di grande impatto, come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) e la Direttiva NIS (Network and Information Security). Il GDPR ha fissato standard rigorosi per la protezione dei dati personali, influenzando in modo significativo la scena digitale globale. La Direttiva NIS, invece, impone obblighi di sicurezza informatica e notifica degli incidenti per gli operatori di servizi essenziali, estendendosi in parte anche a un ristretto insieme di servizi digitali.
Nonostante l’efficacia di alcune misure, queste norme sono nate principalmente come strumenti di risk management più che come risposte a una visione unitaria di sovranità digitale. Per esempio, la Direttiva NIS ha un ambito limitato: coinvolge settori classificati come “critici” (energia, acqua, trasporti ecc.), ma lascia fuori molti altri ambiti (dalla formazione online alla produzione industriale non catalogata come essenziale).
È in fase di revisione la Direttiva NIS2, che si propone di ampliare l’elenco dei soggetti obbligati ad adottare misure di sicurezza e migliorare la gestione delle minacce informatiche. Tuttavia, le competenze europee in materie afferenti alla sicurezza nazionale rimangono limitate dagli stessi trattati istitutivi, che attribuiscono agli Stati membri la prerogativa di occuparsi in autonomia degli aspetti legati alla difesa e all’ordine pubblico.
GAIA-X e la Prospettiva di un Cloud Europeo
Fra i tentativi più rilevanti di rafforzare l’autonomia europea, emerge il progetto GAIA-X: un’iniziativa promossa inizialmente da Francia e Germania, con l’obiettivo di creare un sistema di cloud federato e interoperabile, basato su standard aperti e su principi di sovereignty-by-design. L’idea è di favorire la portabilità dei dati e la compatibilità tra diverse infrastrutture cloud, ampliando di fatto la libertà di scelta per le aziende e la Pubblica Amministrazione.
GAIA-X, che ad oggi ha subito una notevole battuta di arresto, si prefigge di garantire che i dati dei cittadini e delle imprese europee siano sottoposti a regole di protezione coerenti con i valori dell’Unione. Ciononostante, il progetto dovrà confrontarsi con la concorrenza agguerrita degli hyperscalers statunitensi e cinesi, i quali investono ingenti capitali in ricerca e sviluppo, oltre a godere di posizioni consolidate nel mercato globale.
E-Identity ed eIDAS: Opportunità e Sfide per l’Identificazione Digitale
Un aspetto particolarmente delicato nella difesa della sovranità digitale è la creazione di un’identità elettronica europea (eID). L’attuale Regolamento eIDAS incoraggia gli Stati membri a notificare i propri sistemi nazionali di identificazione elettronica (come lo SPID o la CIE in Italia, o il DigiD nei Paesi Bassi), in modo che i cittadini possano utilizzarli anche per l’accesso a servizi cross-border.
Tuttavia, mancano norme cogenti che obblighino i principali fornitori di servizi online a riconoscere le identità elettroniche europee. Questo vuoto lascia spazio ai login con account forniti da piattaforme private (Facebook, Google, Apple, Amazon ecc.), generando una forte concentrazione di dati personali presso soggetti non europei. L’iniziativa annunciata dalla Commissione Europea di creare una e-identity comunitaria obbligatoria, accettata nei servizi digitali, potrebbe migliorare il controllo sui dati dei cittadini, nonché facilitare il contrasto a fenomeni come deep fake e disinformazione.
Coordinamento Nazionale ed Europeo: le Strade Possibili
Per mitigare i rischi legati a infrastrutture e servizi digitali, molti esperti suggeriscono un rafforzamento del coordinamento sia a livello nazionale sia a livello comunitario. Nel caso italiano, ad esempio, diversi osservatori raccomandano la costituzione di una cabina di regia che possa armonizzare le politiche legate all’innovazione, alla sicurezza informatica, alla difesa e alla privacy, riferendo direttamente alla Presidenza del Consiglio.
A livello UE, invece, si discute la possibilità di rivedere i trattati o di sottoporre a dibattito pubblico la creazione di un fondamento giuridico esplicito per la sovranità digitale. L’idea di ampliare le competenze europee in un settore così critico si scontra con l’eterogeneità degli interessi fra gli Stati membri e col timore di perdere quote di autonomia nazionale. Eppure, se i Paesi più piccoli non saranno in grado di proteggere efficacemente le proprie infrastrutture e i propri dati, il rischio è che la limitata competenza dell’UE finisca per indebolire ulteriormente la sicurezza collettiva.
Proteggere la Sovranità Digitale in un Contesto Globale
La protezione della sovranità digitale e la difesa dalle minacce informatiche non costituiscono soltanto problemi tecnici, ma coinvolgono aspetti costituzionali e politici di primaria importanza. In gioco ci sono la tutela dell’economia nazionale, i diritti fondamentali dei cittadini, la continuità dei servizi essenziali e la stessa credibilità del sistema democratico.
Le iniziative legislative, a livello sia nazionale sia europeo, mostrano segnali di un lento risveglio. È necessario però che gli interventi siano più armonizzati, che si rafforzino gli organismi di governo e che si sostengano ricerca e innovazione nei settori chiave. Solo con un approccio di lungo periodo, integrato e consapevole, si potrà garantire la solidità della sovranità digitale e preservare i valori fondanti del modello democratico.
Occorre essere realistici: nessuno Stato può pretendere l’autarchia tecnologica totale, poiché l’economia digitale è per sua natura globale. Tuttavia, la riduzione delle dipendenze critiche e la costruzione di partenariati strategici con Paesi affini possono arginare i rischi e sostenere la crescita di competenze e infrastrutture all’interno dell’Unione. In ultima analisi, come evidenziato dalle tensioni geopolitiche in atto, l’effettiva capacità di un Paese di promuovere i propri interessi e i propri valori nel panorama internazionale dipende sempre più dal suo livello di autonomia digitale.
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