Caso Santanchè, il governo temporeggia

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Temporeggiare. Adesso che è arrivato il rinvio a giudizio per le presunte irregolarità sui bilanci di Visibilia della ministra del turismo Daniela Santanché, Meloni sposta ancora il confine delle dimissioni. «Sulla Santanchè diciamo che non sono la persona che giudica queste cose prima che accadano, per cui vediamo cosa deciderà la magistratura e poi ne parlerò col ministro», aveva detto la presidente del Consiglio durante la sua conferenza stampa di inizio anno. Ma in questo colloquio, che dovrebbe avvenire tra qualche giorno, non ci dovrebbe ancora essere sul piatto l’abbandono del dicastero.

LA PREMIER TEME che la sostituzione della ministra possa scatenare gli appetiti delle altre forze di maggioranza (soprattutto della Lega che vuole il Viminale anche se il sottosegretario Fazzolari ha escluso un ritorno a quella scrivania di Salvini) e di conseguenza un rimpasto complicato. Del resto l’unico avvicendamento della sua legislatura, quello alla Cultura tra Sangiuliano e Giuli, non è stato gestito in modo esemplare. Paradossalmente la via di fuga per Meloni è ora il fatto che Santanchè abbia più procedimenti a suo carico.

IERI MATTINA la giudice per le indagini preliminari di Milano, Anna Magelli, ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Luigi Luzi e Marina Gravina e, dopo una breve camera di consiglio, ha rinviato a giudizio la ministra (con il compagno Dimitri Kunz e la sorella Fiorella Garnero e altre 15 persone) per presunte irregolarità nei bilanci del gruppo Visibilia di cui è stata fondatrice e amministratrice delegata. Il processo comincerà il 20 marzo davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano. «Una decisione che ci aspettavamo ma che ci lascia con l’amaro in bocca», ha commentato Niccolò Pelanda, legale della senatrice di FdI. Ma la ministra ha anche altri procedimenti in corso. Oltre all’accusa di bancarotta fraudolenta per la Ki Group Srl c’è anche quella per presunte irregolarità nella gestione della cassa integrazione durante il Covid, sulla quale la Cassazione si esprimerà a fine mese (i suoi avvocati hanno chiesto lo spostamento del processo a Roma da Milano). Potrebbe essere quello il momento in cui la presidente del Consiglio dovrà cedere alle pressioni e rimuoverla dall’incarico. Per ora non la vuole dare vinta alle opposizioni che ne chiedono a gran voce le dimissioni, al netto di Italia Viva.

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LA PREMIER «non può usare due pesi e due misure, soprattutto verso gli amici che lei ha voluto al governo e per cui adesso è politicamente responsabile», tuona Elly Schlein. La segretaria del Pd ricorda anche che Meloni «quando era all’opposizione chiedeva le dimissioni per molto meno. Il processo farà il suo corso ma quando le accuse sono così gravi chi ricopre le più alte cariche istituzionali deve fare un passo indietro». «Un partito come FdI, che ogni giorno grida allo scandalo sul Covid e fa la guerra a persone in difficoltà accusandole di fare i furbetti con i sussidi dello Stato, poi tiene al suo posto Santanchè?», si chiede il presidente del M5S Giuseppe Conte che insiste sulle «dimissioni immediate» e si rivolge a Meloni: «Non avverti un sussulto di dignità che ti spinga finalmente a tutelare l’immagine e l’onore delle istituzioni?».

Anche per il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni si tratta di «una questione di dignità e rispetto delle istituzioni, se Santanchè non ha la sensibilità di questo gesto a tutela dell’onorabilità dello Stato, tocca alla presidente del Consiglio assumersi la responsabilità». Mentre il segretario di PiùEuropa, Riccardo Magi, la ministra dovrebbe lasciare per la sua insufficiente attività di questi anni: «Una campagna per promuovere il turismo, Open to Meraviglia, talmente imbarazzante che ci ha reso zimbelli in tutto il mondo; la difesa della lobby dei balneari e dei tassisti, il forte calo del turismo interno, basterebbe questo per chiedere le dimissioni».

DAVANTI AL PROFLUVIO di dichiarazioni dal centro sinistra, colpiscono le parole stringate in difesa della senatrice dei partiti della maggioranza di governo. Il Carroccio ha rilasciato ai giornali una dichiarazione esemplare per sintesi: «Si è colpevoli dopo tre gradi di giudizio: ribadiamo la fiducia al ministro Santanchè». Lo stesso Forza Italia («Si è innocenti fino alla condanna definitiva. Vale per un privato cittadino come per un ministro») e Noi Moderati: «Il garantismo vale sempre e per chiunque». Ma a far rumore è il silenzio dei suoi compagni di partito, molto più loquaci nei casi analoghi di Salvini e Delmastro.



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